Rompere col neoliberismo, per l’alternativa socialista
1.
Il neoliberismo
si è imposto nell’economia borghese a partire dai primi anni settanta dello
scorso secolo, diffuso dai centri imperialisti degli USA (in particolare dalla Federal Riserve e dall’Università di Chicago) e dalla Gran
Bretagna. La crisi capitalista, con la caduta tendenziale del saggio di
profitto, ha portato la borghesia imperialista ad aggiornare il liberalismo
economico e ad elaborare una strategia globale in funzione della massimizzazione
dei profitti e dell’esigenza di esportazione di capitali e merci (tra cui la
forza-lavoro).
2.
Il primo terreno
sperimentale di applicazione del neoliberismo fu il Cile di Pinochet.
Dai primi anni ’80 dello scorso secolo il neoliberismo è divenuto dominante
rispetto il precedente modello keynesano, è stato
innalzato al ruolo di “bibbia” delle principali potenze imperialiste e delle
istituzioni finanziarie internazionali (FMI, Banca Mondiale, Banca Europea,
etc.), che hanno perseguito politiche e realizzato profondi
cambiamenti istituzionali, facendo pressione sui paesi dipendenti per
applicare i cosiddetti “aggiustamenti strutturali” e le “riforme economiche”,
al fine di ristrutturare le loro economie in conformità con i presupposti del
neoliberismo.
3.
Questo processo
si è accelerato utilizzando le condizioni favorevoli createsi con il crollo
dell’URSS revisionista e della sua zona economica (Comecon),
ed ha investito tutti i paesi, salvo rare eccezioni. Nel corso degli anni il
neoliberismo è divenuto egemonico a livello mondiale ed europeo. Esso è
divenuto la “religione” ufficiale dei governi borghesi che nella fase attuale
stanno accelerando la multiforme offensiva neoliberista, evidenziando minimi
margini di autonomia nella definizione dei loro programmi.
4.
Il tipico regime
neoliberista prevede politiche monetariste per abbassare l’inflazione, la
riduzione delle tasse e delle spese pubbliche, un mercato della forza-lavoro
“flessibile” e de-contrattualizzato (ottenuto
liquidando le leggi di protezione dei lavoratori, smantellando i contratti
nazionali e tagliando le prestazioni assistenziali),
liberalizzazioni dei mercati finanziari e commerciali, privatizzazioni delle
imprese statali.
5.
Il neoliberismo
è una politica al servizio del capitale finanziario internazionale e degli
altri settori capitalistici, adottata nel contesto attuale della crisi del
sistema imperialista mondiale, in cui le imprese incontrano sempre più
difficoltà ad ottenere il massimo profitto. Sono soprattutto i monopoli ed i
governi che li rappresentano, indipendentemente dalle maggioranze borghesi che
si alternano, ad aver dato impulso e portato avanti questa politica, che ha
esacerbato le contraddizioni del sistema imperialista ed amplificato la
decomposizione economica (come dimostrano, tra l’altro, la crescita del
parassitismo capitalistico, le ripetute crisi di sovrapproduzione relativa e
gli scoppi a ripetizione delle bolle di capitale monetario amplificate dalla
deregulation finanziaria).
6.
Il neoliberismo
è la libertà del capitale, in primo luogo quello monopolistico, di schiacciare
la classe operaia ed i popoli, è l’abbattimento di tutti gli ostacoli di ordine
politico, economico, sociale, culturale, ecc. che intralciano o frenano la
ricerca del massimo profitto. Il neoliberismo è una politica dal carattere
brutale ed aggressivo, una vera e propria macchina da guerra contro le
conquiste e i diritti sociali della classe operaia, delle masse lavoratrici,
dei popoli dei paesi e delle nazioni dipendenti. Tale politica oggi si
manifesta in modo evidente con l’aumento dello sfruttamento e della miseria
delle masse lavoratrici ad un polo
della società, e l’opulenza di un pugno di parassiti che si arricchisce sulle
spalle dei popoli all’altro polo.
7.
