Corrispondenza:

COLLEFERRO: DEVASTAZIONE AMBIENTALE E CRIMINI CONTRO LA SALUTE, SEMPRE IN NOME DEL MASSIMO PROFITTO

 

Domenica 8/3/2009 i carabinieri hanno sequestrato due termovalorizzatori del mega impianto di Colleferro (Roma), definito perla del sistema di riciclaggio per l’Italia centrale. Tredici persone, dirigenti dell’impianto, responsabili romani dell’AMA, tecnici di laboratorio e dell’impianto di sicurezza “Sick” dell’Opus, gestori del riciclaggio dei rifiuti sono stati arrestati; gli indagati sono in tutto 25.

Fra i reati ipotizzati: associazione per delinquere per traffico illecito di rifiuti (con possibili rapporti con la criminalità organizzata), truffa ai danni dello Stato, avendo intascati incentivi ed erogazioni non dovute per 43 milioni di euro nel biennio 2006-2008, violazione dei valori limite di emissione.  In sostanza, questa banda bruciava nel termovalorizzatore rifiuti non permessi e pericolosi, mettendo a repentaglio l’ambiente e la salute della popolazione di Colleferro e della Valle del fiume Sacco.

Tutto è partito da denunce fatte dai lavoratori, nonostante pressioni e vessazioni ai loro danni.

Solo qualche giorno prima i manifesti annunciavano a Colleferro un convegno, con tanto di Sottosegretario di Stato all’Ambiente, deputati vari, oltre ovviamente al Sindaco,  al Commissario straordinario di ARPA Lazio e al  Direttore dell’Ufficio Igiene della ASL locale che, ironia della sorte, era intitolato: “Valle del Sacco, dall’emergenza allo sviluppo sostenibile del territorio”!

In contemporanea, l’Amministrazione comunale faceva uscire un altro manifesto, a firma del sindaco, in cui ci si faceva forte di alcune dichiarazioni rassicuranti  del Direttore (ex DS ora PD) dell’Ufficio Igiene della ASL di Colleferro rispetto la sicurezza della filiera alimentare e la fornitura idrica, ed allo stato di salute della popolazione nella quale è stata riscontrata una presenza “anomala” di ßHch (beta-esaclorocicloesano).

Era, l’ultima, pietosa sceneggiata  per cercare di gettare fumo negli occhi ai lavoratori ed alle popolazioni interessate.

I dati sono inquietanti (e assolutamente misconosciuti dalla locale ASL e dalle autorità): secondo la ASL RME, nella Valle del Sacco su 246 persone sottoposte ad analisi ben 135, cioè il 55%, risulta contaminato in maniera cronica da  ßHch.  Il rischio di contrarre tumori come linfomi e sarcomi  è stato sostenuto da medici di questa ASL.    

A questa situazione vanno aggiunti anche le tonnellate di rifiuti tossici industriali buttati nel corso di decenni nel fiume Sacco o sotterrati nel territorio.

L’area di Colleferro e del fiume Sacco è una delle aree italiane più selvaggiamente devastate dal punto di vista ambientale e della salute pubblica.  Le forze politiche e le istituzioni borghesi dopo anni di omertà, silenzi e connivenze, mancati controlli e mancati provvedimenti, ora, colpite dallo scandalo che minaccia di travolgerle, si scannano fra di loro, o si trincerano in squallidi “scaricabarile”.

Alla popolazione e al movimento ambientalista va dato atto di aver costantemente posto all’attenzione dell’opinione pubblica e delle autorità il pericolo di questa “bomba ecologica”. Lunedì i cittadini di Colleferro hanno occupato il comune. Bene hanno fatto e devono continuare.

Riteniamo però che la soluzione non possa trovarsi nella petizione popolare per la “Moratoria sui progetti ad impatto ambientale” proposta dalla Rete per la tutela della Valle del Sacco. Quale  validità può avere infatti, in una situazione di generale stato di corresponsabilità (dalla indifferenza, alla complicità, alla co-partecipazione vera e propria da parte delle forze politiche di maggioranza e anche di opposizione, delle autorità di controllo, etc.), una simile richiesta? A cosa serve in una situazione del genere la richiesta di una “apertura di confronto”?

Inoltre, la strada proposta, al di là delle buone intenzioni, potrebbe  porre un serio ostacolo alla indispensabile ricerca di un’unione di lotta fra  lavoratori e popolazioni interessate al problema, e contribuire ad alimentare illusorie strategie istituzional-giudiziarie.

I reati ambientali, la bomba ecologica che sta attentando sempre più alla salute del territorio e della popolazione sono soltanto a prima vista attribuibili a qualche singolo dirigente o imprenditore sleale.

Il vero e principale responsabile è il capitalismo; sono i padroni che per ottenere il più grande profitto non esitano a sacrificare la vita e la salute di lavoratori, di intere popolazioni e a devastare l’ambiente.

Troppe volte abbiamo visto come le “buone intenzioni” da parte delle istituzioni o i ricorsi alla magistratura si sono risolti in una bolla di sapone.

Soltanto la lotta più unitaria e decisa, contro l’intera classe politica dirigente che ha gestito e gestisce la questione ambientale, soltanto comprendendo la questione ambientale quale aspetto della crisi generale del capitalismo, solo costruendo un fronte unico di lotta contro il capitale, per una società che non sia più basata sul profitto, sarà possibile garantire risposte concrete e stabili per la difesa della salute pubblica e dell’ambiente.

La manifestazione indetta il 21 marzo deve diventare un primo momento di un percorso di mobilitazione e di lotta unitaria, sempre più avanzato ed incisivo, della lotta dei lavoratori e delle popolazioni contro il sistema di sfruttamento e di rovina della salute dei lavoratori.