Elezioni politiche
italiane: analisi, lezioni e compiti
Dalle elezioni politiche italiane emergono importanti novità, da cui si devono trarre diverse lezioni.
1) Si sono completamente ribaltati i rapporti di forza parlamentari: le destre reazionarie di Berlusconi, Bossi e Fini tornano al governo con una larga maggioranza che permetterà loro di far funzionare il comitato di affari di Palazzo Chigi a pieno regime, per un periodo che non si annuncia breve, e modificare in senso reazionario le istituzioni statali. La loro vittoria rappresenta un generale spostamento a destra di tutto lo schieramento politico italiano. Questo esito politico è il frutto marcio della tenuta di un blocco reazionario di interessi che la sinistra borghese si è guardata bene dal mettere in discussione quando è stata al governo; è il frutto marcio di una trasformazione ideologica e culturale in senso conservatore e reazionario, ormai in corso da anni, di larghi strati della popolazione del nostro paese. La pressione politica di questi ultimi due anni esercitata sul governo Prodi, accompagnata dalla Confindustria, dalle banche, dal Vaticano, dalla mafia, dagli USA, hanno fatto il resto, e permesso alle destre di recuperare consensi elettorali, sfruttando l’indignazione per la politica antipopolare di Prodi.
Il
“Popolo delle Libertà (del Grande Capitale)” e
2) La politica del nuovo governo sarà però ben altro che
interclassista. Non si tratterà nemmeno più del vecchio miracolismo
berlusconiano, ma di una politica antioperaia ed antipopolare aggressiva,
oltranzista, di neoliberismo d’assalto. Il governo che nasce sull’asse di ferro
Berlusconi-Bossi spadroneggerà e getterà il paese ancor
più nel declino ed al disastro. Avanzerà la miseria, l’esclusione sociale, il
precariato, lo smantellamento dei servizi pubblici, la militarizzazione, la
xenofobia e il razzismo, i favori e gli sgravi fiscali ai padroni ed agli
speculatori, la cementificazone, si tornerà il nucleare, si tenterà di
smnantellare i contratti di lavoro, verranno rimessi in discussione diritti
sociali (aborto), aumenterà il divario fra nord e sud, la dipendenza dagli USA.
Le condizioni di lavoro peggioreranno, le avventure all’estero proseguiranno,
si metterà mano a controriforme costituzionali, si tenterà di criminalizzare i comunisti e tutti coloro
che si ribellano alla politica neoliberista.
Berlusconi tuttavia avverte che nonostante
il successo (politico prima ancora che numerico poichè il totale dei voti del
Popolo della Libertà è leggermente inferiore a quello registrato da Forza
Italia e A.N. nel 2006 e di circa 1,8 milioni di voti inferiore a quello del
2001) si troverà di fronte a grandi difficoltà (torna al potere fra
crolli di borsa e recessione economica) e non sente di aver la situazione in pugno. Non a caso si è sperticato in
ipocrite dichiarazioni di “moderazione”. Il rafforzamento dell’offensiva
antioperaia comporterà infatti un aumento dello scontro sociale, che nessun
Veltroni potrà frenare. Nuove lotte ci saranno nei prossimi mesi e nei prossimi
anni, indotte dalla crisi economica che avanza con conseguenze sempre più gravi
per tutti i lavoratori. Lotte che faranno esplodere contraddizioni fra settori
di borghesia che sostengono la sua maggioranza (es, fra quelli rappresentati da
Bossi e da Fini). Una cosa è certa: la classe operaia non si farà ridurre in
schiavitù. I lavoratori devono quindi provvedere alla loro difesa preparandosi
a lottare in un fronte unico, senza i capi disfattisti e gli opportunisti. Solo in questo modo i nodi verranno al pettine e si avvicinerà l’ora
della riscossa.