Sul piano dei
rapporti di classe il neoliberismo rappresenta la conservazione e la
restaurazione del potere della borghesia imperialista sulla classe operaia e le
masse lavoratrici del mondo; in pratica è controrivoluzione messa in atto dal
grande capitale contro il movimento comunista, operaio e sindacale, contro le
lotte dei popoli e delle nazioni oppressi. Con il
neoliberismo decenni di conquiste e progressi sociali sono stati
rovesciati. Ciò si è tradotto sul piano economico in un gigantesco
trasferimento di ricchezza dalle classi subalterne a quelle dominanti, dai
paesi dipendenti a quelli imperialisti, dai settori pubblici a quelli privati.
Di conseguenza la disuguaglianza in termini di reddito e di ricchezza ha
raggiunto livelli senza precedenti. Il potere d’acquisto degli operai e della
grande maggioranza dei lavoratori è diminuito, mentre l’impoverimento assoluto
e relativo degli stessi (espressione della legge generale dell’accumulazione
capitalista) si è diffuso, gli standard di vita sono declinati, interi paesi
sono stati gettati nella miseria.
8.
Il neoliberismo
è stato imposto con i diktat economici e politici dei monopoli e delle
istituzioni borghesi, così come con le ingerenze e la coercizione militare. Non
si deve infatti dimenticare che le ricette
dell’oligarchia finanziaria passano tramite le aggressioni armate che servono
ad installare i cosiddetti regimi liberal-democratici
(ex Yugoslavia, Iraq, “Enduring
freedom”) per proteggere gli interessi del grande
capitale e delle potenze imperialiste. Il legame fra neoliberismo, politica di
guerra ed aggressione militari ai popoli è diretto. La guerra “ preventiva e
permanente” è uno strumento indispensabile del neoliberismo. Altresì esso è in
evidente connessione con la svolta autoritaria/securitaria,
la criminalizzazione della protesta sociale, la xenofobia, l’instaurazione di
uno stato di polizia e la fascistizzazione dello
stato e della società. La base economica di tali processi reazionari è
l’accelerazione della concentrazione monopolistica, la concentrazione della
ricchezza nelle mani dell’oligarchia finanziaria, l’aumento del peso e
dell’influenza diretta delle grandi imprese capitalistiche nello stato, nella
vita politica, nei partiti borghesi, nell’informazione, nella sfera ideologica,
insomma nel complesso di istituzioni, organismi e funzioni sociali operanti
nella sovrastruttura, che vogliono porre al loro esclusivo servizio.
9.
Il neoliberismo
non è solo un insieme di politiche economiche, ma anche una completa ideologia
politica, oggi egemone. Esso produce una visione del mondo,
una morale ed un’etica secondo cui tutte le istituzioni (stati, regioni, città)
ed attività sociali, lo stesso essere umano, non sono altro che “imprese” o
“imprenditori” in un mercato competitivo; propaga una filosofia secondo la
quale le transazioni di mercato sono valutate in sé, sono fini a se stesse, e
pertanto vanno moltiplicate in numero e frequenza separatamente dalla relazione
con la produzione ed il consumo, dalle conseguenze sociali; concepisce la
profittabilità come criterio per giustificare la soppressione di ogni diritto,
il dumping sociale, le privatizzazioni, le delocalizzazioni,
etc. divulga l’apologia della concorrenza, dell’individualismo, del “successo”,
ed allo stesso tempo il biasimo sociale verso emarginati e poveri in quanto
“pigri”; propaga la cultura di mercato, i valori di mercato, la società di
mercato, il linguaggio di mercato, le persone di mercato; diffonde il
cosmopolitismo e la retorica del “nuovo ordine” assieme al nazionalismo (sotto
forma di “competitività nazionale”) ed allo sciovinismo. Tutti gli
aspetti della vita sociale ed individuale degli appartenenti alle masse
sfruttate ed oppresse sono influenzati dal neoliberismo, così come tutti gli
aspetti dell’esistenza umana sono mercificati.
10. Le pretese neoliberiste, secondo la quale l’impiego
più redditizio e senza ostacoli del capitale, la sregolatezza del mercato,
avrebbero determinato un’era di crescita economica, risolto gli squilibri
economici e territoriali, migliorati gli standard di vita, addirittura fatto
scomparire l’antagonismo fra le classi sociali, si sono dimostrate palesemente
false ed infondate. In realtà, durante il predominio del neoliberismo il
capitalismo tende sempre più alla stagnazione, gli squilibri si acutizzano, le
condizioni di vita per la maggioranza dell’umanità peggiorano e l’antagonismo
fra i capitalisti e la classe operaia si delinea ancor più nettamente. Allo
stesso tempo, tutte le principali contraddizioni ed i fenomeni distruttivi
dell’imperialismo si riproducono in proporzioni gigantesche.
