Dopo il 2 giugno: una riflessione
La celebrazione, anche
quest'anno, della «Festa della Repubblica» il 2 giugno, con gran parata di
forze militari in Via dei Fori Imperiali a Roma, sollecita inevitabilmente una
riflessione.
Nel suo messaggio
teletrasmesso del l° giugno il Capo dello Stato ha
elencato, allineandoli uno dopo l'altro in modo indiscriminato, un insieme di
fenomeni «di intolleranza e violenza di qualsiasi specie» (un'espressione che a
molti ha ricordato quegli «opposti estremismi» contro i quali, un tempo, diceva
di lottare
Dopo di che, Giorgio Napolitano ha chiesto ai cittadini italiani «uno sforzo
straordinario di solidarietà e unità». Belle e alate parole… Ma pronunciate in
una Roma dove, qualche giorno prima, l'ex caporione del MSI Giorgio Almirante
(l'uomo che - durante la repubblica di Salò - emanò un decreto per la
fucilazione dei partigiani e nel 1942, sulla rivista «La difesa della razza»,
scrisse parole infami a difesa delle leggi razziali mussoliniane)
era stato celebrato a
Montecitorio da Fini-Gasparri-
Unità con tutti? Anche
con i fascisti? No!
Solidarietà? Anche con i
«cittadini» che sfruttano il lavoro umano, che provocano le quotidiane morti
bianche in fabbrica, che perseguitano i nomadi, gli immigrati, i diversi?
Nessuna solidarietà dei lavoratori con questi «cittadini» dell'odierna
Repubblica italiana, nella quale dominano - in larghi strati della popolazione
- l'individualismo borghese, l'egoismo piùù sfrenato, la ricerca a tutti costi
del profitto!
Fu forse per una
Repubblica come questa che versarono il loro sangue, durante
No! Era una Repubblica
in cui fossero eliminati per sempre lo sfruttamento
capitalistico e tutti i privilegi, le ingiustizie e i soprusi delle classi
dirigenti borghesi.
«Si lottava per cambiare
il mondo […] Noi volevamo distruggere la proprietà privata, volevamo che il
lavoro fosse un bene di tutti, un diritto di tutti.
Aspiravamo a una società senza sfruttati né sfruttatori, e da questo mi pare
che siamo ancora monto lontani»: Fioravante Zannoni
(in A. M. Bruzzone e R. Farina,
«La lotta di liberazione
a Torino ha avuto un'impronta ben precisa. L'impronta immediata, è chiaro, era
quella di "via lo straniero dall'Italia" e naturalmente "via il
fascismo"; ma con contenuti di classe, "via i padroni". Istintivamente
tutti gli davano un contenuto di questo tipo. Volevano il socialismo. […]Gli operai volevano il potere»: E. R., un operaio
comunista dell'Officina Grandi Motori della FIAT (in L. Lanzardo, Classe
operaia e Partito comunista alla Fiat).
«Allora la discussione era sempre sullo
sviluppo di una società socialista, il cui modello era
l'Unione Sovietica. Avremmo costruito l'uomo nuovo, impegnato, laborioso,
capace di costruire un mondo senza sfruttati né sfruttatori»: Silvano Consolini, un operaio delle Officine Reggiane (in S. Tatò, A voi, cari compagni).
Per i
comunisti, per gli operai più avanzati e consapevoli, c'è un solo modo di
«festeggiare
4
giugno 2008
Piattaforma Comunista
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