Editoriale

 

LA CLASSE OPERAIA ALLA RICERCA DI UN’ALTERNATIVA

 


Nell’attuale fase di sviluppo di tutte le contraddizioni della società borghese una tremenda pressione viene esercitata sul proletariato.

Le conseguenze della crisi economica e dei tentativi borghesi di fuoriuscirne a danno della classe operaia sono devastanti: deindustrializzazione e destrutturazione dei cicli produttivi, licenziamenti e cassa integrazione a raffica, perdita del potere di acquisto dei salari, aumenti dei ritmi e degli orari per chi rimane in fabbrica e in ufficio, creazione di un supermercato discount della forza-lavoro, precarizzazione e caporalato, flessibilità selvaggia, stravolgimento del diritto del lavoro, abusi sistematici, stangate del governo e degli enti locali, ecc.

Il progetto di dividere gli sfruttati in decine e decine di “rapporti di lavoro” e di minare alle fondamenta il loro potere contrattuale (attacco al contratto nazionale di lavoro), di minimizzare la loro protezione sociale (assalto a pensioni, TFR, sanità, ecc.) va di pari passo con la restrizione delle agibilità politiche conquistate dalla classe operaia, con la legalizzazione dell’illegalità padronale e con i tentativi di snaturare e irreggimentare i sindacati in quanto organismi in cui si organizzano e lottano gli sfruttati.

Allo stesso tempo i capitalisti ed i loro governi puntano a sopprimere il legittimo diritto allo sciopero, ai picchetti, alle occupazioni, alla protesta nelle fabbriche ed in tutto il paese, per indebolire – assieme alle altre misure prese – la capacità di difesa collettiva dei lavoratori.

Ogni interesse che non sia quello delle imprese e dello stato borghese, ogni beneficio sociale deve essere prima demonizzato e poi liquidato.

Si tratta dunque di una “guerra infinita” lanciata dalla borghesia contro il proletariato, per imporre il dominio assoluto del capitale sul lavoro, per infrangere il movimento operaio e dare così una boccata di ossigeno ad un modo di produzione sulla via del tramonto.

Inevitabilmente la pressione antioperaia, che procede ad ondate sempre più ravvicinate e furiose, raggiunge degli obiettivi, facilitata dalla politica di cedimento e di divisione operata dai riformisti e dai vertici sindacali collaborazionisti, che firmano accordi capestro in nome della “competitività delle aziende italiane”.

Di fronte all’offensiva capitalista la resistenza operaia contro l’inasprirsi dello sfruttamento e  le misure antipopolari adottate dalla borghesia non si è però mai fermata. Gli operai e larghe fasce di lavoratori tengono duro e rispondono in vari modi, manifestando una grande disponibilità alla lotta, come è emerso nei recenti scioperi nazionali, categoriali e locali.

In molte fabbriche la mobilitazione contro l’attacco alle pensioni ed ai salari, contro l’aumento dei ritmi di lavoro, contro i licenziamenti, la cassaintegrazione e la precarietà, contro il “decreto amianto”, per migliorare le condizioni di lavoro e di vita, è proseguita senza soste e tende ad acutizzarsi. La battaglia dei metalmeccanici contro il contratto separato dimostra la determinazione e la volontà di lotta degli strati decisivi del proletariato che non piegano la testa.

Le recenti coraggiose lotte del proletariato dei trasporti, le proteste che si moltiplicano da Scanzano a Milano, da Fiumicino a Genova provano che di fronte all’attacco capitalista la mobilitazione operaia e popolare si fa più decisa, preannunciando nuove e più vaste tempeste di classe.

Una nuova fase dello scontro di classe si va aprendo. La borghesia sa di essere seduta su una bomba ad orologeria e per questo si avventa contro i lavoratori che rivendicano i propri diritti cercando di contrapporre sfruttati a sfruttati Ma ormai il baricentro non è più il tavolo di trattativa: è di nuovo la piazza, l’assemblea permanente, lo sciopero senza preannuncio e a tempo indeterminato. “E’ il solo modo che abbiamo per farci sentire” ripetono i lavoratori che si riappropriano  delle forme di lotta e rompono collettivamente la gabbia costruita dalla borghesia e dai vertici sindacali, raccogliendo solidarietà ed offrendo un esempio che sarà presto raccolto da altri proletari.