11. Il neoliberismo non solo ha depresso i consumi e
tagliato la spesa pubblica, ma ha anche assecondato la contrazione degli
investimenti produttivi determinata dalla sovrapproduzione relativa,
provocando, con la liberalizzazione finanziaria, un abnorme impiego dei
capitali nella sfera della speculazione monetaria. Contemporaneamente ha
smantellato le istituzioni create per stabilizzare l’economia capitalista ed
alleviare le contraddizioni generate dal sistema di sfruttamento. Di
conseguenza l’applicazione globale del neoliberismo ha significato tendenza
alla stagnazione ed alle crisi finanziarie, esposizione del sistema capitalista
a scosse più frequenti e più violente, che dalla periferia del sistema
ritornano verso l’economia indebitata degli USA e la bolla speculativa del
dollaro, finora governate con la supremazia militare globale.
12. La politica neoliberista sta ricevendo un’ulteriore
accelerazione nell’U.E. particolarmente in Francia, Danimarca, Germania,
Svezia, Italia, ecc. come conseguenza dell’esacerbazione della concorrenza fra
potenze imperialiste. In molti paesi i governi continuano a spron
battuto la realizzazione del programma di flessibilizzazione
della forza-lavoro, dello smantellamento del diritto del lavoro e delle
assicurazioni sociali, delle privatizzazioni, il potenziamento dei meccanismi
di mercato attraverso una politica di tutela e rafforzamento della concorrenza
monopolistica, la devastazione del settore pubblico, i tagli a pensioni,
sanità, istruzione pubblica, il rafforzamento degli apparati di polizia, etc.
Nel nostro paese il rilancio delle politiche liberiste si avvale di campagne
stampa contro il costo del sistema politico, le raccomandazioni, il
“conservatorismo” dell’ala sinistra borghese, il corporativismo delle
categorie, etc. al fine di sbaragliare le riluttanze di settori di borghesia e
piccola-borghesia. Non va inoltre sottovalutato il ruolo delle grandi
organizzazioni criminali (mafia, camorra, ‘ndrangheta,
sacra corona unita) che con il loro enorme fatturato ed i patti stretti con i
capitalisti “legali”, forniscono un esempio concreto di imprenditoria vincente
sul mercato, grazie alla totale assenza di regole, alla flessibilità totale
della mano d’opera, alle logiche usuraie, al dumping, alle manovre finanziarie
più spregiudicate, al subappalto, alla violenza ed alla ferocia della classe
sfruttatrice.
13. I disastri economici e sociali provocati dal
neoliberismo hanno determinato una vasta e crescente resistenza delle masse
sfruttate ed oppresse. La lotta contro il neoliberismo ha una dimensione
internazionale. La contestazione di massa del neoliberismo e del suo principale
promotore, l’imperialismo USA, si è sviluppata dapprima in America Latina.
Possenti movimenti di lavoratori, di giovani, che in alcuni casi hanno preso la
forma di sollevazioni popolari e che hanno provocato la caduta di diversi
governi, si sono sviluppati negli anni ‘90 ed all’inizio del nuovo secolo. In
Europa la critica del rullo compressore neoliberista si è sviluppata a partire
dal grande movimento di lotta del
14. La classe sociale più colpita dal neoliberismo è la
classe operaia, che subisce l’aumento dello sfruttamento, la flessibilità, la precarizzazione, i licenziamenti, l’assalto ai diritti, ed
è sottoposta ad una maggiore concorrenza. Allo stesso tempo è la classe che ha
dato il primo e più grande impulso alla lotta contro il neoliberismo, a livello
internazionale e nazionale, scontrandosi con i piani, le direttive e le
conseguenze della “liberalizzazione” nei diversi settori economici ed
industriali, lottando contro i ribassi salariali, la flessibilità, la
precarietà, l’individualizzazione del rapporto di lavoro, le delocalizzazioni, la riforma delle pensioni, lo
smantellamento del diritto del lavoro (es. art. 18), etc. In definitiva
impedendo con la sua azione diretta che si impiantassero a pieno le politiche e
le misure neoliberiste. Il proletariato, la classe più
combattiva della società capitalistica, difendendo i suoi interessi difende
quelli di tutte le masse popolari; è l’unica classe sociale che può bloccare
efficacemente il sistema attaccando direttamente il profitto capitalista; è la
sola classe veramente rivoluzionaria, in grado di rovesciare il capitalismo e
costruire il socialismo in alleanza con le altre classi sfruttate ed oppresse.
