90° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE

SOCIALISTA D’OTTOBRE

 

Relazione introduttiva dei promotori

 

Care compagne e cari compagni, siamo qui per ricordare e festeggiare il più grande avvenimento del secolo scorso, la Rivoluzione Socialista d’Ottobre; siamo qui per rilanciare le sue ragioni ed attualizzare il suo significato, impegnandoci di nuovo nella lotta per il socialismo proletario.

L'importanza storica dell’Ottobre sovietico richiederebbe molto più tempo di quello che abbiamo per rendere omaggio agli sforzi eroici degli operai, dei contadini e dei soldati sovietici, cui dobbiamo essere grati noi e le generazioni che verranno.

Novant’anni fa essi aprirono una nuova epoca, creando una contraddizione inedita: quella fra il socialismo e l’imperialismo. Per la prima volta la classe dei proletari diventò classe dominante, e tale restò per circa mezzo secolo proponendosi come scopo la soppressione di qualsiasi forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la vittoria del socialismo in tutti i paesi e la completa eliminazione della divisione in classi della società, suscitando con il suo esempio la simpatia e l'appoggio dei lavoratori di tutto il mondo.

La rivoluzione, la distruzione del vecchio apparato statale e la contemporanea creazione di un nuovo tipo di potere statale mai visto nella storia, la vittoria contro la reazione interna ed internazionale, la soluzione delle questioni nazionali, la fondazione della III Internazionale Comunista, l'industrializzazione socialista, la collettivizzazione delle terre, la sconfitta della belva nazifascista e la costruzione del campo socialista furono, e rappresentano tuttora, vittorie del proletariato mondiale e delle masse popolari.

Ognuno di questi momenti ha segnato un cambio profondo e positivo nella cultura, nelle tradizioni, nella mentalità, nei mezzi di lotta e nelle forme di organizzazione della classe operaia.

Ognuno di questi momenti fu il frutto dell’iniziativa, della partecipazione, del genio creativo delle grandi masse. Tutto lo sviluppo della rivoluzione si basò, infatti, sulla mobilitazione di decine di milioni di lavoratori della città e della campagna, unite dai fondamentali obiettivi e rivendicazioni dei comunisti.

Furono le masse organizzate nei Soviet ed orientate dal partito comunista di Lenin e di Stalin che si assunsero i compiti di risolvere le questioni collegate con la produzione, i trasporti, i rifornimenti, la cultura, la vita quotidiana, la difesa del nuovo ordine e la repressione delle attività controrivoluzionarie. Furono queste masse che spezzarono la macchina statale delle classi proprietarie e parteciparono alla creazione del nuovo apparato di potere, prodotto dalla maggioranza a beneficio della maggioranza.

Purtroppo oggi il paese dei Soviet non c'è più, distrutto dalla restaurazione dei rapporti capitalistici di produzione e di scambio iniziata dal rinnegato Krusciov, proseguita da Breznev, completata  dal giuda Gorbaciov. Sappiamo che a collassare alla fine degli anni ’80 del secolo scorso è stato il mondo revisionista, che manteneva forme esteriori socialiste, ma non aveva più nulla a che vedere - salvo il passato - con la lotta del proletariato per il comunismo.

Gli imperialisti e i reazionari hanno approfittato di questo fatto per affermare che il comunismo è morto, che siamo giunti alla “fine della storia” ed all’estinzione delle ideologie.

Con la caduta del muro di Berlino hanno proclamato la nascita di un “nuovo ordine mondiale” dominato dagli Stati Uniti e decantato il capitalismo quale ultimo livello di sviluppo economico-sociale. Hanno scatenato una grande campagna contro la classe operaia ed i popoli oppressi, cercando di convincerli che c'è un solo orizzonte per l'umanità, quello fondato sulla maledetta proprietà privata dei capitalisti. 

Sono quasi venti anni che la borghesia imperialista pretende di sequestrare l’esigenza di emancipazione e di libertà della classe operaia e dei popoli con la demagogia e le promesse di una “nuova era”.

Ma cosa vediamo oggi? Invece della libertà promessa, si è rafforzata la dittatura di un gruppo di paesi imperialisti e dei monopoli finanziari, si è realizzato un dominio neocolonialista ancora più feroce, cui sono sottoposti centinaia di paesi e nazioni dipendenti.