Benché stentino ad emergere organismi operai  indipendenti, benché una chiara tendenza socialista dentro la classe operaia sia ancora latente, importanti strati di operai - specie le nuove generazioni proletarie che sono in prima fila negli scioperi - di fronte ad un futuro che si profila disastroso hanno interesse allo sviluppo di un movimento pratico per il superamento della società esistente.

Come risultato dell’approfondirsi della crisi capitalistica negli ultimi anni si stanno rivelando segnali di risveglio e nuovi orientamenti nel movimento operaio e sindacale. Li abbiamo visti affiorare nelle ondate di scioperi per i contratti, durante la lotta degli operai Fiat che ha scosso l’intera società, all’interno delle grandi manifestazioni per la pace e i diritti, nei depositi dei tranvieri così come nelle lotte risolute di poche decine di lavoratori per difendere il posto di lavoro. Anche nel rapporto con il movimento antiglobalizzazione e nelle discussioni interne ai posti di lavoro che vertono sulla necessità di difendere le proprie organizzazioni e di rispondere in modo adeguato all’offensiva padronale circola un’aria nuova..

Cosa rivela la lotta emergente del proletariato? Rivela la necessità - sempre più avvertita - che una riposta all’offensiva capitalista passa attraverso la capacità di unire tutte le sezioni del proletariato con una politica classista e combattiva e di guadagnare le necessarie alleanza sociali.

Allo stesso tempo il movimento che si esprime contro la globalizzazione imperialista dipenderà sempre più in futuro dallo sviluppo di una forte corrente anticapitalista dentro la classe operaia, dalla sua capacità di assumerne la direzione.

Certamente i segnali di risveglio che vengono dalla massa - e non dai capi borghesi del movimento operaio - sono incoraggianti e richiedono ulteriori passaggi, resi necessari dall’arretratezza esistente.

Dove guardano difatti i lavoratori per risolvere i problemi che hanno davanti? In che direzione si rivolgono i giovani operai precari, ricattati e con salari da fame per cercare una sponda e dare battaglia?

In primo luogo si appoggiano, magari cinicamente e senza troppe illusioni, alla CGIL, un’organizzazione di massa riformista percepita come argine all’offensiva neoliberista. La sua tenuta dipende dal fatto che si fonda ancora su una visione della società in cui viene riconosciuto il ruolo del lavoro. Ma la CGIL, non ha né un piano di azione, né un programma generale contrapposto al capitalismo. Invece di scontrarsi frontalmente con gli industriali e il governo non da alcuna continuità alle lotte ed arretra di giorno in giorno per ricompattarsi con i sindacati neocorporativi CISL e UIL sotto le bandiera della concertazione. Invece di invertire la rotta disastrosa della politica di cedimenti tende – sotto la crescente spinta della destra interna - a eliminare qualsiasi “massimalismo” sindacale (isolando la troppo conflittuale FIOM) e favorire così la nascita del partito unico dell’Ulivo.

Lo stesso discorso può essere fatto per la più combattiva FIOM che piuttosto che unire la forza operaia la spezzetta in mille vertenze essendo priva di una strategia e di un programma anticapitalista indipendente.

Altrettanto fallimentare sarebbe puntare sui vari sindacati di base, organizzazioni geneticamente affette da anarcosindacalismo ed economicismo, con enormi limiti perfino sul piano dell’organizzazione delle lotte rivendicative.

Se questa è la realtà sul piano sindacale ancora peggio stanno le cose sul piano dei partiti parlamentari. Su quali forze potrebbero infatti fare affidamento gli operai?

Forse sui liberal-moderati dei D.S. che chiedono “una modifica in senso migliorativo delle proposte del governo” (Fassino) accettandone in pieno gli obiettivi, e diversificandosi solo per una gradualità delle controriforme? Che s’industriano per liberarsi di ogni residua influenza proletaria e così appaiarsi ai Prodi e ai Rutelli, al fine di continuare con più determinazione la politica che ha portato al pacchetto Treu, alla guerra dei Balcani, alla riforma Berlinguer dell’autonomia scolastica, al taglio delle pensioni, all’appoggio della guerra in Afghanistan ed al voto favorevole per l’invio delle truppe in Iraq?

Forse sull’illusionista Cofferati, tipico rappresentante dell’aristocrazia operaia e della burocrazia sindacale e cooperativa, che prima ha chiamato in piazza i lavoratori e poi li ha invitati ad andare al mare per far fallire il referendum sull’estensione dell’art.18? Che si compiace della seggiola di Bologna consegnando ad una frazione della grande borghesia (De Benedetti, Caracciolo, Pirelli, Cipolletta, ecc.) il manubrio della futura formazione politica di centrosinistra voluta da D’Alema e Prodi?