15. Il movimento di lotta contro il neoliberismo è
portatore di un’istanza di rottura indispensabile con il sistema imperialista,
ultimo stadio del capitalismo. In effetti, il movimento di resistenza delle
masse contro gli effetti di questa politica capitalista pone, in varie forme, la
questione della via di uscita dal neoliberismo, cioè dell’alternativa al
neoliberismo. Chiaramente le risposte che questo movimento fornisce sono
differenti, a seconda delle forze politiche e sociali
che le esprimono, della loro base sociale, della loro ideologia. Esistono, per
es. partiti e correnti riformisti che vogliono solamente limitare gli “eccessi”
e gli “inconvenienti sociali” del neoliberismo, salvaguardando il sistema di
sfruttamento capitalistico, ed avanzando determinate rivendicazioni per metterle
al carro dell’elettoralismo. Tuttavia essi sono in difficoltà su questo terreno
(sul quale sono giunte da tempo al compromesso con la borghesia imperialista) e
non riescono ad impedire l’espressione e lo sviluppo di posizioni che pongono
la necessità di un’alternativa radicale alla politica neoliberista.
16. La socialdemocrazia ed i riformisti sono in crisi e
non riescono ad offrire risposte valide al neoliberismo perché non ci sono più
le condizioni storiche ed economiche per innestare politiche di redistribuzione e finanziare le riforme. Nel contesto del
declino dei tassi di crescita e della intensificazione della competizione
capitalistica per i mercati, nonché della crisi ecologica (che non permette
ritmi di sviluppo sostenuti) il keynesismo diventa di
fatto impraticabile. Il capitalismo non può tornare all’età dell’oro; di
conseguenza non c’è spazio per la socialdemocrazia e non è nemmeno possibile
riprodurre il precedente equilibrio sociale. Inoltre dentro tutti i partiti
socialdemocratici e riformisti si sono sviluppate lobby e correnti neoliberiste
che influenzano pesantemente le loro strategie e tattiche politiche, al punto
di modellarle su un blando social-liberismo, che a
fianco della libertà dell’impresa capitalista si interessa delle libertà formali
sociali ed individuali. Queste forze sono ormai del tutto
incapaci di affrontare con qualche possibilità di successo la lotta al
neoliberismo e di dirigere la trasformazione sociale, sono capaci solo di
correre al capezzale della borghesia.
17. I disastri del liberismo, la politica di guerra,
l’approfondimento della crisi generale del capitalismo, portano le masse a
porsi – dai paesi dipendenti al cuore dell’imperialismo – il problema di una
completa rottura con l’ordinamento internazionale del capitale, aspirando ad un
sistema in cui possano essere soddisfatti i bisogni fondamentali dei membri
della società, in cui sia evitata la catastrofe ecologica ed armonizzata la
relazione uomo-natura. Ciò porta inevitabilmente a rivalutare e l’esperienza
storica e l’obiettivo del socialismo, a lottare per una trasformazione sociale
imperniata sull’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e di
scambio, sulla razionale pianificazione economica centralizzata e la
demolizione della macchina oppressiva dello stato borghese. La politica
neoliberista affretta la rivoluzione sociale del proletariato, favorisce ed
avvicina lo sviluppo di una nuova ondata rivoluzionaria internazionale. Le
alternative “liberismo o socialismo?”, “caos o pianificazione?”, “proprietà
privata o proprietà sociale dei mezzi di produzione?”, “profitto per pochi o
benessere per le masse?”, “individualismo o collettivismo?”, “distruzione o
salvaguardia dell’ambiente?”, “dittatura del capitale o dittatura del
proletariato?” si presentano sempre più nettamente.
