Dalla
crisi del governo Prodi alla prossima offensiva
PREPARIAMOCI A LOTTE PIÙ DURE!
Perché
Prodi è caduto? La risposta non sta nella mossa di Mastella e nemmeno nella
decisione di Veltroni di correre da solo alle elezioni, che hanno offerto solo i
pretesti per affondare una maggioranza fragile ed eterogenea.
La
verità è che Prodi è stato scaricato dai gruppi dominanti del capitalismo nel
momento in cui non è riuscito più a tenere a bada la lotta operaia e popolare,
funzione che gli era stata affidata per portare avanti il programma
neoliberista e rafforzare le “retrovie” in vista di nuove aggressioni
all’estero.
Nel
primo anno di vita il governo Prodi aveva mantenuto una certa pace sociale. Col
passare dei mesi ha però perso sempre più consenso fra le masse lavoratrici,
fra i suoi stessi elettori, delusi dalle promesse tradite. La ripresa della
partecipazione attiva delle masse lavoratrici alla vita politica non è tardata.
Dapprima Vicenza, poi la manifestazione contro Bush, quindi il referendum sulle
pensioni (bocciato nelle grandi fabbriche), poi la manifestazione del 20
ottobre ’07 e lo stop dei camionisti.
Il
punto di svolta c’è stato con l’esplosione della rabbia operaia a Torino dopo
la strage della Thyssenkrupp, seguita dai blocchi dei metalmeccanici, dai roghi
di Napoli, dalla contestazione degli studenti romani. Manifestazioni nelle
quali si sono riproposte le grandi questioni irrisolte del paese: la questione
operaia, quella meridionale, quella vaticana, la cui soluzione passa per un radicale
rivolgimento socialista.
Con
tutta la repressione e gli sforzi dell’apparato liberal-riformista, il governo
Prodi non è riuscito a frenare ed a spezzare le mobilitazioni. Esse si sono
invece moltiplicate e radicalizzate, compromettendo non solo il proseguimento
del programma imposto dall’oligarchia finanziaria, ma addirittura profitti e
rendite economiche (tra cui il “tesoretto”).
Perciò i “poteri forti” (Confindustria, banche,
Vaticano, Mafia, agenzie imperialiste straniere), che fino ad allora avevano
lavorato per inchiodare la politica governativa ai propri esclusivi interessi,
hanno deciso di scaricare Prodi alla prima occasione. Nel contesto della crisi
economico-finanziaria essi devono portare avanti politiche economiche d’assalto
e nuove aggressioni ai popoli. Hanno quindi necessità di appoggiarsi su
maggioranze e partiti ancor più agguerriti e refrattari alle ragioni degli
sfruttati, in grado di approvare duri provvedimenti antioperai (questo è il
vero leit motiv della campagna elettorale) e continuare la politica di
guerra e di asservimento all’imperialismo USA senza i sottili “distinguo” della
sinistra borghese.
L’affondamento del governo
Prodi segna il fallimento della strategia riformista del centrosinistra e di
quella sindacale della concertazione, che nulla di buono hanno dato ai
lavoratori. Allo stesso tempo mette in luce la decomposizione politica, sociale
e morale della società italiana, aspetto della crisi generale del capitalismo.
La nuova fase politica
apertasi con la crisi del governo Prodi porterà ad un ulteriore slittamento a
destra dell’asse politico italiano. Chiunque andrà al governo tenterà di
schiacciare le lotte per mostrare ai “grandi elettori” capitalisti di riuscire
dove è fallito Prodi, di assicurare la “governabilità” per applicare le ricette
neoliberali volute dal capitale finanziario. Di sicuro sarà avvantaggiato dal
fatto che troverà intatta tutta la legislazione sociale e istituzionale varata
dalle destre in cinque anni di governo e religiosamente rispettata dal centrosinistra.
Nonostante ciò, in una
situazione economica traballante, con la crescente compressione del
proletariato e della piccola-borghesia, crescerà la sfiducia nelle istituzioni
e nei partiti borghesi, il quadro politico rimarrà instabile e la società tenderà
a polarizzarsi. Si avvicinano momenti di convulsione politica.
Dunque va diffusa la
consapevolezza che la risposta della classe operaia e delle masse popolari non
può essere affidata alla costruzione di un argine fatto di schede elettorali.
Serve ben altro, serve una vera svolta a sinistra ed una ripresa di fiducia
nelle proprie forze.
Abbandoniamo ogni
illusione, distacchiamoci dai partiti socialdemocratici e riformisti,
mettiamoci alla testa delle lotte e degli organismi di massa, organizziamo in
modo leninista l’avanguardia di classe in ogni fabbrica, in ogni quartiere, in
ogni paese. Prepariamoci a lotte più dure!
Feb. 2008