Kossovo

 

      NESSUN APPOGGIO ALLA REAZIONE IMPERIALISTA

 

Il  17 febbraio a Pristina, in un'atmosfera di sfrenato nazionalismo, è stata proclamata l'indipendenza del Kossovo, fra un tripudio di bandiere albanesi e statunitensi, sventolanti una a fianco dell'altra. Bush ha dato la sua benedizione all'avvenimento, dichiarando che gli USA avrebbero immediatamente riconosciuto il nuovo Stato; Inghilterra, Francia, Germania e Italia hanno fatta anch'esse a gara per  riconoscerlo. Putin da Mosca, atteggiandosi a protettore del governo nazionalista serbo, ha tuonato contro quella che definisce una violazione della legalità internazionale. Intanto a Belgrado il Parlamento serbo, in un'atmosfera di nazionalismo non meno sfrenato di quello che regna a Pristina, ha dichiarato la nullità della proclamazione e  incriminato per tradimento il capo del nuovo Stato, Famir Sejdiu, e il primo ministro Hashim Thaci.

Si tratta, com'è evidente, di una pseudo-indipendenza: il nuovo Kossovo sarà di fatto un protettorato degli USA (che lì hanno una delle più grandi basi militari europee), sotto parziale amministrazione U.E.; un territorio controllato dalle potenze imperialiste, la cui sicurezza interna ed esterna è assicurata dalla NATO che mantiene in quel territorio 17.000 militari (solo l'Italia 2600).

Quale posizione i comunisti debbono assumere di fronte a questo evento?

Nel corso della Seconda guerra mondiale, il diritto del popolo kossovaro alla propria autodeterminazione era stato riconosciuto non solo dal Partito Comunista d'Albania, ma anche dall'allora Partito Comunista di Jugoslavia. Nella I Conferenza del Consiglio nazionale di Liberazione del Kossovo, tenuta a Bujan nel dicembre 1943/gennaio 1944, fu approvata una risoluzione che, dopo aver riconosciuto che il Kossovo era «una regione abitata in maggioranza da una popolazione albanese», auspicava che la popolazione albanese del Kossovo si unisse in «una lotta comune con gli altri popoli della Jugoslavia contro il sanguinario occupante tedesco ed i suoi servi: è questa l'unica via che conduca alla libertà, grazie alla quale tutti i popoli, e quindi anche il popolo albanese, potranno decidere del loro destino in virtù del loro diritto all'autodeterminazione fino alla separazione».

Sulla base di questa risoluzione, i partigiani albanesi si unirono ai partigiani jugoslavi nella lotta armata per liberare il territorio jugoslavo dall'occupazione nazista. Ma, a guerra finita, i dirigenti revisionisti del Partito Comunista di Jugoslavia (poi diventato Lega dei Comunisti Jugoslavi), che portavano avanti una politica nazionalista e non marxista-leninista, violarono gli impegni presi alla Conferenza di Bujan, non concessero l'autodeterminazione al popolo kossovaro e mantennero la regione del Kossovo entro i confini della nuova Jugoslavia federale.

Dopo la disgregazione della Jugoslavia federale, la nuova Costituzione della Repubblica serba, entrata in vigore nel settembre 1990, sopprimeva quasi interamente l'autonomia amministrativa che era stata concessa alla regione del Kossovo dalla Costituzione jugoslava del 1974. Nell'ottobre 1991 l'Assemblea del Kossovo (dichiarata illegale dal governo nazionalista serbo di Milosevic) organizzò un referendum popolare sulla sovranità della regione, al quale partecipò l'87%  del popolo kossovaro, con un voto favorevole alla sovranità del Kossovo pari al 99,87 % dei votanti.

Come democratici conseguenti, i comunisti riconoscono il diritto di autodeterminazione delle nazioni e danno il loro appoggio alle lotte di liberazione nazionale dei popoli oppressi fino alla separazione dallo Stato oppressore; questo appoggio, tuttavia, non è assoluto, ma condizionato, perché i comunisti lo subordinano agli interessi fondamentali della lotta di classe del proletariato.

I popoli oppressi in lotta per la loro liberazione possono diventare un prezioso alleato della lotta rivoluzionaria del proletariato Ma «ciò non vuol dire, naturalmente, che il proletariato debba appoggiare qualsiasi movimento nazionale, sempre e dappertutto, in tutti i singoli casi concreti. Si tratta di appoggiare quei movimenti nazionali che tendono a indebolire, ad abbattere l'imperialismo e non a consolidarlo e a conservarlo. Vi sono dei casi in cui i movimenti nazionali di singoli paesi oppressi cozzano con gli interessi dello sviluppo del movimento proletario. Si capisce che in questi casi non si può parlare di appoggio» (Stalin, Principi del leninismo, 1924).

Ogni movimento nazionale presenta una duplice natura: può avere carattere progressivo o reazionario, a seconda del contesto generale della lotta di classe nella quale si inserisce. Nel corso degli anni '90 del XX secolo, il movimento per la liberazione nazionale del popolo kossovaro - sotto la direzione di forze nazionaliste borghesi - si assoggettò in misura crescente alla tutela politica degli imperialisti americani, tedeschi e italiani, dai quali l'UCK di Hashim Thaci si fece finanziare, addestrare ed armare.

Se un movimento nazionale diventa, nel corso del suo sviluppo, uno strumento nelle mani di una potenza imperialista, «un avamposto della reazione imperialista» (secondo l'efficace definizione di Lenin), nessun appoggio esso può ottenere dai comunisti.

La situazione oggi esistente nel Kossovo, che minaccia di degenerare in nuove, sanguinose guerre civili di contenuto reazionario, è dovuto alla totale perdita di autonomia politica del proletariato kossovaro, che si è posto sotto la direzione di forze borghesi, così come hanno fatto i proletari di altre regioni della ex Jugoslavia.

Come comunisti, noi auspichiamo che i proletari kossovari e serbi, respingendo ogni forma di nazionalismo borghese, riconquistino la loro completa autonomia politica sotto la direzione di nuove, autentiche forze comuniste, e lottino insieme contro l'imperialismo per la vittoria del socialismo nel Kossovo, in Serbia, nel Montenegro, in Macedonia, in Albania e in tutta l'area balcanica.

Fuori l'imperialismo dai Balcani! Ritiro immediato delle truppe italiane dal Kossovo!

Feb. 2008