18. Noi marxisti-leninisti, che ci basiamo fermamente
sulla classe operaia, riteniamo che dentro la lotta alla politica attuale
dell’imperialismo sia possibile - in una fase che vede a livello internazionale
il movimento comunista in lenta e graduale ripresa (permanendo molti elementi
della precedente fase difensiva) – conquistare ampie masse, condurle su nuove
posizioni e far avanzare l’obiettivo strategico della rivoluzione proletaria e
della costruzione del nuovo mondo senza sfruttamento. E’ dentro questa
prospettiva di cambiamento “possibile e necessario”, che non si limiti a
contrastare alcuni effetti, ma aggredisca le cause dei problemi che vivono
milioni di sfruttati, che si iscrive per noi la lotta contro il neoliberismo.
19. La messa in crisi del neoliberismo significa
l’acutizzazione della crisi generale del capitalismo. Dunque è nostro interesse
sviluppare una politica di rigetto totale del neoliberismo (anche della sua
versione di “sinistra”, il social-liberismo), per la rottura
dell’egemonia liberal-riformista e la costruzione
dell’unica alternativa di società possibile: il socialismo proletario.
Un’alternativa che sappia tirare la lezione delle esperienze negative delle
politiche di accompagnamento del neoliberismo, delle politiche portate avanti
in nome dei “sacrifici” e del “meno peggio”, del
“realismo” e del “pragmatismo”, della “coesione nazionale” e di quella
“europea”, che finiscono sempre per capitolare davanti le esigenze del
capitale. Un’alternativa che va costruita nelle fabbriche, nei quartieri, fra
le masse, con le lotte, senza calcoli elettorali.
20. Questa linea politica deve servire a sviluppare la
convergenza dei movimenti di lotta e di resistenza all’aggressione capitalista:
quella degli operai occupati e dei disoccupati, dei giovani e degli anziani,
dei lavoratori italiani e dei migranti, dei lavoratori della città e della
campagna, delle donne e dei senza-diritti. L’obiettivo è realizzare attraverso
la lotta un fronte ampio, diretto dalla classe operaia, un’unità più larga
possibile delle masse sfruttate ed oppresse, delle loro organizzazioni,
politica e di azione. Per avvicinare questo obiettivo bisogna concentrare le
forze e l’iniziativa politica sul terreno di agitazione e
denuncia più scottante e sentito dalle masse (oggi quello
dell’immiserimento crescente della classe operaia e delle masse popolari), sul
quale è possibile poggiare e far progredire la ripresa del movimento comunista
nel nostro paese, prendendo di petto i capitalisti e lo stato che è al loro
esclusivo servizio, lottando contro le posizioni riformiste e conciliatrici.
21. L’elaborazione di un programma di rottura e rigetto
totale del neoliberismo e del social-liberismo, per
l’unità di lotta contro il capitalismo, per un’alternativa di classe, popolare
e realmente democratica, di solidarietà con i popoli, basato sulla
soddisfazione delle esigenze sociali (in primo luogo della classe operaia) e la
prospettiva di “un altro mondo possibile e necessario” (il socialismo), è di
fondamentale importanza. Esso permetterà di definire le posizioni e gli
impegni, di assicurare l’iniziativa, ampliare le mobilitazioni di massa,
sviluppare e far confluire in unico movimento i diversi fronti di resistenza
alla politica attuale dell’imperialismo, rilanciando l’obiettivo di una
radicale trasformazione sociale. E’ importante che questo programma sia
costruito con una larga discussione ed un ampio consenso fra tutte le forze
politiche, sindacali, sociali, culturali, le associazioni, i lavoratori, i
militanti sindacali, i giovani, etc. che lo sostengono.
22. I comunisti nel sostenere tutte le rivendicazioni immediate e programmatiche, devono porre la questione di passare dalla
resistenza alla politica neoliberista alla lotta politica rivoluzionaria per
rompere definitivamente con il dominio dei monopoli, lottando a fondo contro le
posizioni riformiste che illudono le masse facendo delle elezioni e del
parlamentarismo la sola forma di lotta esistente. In questo senso i nuovi
compiti che vanno posti al proletariato ed alle masse popolari - che trovano
una sintesi nella parola d’ordine del “governo operaio” - devono servire a
sollevare con ancora più forza la questione della necessità urgente e non
eludibile della ricostruzione del partito comunista.
Febbraio
2008 Piattaforma
Comunista