Invece della pace e della democrazia, le potenze imperialiste, USA in testa, hanno scatenato una serie di guerre di aggressione ed atti di autentico terrorismo che hanno già mietuto più di mezzo milione di vittime, mentre si intensificano le contraddizioni e la lotta fra i grandi paesi imperialisti e fra i gruppi monopolisti per una nuova ripartizione dei mercati e delle sfere di influenza, il che accresce il pericolo di un nuovo conflitto mondiale.

Invece dell’uguaglianza e della giustizia sociale, i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri più poveri, i privilegi da un lato e le discriminazioni sociali e razziali dall’altro sono dilagati; l’abisso scavato fra le classi è ben rappresentato dal fatto che i duecento borghesi più ricchi al mondo possiedono una ricchezza maggiore di quanta ne producono in un anno due miliardi e mezzo di lavoratori.

Invece della crescita economica, vediamo che nel mondo capitalistico il parassitismo e la decomposizione sono incrementati a dismisura; si susseguono convulsioni finanziarie che provocheranno nuovi attacchi alle condizioni di vita del proletariato e dei popoli, mentre spingeranno ancor più il capitalismo nell’instabilità e nel caos.

Invece della sbandierata diminuzione dell’oppressione statale, vediamo che il capitalismo odierno non solo è inestricabilmente connesso con lo Stato borghese, ma anche tutte le funzioni oppressive e repressive contro le classi subalterne vengono rafforzate, creando Stati-gendarme sempre più autoritari.  

Invece del miglioramento delle condizioni di lavoro, che potrebbe essere garantito dallo sviluppo tecnico-scientifico, vediamo l’aumento inaudito del plusvalore estorto agli operai e lo smantellamento di tutte le conquiste ottenute con decenni di dure lotte.

Invece della garanzia dei servizi sociali, vediamo che l’infanzia, la vecchiaia, la malattia, lo sport, la socialità, sono state tradotte in denaro sonante.

Invece di misure adeguate ed urgenti per la protezione della natura, vediamo che la ricerca del massimo profitto ad ogni costo sta devastando l’ecosistema, mostrando che il capitalismo, con la sua logica predatoria, è incompatibile con l’esistenza stessa del genere umano.

Invece di una cultura avanzata e progressista, si diffonde l’oscurantismo religioso, il razzismo, il fascismo, la xenofobia, riflesso della miseria morale e culturale della classe dirigente, della sua dilagante corruzione.

Può essere definito “vincente” un sistema come questo? E’ questo un modo di produzione che soffre soltanto di qualche “imperfezione”, che può essere riformato nelle sue basi? E’ possibile che lo stato di cose presente possa durare a lungo?

Per dare una risposta va per prima cosa afferrato che i mutamenti intervenuti nel mondo non hanno cambiato nulla di essenziale nella natura dell’imperialismo, che Lenin definì correttamente “ultima fase del capitalismo”.

La nostra epoca continua ad essere l’epoca dell’imperialismo e delle rivoluzioni proletarie. Non c’è una “terza fase”, un altro stadio di sviluppo intermedio dell’umanità fra  imperialismo e socialismo.

Tutti i fatti accaduti dalla gloriosa Rivoluzione d’Ottobre in poi - la seconda guerra mondiale, la sconfitta del fascismo, la liberazione dei paesi coloniali, la rivoluzione cinese, quella cubana, quella vietnamita, ecc, i progressi realizzati durante la costruzione del socialismo, la recente offensiva imperialista e l’attuale realtà della lotta dei popoli - confermano le tesi leniniste sull’epoca nella quale viviamo.

Infatti le contraddizioni fondamentali del nostro mondo (fra proletariato e borghesia; fra i popoli e le nazioni oppresse e l’imperialismo; fra le potenze imperialiste; fra socialismo e capitalismo intesa oggi come contraddizione tenuta aperta da forze, gruppi, partiti e popoli che lottano contro il capitalismo e per finalità socialiste), dicevamo queste contraddizioni sono rimaste le stesse e si vanno inasprendo.

Ciò che va compreso è che dal 1917 il capitalismo come sistema non si è più stabilizzato ed è cominciata la sua crisi generale e permanente, che perdura e si aggrava nonostante la temporanea sconfitta del socialismo.