3) Il progetto politico del PD (il partito di Veltroni), apertamente conservatore e subalterno agli interessi della Confindustria, seppure ha contribuito alla americanizzazione della politica italiana e preso circa un terzo dei voti validi (comunque sotto la soglia che sperava di ottenere), esce indebolito dalle elezioni. Non ha raggiunto una vera presa fra la classe operaia e gli strati popolari, specie nel meridione e non ha intercettato nemmeno il voto moderato. Il tanto preventivato effetto-giovani a favore di Veltroni non si è verificato. Il PD ha preso sostanzialmente gli stessi voti dell’Ulivo, pur contando nelle sue fila i Radicali. E’ sostenuto essenzialmente da settori di piccola borghesia urbana, pubblici impiegati, studenti e pensionati delle regioni più sviluppate, che hanno risposto al richiamo del “voto utile”. Una buona parte dei consensi è derivato solo dalla sindrome del “voto utile” e non dall’appoggio alla politica del gruppo dirigente del PD.
Veltroni è stato sconfitto, ma il suo partito rappresenta agli occhi dei padroni un secondo, e forte, partito della borghesia, sul quale il capitalismo italiano potrà sempre contare come carta di riserva.
Su Veltroni ricade inoltre la storica responsabilità di aver voluto correre da solo alle elezioni, senza alleanze a sinistra. Al contrario ha mirato a marginalizzare la sinistra riformista per pescare dal suo elettorato disorientato e deluso dal governo Prodi e per sbarazzarsi da qualsiasi influenza e condizionamento operaio, spalancando così le porte alla reazione e consegnando l’Italia alle destre. Le proteste ed il disagio sociale peseranno molto sulla sua testa nei prossimi anni. Bisogna fare di tutto per aumentare questo peso.
4) Si semplifica drasticamente il panorama politico con il taglio delle “ali”: rimangono solo 4 gruppi parlamentari (Popolo delle Libertà, Partito Democratico, Lega Nord e Unione di Centro); il nuovo Parlamento sostanzialmente bipolare e schierato molto più a destra, è lo specchio fedele dei rapporti di forza oggi favorevoli alla classe dominante, senza più “forze politiche portatrici di una cultura anti-mercato, anti-impresa” come ha detto Montezemolo; esso non avrà in ogni caso la rappresentanza del paese reale, sarà sempre più distante dagli interessi e dai bisogni della maggioranza dei lavoratori.
5) L’UDC di Casini, con l'appoggio della Chiesa di Ratzinger è riuscito a mantenere in parlamento la presenza di un partito cattolico di dimensioni abbastanza modeste (5,7%), ma sempre pronto, molto meglio del buffone Ferrara, a difendere le posizioni dell'oscurantismo religioso. Non avrà però un ruolo di ago della bilancia come sognava. Passerà all’opposizione “ragionevole”, cioè si metterà a cavallo dei due partiti più forti ed appoggerà tutti i provvedimenti che faranno comodo al Vaticano ed avrà un ruolo di carta di riserva per l’oligarchia finanziaria, in caso di forte instabilità economica e sociale. Stesso ruolo avrà il forcaiolo Di Pietro con l’Italia dei Valori, che ha aumentato i suoi voti raggiungendo il 4,3% adottando una linea di “fermezza legalitaria”.
6) L’estrema destra fascista raccoglie in totale un 2,5%, rimanendo anch’essa schiacciata dal bipolarismo e fuori dal Parlamento. Questi manovali della violenza padronale saranno utilizzati come truppe d’assalto contro il movimento operaio e popolare, contro i giovani di sinistra, contro la ripresa delle lotte.
7) I partiti dell’area socialdemocratica, ecologista, riformista, raccolti nella Sinistra Arcobaleno (cartello che include Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiano, Verdi e Sinistra Democratica) hanno perso circa due terzi dei voti e tutti i loro parlamentari. La fragorosa ed ignominiosa caduta degli opportunisti, è il risultato evidente del fatto che gli operai, i lavoratori, i giovani hanno girato le spalle a forze la cui massima aspirazione è stata sempre quella di essere la copertura a sinistra della borghesia imperialista. La loro catastrofe elettorale è stata la giusta punizione che questa formazione arlecchinesca e piccolo-borghese ha ricevuto.