Forse sul trasformismo radical-borghese di San Bertinotti che, messe in soffitta le 35 ore e la questione operaia, con una gamba corre dietro alle farfalle movimentiste e con l’altra sostiene l’alleanza elettoralistica con l’Ulivo per ottenere una poltroncina da ministro ed un paio di sottosegretari? 

Rimanere in preda a questi abbagli sarebbe letale. Altrettanto micidiale è limitarsi alla resistenza contro la subordinazione totale all’Ulivo dentro gli ambiti socialdemocratici esistenti. Peggio ancora pensare che una forza politica di avanguardia possa svilupparsi spontaneamente dal movimento di massa, ad esempio da quel movimento contro la guerra che si è dissolto come neve al sole a causa dei suoi enormi limiti politici.

E’ certamente importante che vi sia una ripresa di militanza in ogni ambito, e mai ci sogneremmo di condannare i lavoratori per questo. Essi vanno invece incoraggiati ad organizzarsi e .riprendere fiducia nelle proprie forze. Ma allo stesso tempo dobbiamo dire la verità: sulla base delle strategie delle attuali organizzazioni e movimenti politici e sindacali esistenti oggi in Italia non è possibile creare alcuna alternativa all’imperialismo. Al contrario, continueremo ad indebolirci su ogni piano.

Sono propri tali insufficienti presupposti a richiedere ben altri passaggi politico-organizzativi, per portare la coscienza di classe nel movimento operaio e lottare affinché esso non rimanga più sotto l’influenza dei leader borghesi-riformisti.

Se negli anni ottanta e novanta i lavoratori sfruttati hanno sviluppato la loro critica cercando di organizzarsi in modo indipendente sul piano sindacale per tenere alta la bandiera della lotta, oggi, di fronte ad un attacco multilaterale ed a tutto campo, sono in molti a comprendere che la faccenda è prima di tutto politica perché politico è l’attacco della borghesia che punta a dividere e disorganizzare gli sfruttati.

E per tornare a vincere dobbiamo comprendere che la questione da affrontare è quella della indipendenza politica della classe operaia, la questione della prospettiva della conquista e del mantenimento del potere politico, non certo quella della sopravvivenza di una forza socialdemocratica che punta ad una fantomatica “alternativa di sinistra” in Italia.

La perdurante assenza in Italia di un vero partito comunista è dunque il problema che gli operai rivoluzionari, i lavoratori più avanzati e coscienti devono accingersi ad affrontare e risolvere. Ciò perché senza un’azione politica e degli strumenti politici rivoluzionari non è possibile invertire il trend negativo e passare all’offensiva.

Senza un tale partito la classe operaia si troverà più a lungo alla mercé dei suoi nemici, incontrerà molte più difficoltà a sottrarsi dai giochi parlamentari della borghesia, non potrà assumere un ruolo più ampio in campo politico e sociale. Senza un’organizzazione politica che assuma il compito di dirigere la lotta di classe che si svolge sotto i nostri occhi e le future esplosioni sociale verso le nuove Rivoluzioni di Ottobre ogni questione si ripresenterà sempre irrisolta e più aggravata.

Il partito della classe operaia è dunque una necessità profonda, che oggi si avverte in modo ancor più acuto perché la contraddizione fra disponibilità operaia alla lotta ed assenza di una direzione politica di classe è macroscopica.

La classe operaia senza il suo partito è una classe sguarnita, ridotta all’impotenza. Negare questa realtà, opporsi al partito ed alla sua ricostruzione (addirittura sostenendo che è prioritaria la difesa ed al rafforzamento delle organizzazioni sindacali della classe operaia) vuol dire trovarsi ancora nel campo della borghesia.

Ma quale partito ci serve? Può andar bene un partito che sia una versione di “sinistra” di quelli attuali? No. Ci serve un partito della classe operaia che prepari idealmente e materialmente le masse oppresse alla rivoluzione ed all’instaurazione della dittatura del proletariato, che abbia una ferrea unità ideologica, politica ed organizzativa, che sia equipaggiato con il socialismo scientifico, combattendo contro il revisionismo, il riformismo, il trozkismo, lo sciovinismo sociale.

Ci serve un partito che sviluppi e mantenga in tutte le condizioni legami strettissimi con la classe operaia e le masse popolari, che conquisti la loro fiducia attivando i suoi membri negli organismi di massa, mettendoli alla testa delle lotte di tutti i giorni, facendo politica sulla base del suo programma.