Tale risultato era prevedibile vista la sconcia politica di collaborazione col grande capitale seguita negli ultimi anni e l’assenza dalla campagna elettorale di temi sentiti dal “popolo di sinistra” come il mantenimento delle truppe all’estero, l’allargamento della NATO, la crisi economica frutto delle contraddizioni del capitalismo, la cementificazione e l’inquinamento ambientale, il problema della casa. Invece di aggredire le cause di ciò, Sinistra Arcobaleno, fallimentare progetto perseguito dal liquidatore Bertinotti, ha voluto far credere che le condizioni sociali ed economiche del paese si potessero risolvere o alleviare con blande misure amministrative. Ma al di là delle loro chiacchiere chiunque ha potuto vedere che hanno governato contro gli operai ed a favore dei capitalisti e del loro stato; per questo sono rimasti sepolti sotto la loro stessa politica.
Questo fatto, di rilevanza storica, che mette in crisi profonda l’egemonia socialdemocratica e riformista sulle lotte sociali, è denso di conseguenze. Rappresenta la fine dell’illusionismo riformista e del comodo tran tran parlamentare per un intero ceto politico sorto dopo l’89, dallo scioglimento del PCI revisionista. Certifica la sconfitta, per alcuni aspetti definitiva, della “via riformista” ad un “altro mondo possibile”. Approfondisce ed accelera la crisi di partiti che altro non erano che appendici dei gruppi parlamentari, che non sapevano far altro che cretinismo parlamentare. Sposta fuori dal parlamento, nelle piazze, il baricentro del conflitto di classe, favorisce una radicalizzazione delle lotte che non potranno più essere incanalate nell’alveo parlamentare. Soprattutto apre spazi per il lavoro di ricostruzione di un vero partito comunista cui devono dedicarsi tutti i sinceri comunisti e gli operai avanzati.
8) Ampi settori della classe operaia e degli strati popolari, di “gente di sinistra”, si sono astenuti, hanno votato nullo o rifiutato le schede. La crescita del “non voto” è stata del 3,1% rispetto alle politiche del 2006 (alla Camera si passa dall’83,6% del 2006 all’80,5%), segno che circa 1,7 milioni di elettori non si sono più sentiti rappresentati dai partiti borghesi e piccolo-borghesi in lizza, nemmeno quelli che si presentavano come “opposizione”. A ciò bisogna aggiungere gran parte delle schede nulle, spesso caratterizzate da frasi di protesta, e di quelle bianche che assommano ad un altro 3%. Ciò si è manifestato nonostante l’aggancio delle elezioni politiche a quelle amministrative, nonostante la propaganda elettorale dei partiti volta a catturare il voto degli “indecisi”, nonostante la presenza di liste (come quella di Beppe Grillo) che miravano a far rientrare la protesta anti-sistema nei binari del circuito elettorale. Il rifiuto del voto riguarda tanto il meridione quanto le regioni settentrionali tradizionalmente “disciplinate”.
La protesta elettorale ha, in effetti, un carattere nuovo rispetto al passato. Una parte della classe operaia (gli strati più bassi ed i giovani operai), alcuni strati più impoveriti della piccola borghesia della città e della campagna sono completamente disillusi e si sono rifiutati di partecipare alla farsa delle promesse elettorali.
Segno che vasti strati delle masse sfruttate ed oppresse non ripongono più alcuna fiducia elettorale nella politica borghese, nei partiti del regime e nelle istituzioni capitalistiche e rifiutano il voto non tanto per indecisione, apatia o disinteresse, quanto per scelta di contestazione vera e propria, in alcuni casi spontanea, in altri cosciente. Nemmeno la filastrocca del “male minore” è servita a convincere queste masse a votare per lo schieramento di centrosinistra che nel frattempo aveva sposato le peggiori tesi della destra.
D’altra parte, l'incremento delle lotte operaie e popolare che si è prodotto negli ultimi mesi non poteva tradursi in altro modo in termini elettorali, perché nessuna delle forze di “progressiste e di sinistra” che partecipavano a livello nazionale a queste elezioni era espressione autentica della necessaria alternativa di classe, popolare, socialista che poteva costituirsi a riferimento politico delle masse lavoratrici.
Ciò conduce anche ad alcune considerazioni sulla frammentazione, la dispersione e l’immaturità politica che hanno impedito la presentazione delle liste di “unità proletaria” che abbiamo proposto come per espressione di una protesta elettorale massiccia degli strati operai e popolari, tra i giovani, di rigetto della politica neoliberale e di guerra, come momento per dar voce e rafforzare le lotte, per un vero cambiamento. Purtroppo, è prevalsa la logica “gruppettara” dei trozkisti e dei loro sostenitori, che hanno cercato di riempire uno spazio per puro elettoralismo, ma hanno fallito miseramente (messi assieme arrivano a malapena all’1%) e dimostrando una volta di più tutta la loro subalternità alla borghesia. Per le forze che combattono la politica neoliberista e securitaria, al servizio dei monopoli e dei ricchi, le vicende di queste elezioni politiche mettono ancora più in luce la necessità di lavorare alla costruzione di un vasto fronte di resistenza politica e sociale, capace di aprire una prospettiva di rottura con la politica reazionaria della borghesia, facendo propria la parola d’ordine del “governo operaio”.
Alcune conclusioni.
Il vero dato politico di queste elezioni è il cambiamento di atteggiamento della classe operaia, stufa delle promesse e pronta alla protesta, che in termini elettorali si traduce in varie forme, anche reazionarie, ma in quelli di lotta per la difesa dei propri interessi si esprimerà nelle forme ben note, che certo non faranno piacere ai capitalisti. Non è difficile prevedere che siamo davanti ad un periodo in cui i conflitti di classe assumeranno un carattere più aperto ed aspro. Sotto la spinta della crisi borghesia e proletariato sono obbligati ad entrare in lotta aperta. Siamo all’inizio di un periodo di conflitti di classe aperti, senza più mediazioni parlamentari riformiste. Ci aspettano anni molto duri, ma si aprono anche spazi nuovi per il lavoro dei comunisti. La questione fondamentale che si pone è: la classe operaia è pronta per il nuovo periodo che dovrà affrontare? Certamente non è pronta e nemmeno ha iniziato ad accumulare e riorganizzare le sue forze per costruire un centro di attrazione alternativo e formare con i suoi alleati un fronte di lotta contro il capitale. Si pongono quindi compiti nuovi ed urgenti, che non sono assolutamente risolvibili sulla base dei rottami dei vecchi partiti socialdemocratici, che sono in crisi irreversibile.
Per condurre le masse su una nuova posizione, è necessario attrarre l'avanguardia cosciente del proletariato dalla parte della rivoluzione, formare nuovi quadri politici.
Per favorire questo compito dobbiamo partecipare e metterci alla testa della lotta contro la reazione borghese, favorendo il fronte unico dal basso.
Dobbiamo sostenere la lotta della classe operaia per respingere i furibondi attacchi padronali, educarla nello spirito della lotta rivoluzionaria, contribuire al suo sviluppo organizzativo e politico sostenendo un'alternativa di rottura con il neoliberismo, senza disperderci nei mille rivoli dei «movimenti».
Dobbiamo intensificare la lotta all’opportunismo, agli elementi di destra dentro il movimento operaio e popolare, alla burocrazia sindacale, ai social-pacifisti, ai social-liberisti, ai social-nazionalisti, così da allontanare il movimento operaio dalle tendenze borghesi e piccolo-borghesi, dalle residue illusioni e sirene riformiste e socialdemocratiche, per attrarlo sotto la bandiera del socialismo proletario.
Soprattutto
dobbiamo unire gli operai d’avanguardia e le forze comuniste assolvendo il
nostro compito principale: la ricostruzione del partito comunista come reparto
organizzato e cosciente del proletariato, senza il quale non vi può essere
politica indipendente.
16/4/2008 Piattaforma Comunista www.geocities.com/scintiilla_mail