Ci serve un partito del tutto indipendente dal punto di vista politico, ideologico ed organizzativo, capace di riconoscere gli alleati ed i nemici, di sfruttare le contraddizioni esistenti e di mobilitare le masse contro il fronte borghese. Tale è il partito che unisce gli elementi di avanguardia e più militanti della classe operaia, che utilizza la conoscenza teorica e l’esperienza politica per stabilire una strategia rivoluzionaria adeguata alla realtà del nostro paese, che è capace di trarre conclusioni da qualunque battaglia, in grado di spostare i rapporti di forza a favore del proletariato e di adattarsi rapidamente alle circostanze adottando le manovre politiche, le forme di lotta e di organizzazione più idonee, in grado di portare avanti una battaglia contro tutti i mali della società tardo-capitalista.

Ci serve un partito basato sul centralismo democratico, capace di analizzare vittorie e sconfitte, punti di forza e di debolezza, in grado di proteggere i dirigenti del movimento operaio dagli attacchi delle forze fasciste e reazionarie, di mantenere il legame con le masse in ogni situazione, di trasferire l’esperienza delle generazioni passate alle future generazioni di comunisti, opportunamente aggiornata.

Questo partito unico e centralizzato in Italia può nascere – come abbiamo proposto – da un embrione: un’organizzazione intermedia basata sul marxismo-leninismo (vedi editoriali su Teoria & Prassi, n. 8 e 9). Un organismo che ne prepari l’effettiva costruzione raccogliendo in un solo movimento politico i circoli comunisti, i gruppi di proletari rivoluzionari, i sinceri marxisti-leninisti, per saldare la teoria rivoluzionaria col movimento operaio iniziando a svolgere un lavoro di agitazione politica sulle questioni di attualità.

Tutti coloro che negano la necessità di avvicinare la ricostruzione del partito comunista o che rinviano tale questione ad un futuro così vago e lontano che diventa irrilevante per le lotte odierne; tutti coloro che vogliono allontanare il partito dalle masse con teorie balorde e pratiche scellerate; tutti coloro che sostengono la teoria della spontaneità, l’opportunismo riformista o che creano illusioni su coalizioni eclettiche (fronti, coordinamenti, reti, ecc.); tutti coloro che si chiudono nel settarismo, nelle polemiche per le polemiche o si disperdono in sterili e improduttive disquisizioni teoriche (approdando immancabilmente alla negazione del marxismo-leninismo ed alla impossibilità di costruire il socialismo) non fanno altro che il gioco della borghesia e dei suoi agenti di diversione, che vengono sistematicamente utilizzati per impedire l’avanzamento e la vittoria del proletariato.

I compagni, gli operai avanzati, i rivoluzionari che si riconoscono nelle posizioni fondamentali che esprimiamo hanno il dovere di rafforzare la loro unità, di associarsi nell’attività pratica per costituire una forza organizzata che sviluppi una giusta linea marxista-leninista fra le masse sfruttate ed oppresse.

Non è importante quanto sia grande e quanto sia “fisicamente” legato al proletariato oggi questo embrione di partito. Importante è il suo carattere ideologico e di classe, il legame politico che intende sviluppare con la classe, che determinerà i passi successivi. L’importante è rompere con l’attuale confusione e malessere, cominciando ad offrire un’alternativa alla classe operaia, guardando con fiducia al futuro.

Perciò rinnoviamo il nostro appello. Abbiamo bisogno di ogni compagno, di ogni lavoratore cosciente che faccia la sua parte contribuendo al processo di ricostruzione del partito rivoluzionario della classe operaia, invece di disperdere le proprie energie in tanti rivoli, invece di tentare di salvarsi la coscienza di classe rimanendo in formazioni politiche che l’hanno del tutto persa o mettendosi alla coda del movimento spontaneo.  

Occorre l’impegno responsabile ed in prima persona di tutti i compagni, di tutti gli operai coscienti, dei lavoratori avanzati, degli intellettuali rivoluzionari che sentono la necessità di ricostruire l’avanguardia politica della classe operaia.

Questo è il passo pratico più significativo che si deve compiere affinché il proletariato possa trovare la sua alternativa politica. E bisogna farlo convinti che solo la classe operaia può tradurre in realtà il concetto di “un altro mondo è possibile”, costruendo la società regolata, al servizio dei bisogni vitali delle masse lavoratrici: il socialismo.