Ciò che va compreso è che sono proprio le contraddizioni in sviluppo a far maturare le condizioni della rivoluzione in tutto il mondo ed a rendere i molteplici problemi della società attuale aspetti di un unico grande problema da risolvere: la presa del potere politico e l’organizzazione del proletariato come classe dominante anche in un solo paese, per realizzare il massimo del realizzabile in quel paese ed appoggiare la rivoluzione negli altri paesi.

Siamo dunque ancora dentro il periodo storico che si è aperto novanta anni fa, con il passaggio del potere politico nelle mani dei Soviet. Un periodo non breve, caratterizzato dalla transizione dell'umanità dal capitalismo al socialismo, che è la società di transizione verso il comunismo. Un periodo comprendente diverse tappe, nel quale si sono già susseguiti fallimenti del capitalismo e successi della classe operaia e dei popoli, successivi rovesci e restaurazioni del vecchio ordinamento sociale, vittorie e sconfitte dalle quali è indispensabile ricavare lezioni importanti. Nel suo insieme è un periodo di aspra lotta di classe fra il proletariato, che aspira alla trasformazione radicale dell’intera società, e la borghesia che non vuol perdere il suo potere ed i suoi privilegi.

Questa lotta fra le classi, che rappresenta il motore della storia fino al comunismo, si risolverà con la vittoria del proletariato poiché le premesse materiali della rivoluzione socialista sono divenute più consistenti.

Guardiamo ad alcuni fatti incontestabili. Anzitutto, le forze produttive si sono sviluppate a tal punto, sono divenute così potenti ed avanzate, hanno assunto un carattere sociale così spiccato, che non solo il loro conflitto con gli obsoleti rapporti di produzione borghesi lacera irrimediabilmente la società (manifestandosi con la sovrapproduzione, i salari da fame, il precariato, le guerre per la ripartizione del mondo e tante altre “delizie” tipiche di questo sistema), ma la rende anche così gravida di rivoluzione, così pronta  ad un salto qualitativo che consentirà il passaggio ad una nuova civiltà. 

Per di più, l'esercito del proletariato, sebbene abbia conosciuto un certo restringimento nei paesi capitalistici più avanzati, ha continuato a rafforzarsi ed a svilupparsi su scala mondiale. Attualmente esso conta più di un miliardo di donne e di uomini che sono già entrati nel fronte di lotta e procedono con sempre maggiore risolutezza. Al suo fianco troviamo – come naturali alleati - vastissime masse diseredate, interi popoli asserviti dall’imperialismo che reclamano cambiamenti, che bussano alle porte delle cittadelle imperialiste. Incalza la nuova generazione più numerosa mai apparsa sulla faccia della Terra. Nelle metropoli, luoghi chiave del "mercato globale", si concentrano, attorno alle istituzioni finanziarie, milioni e milioni di sfruttati, di disoccupati, di emarginati.

Tutto ciò mentre il rapporto di sfruttamento capitalistico giunge alla sua forma più brutale e senza pudore anche nei paesi più "progrediti". Mentre la restaurazione del capitalismo nell’ex URSS, nei paesi dell'Europa dell’est ed in Cina ha generato più problemi di quanti ne abbia risolti. Mentre ai paesi del cosiddetto "terzo e quarto mondo" non è offerto altro che fame, saccheggio delle risorse, oppressione e aggressioni militari.

Allo stesso tempo la borghesia imperialista è entrata in un processo di logoramento e di perdita delle sue alleanze sociali. Questo perché il capitale monopolistico ha sempre più difficoltà a valorizzarsi e non potrà tornare ad una nuova "età dell'oro", perché i suoi tentativi di rialzare il saggio e la massa del profitto mandano in rovina anche i ceti medi.

Sono questi fatti che ci spiegano anche il motivo per cui nel campo borghese avanza la tentazione di proibire l’attività di partiti e organizzazioni che si proclamano comunisti, di impedire con ogni mezzo che l’obiettivo della costruzione di una libera comunità socialista diventi una proposta concreta nell’arena della lotta politica. Spinte reazionarie che si faranno strada in Italia anche grazie alla nascita del Partito Democratico, che serve a rafforzare l’egemonia dei monopoli ed a spostare a destra l’intero quadro politico.

Ma l’odio anticomunista della borghesia e dei suoi servitori – che è alla base di tutti i movimenti reazionari e fascisti - dimostra in realtà la debolezza di questa classe in declino storico.

La borghesia conosce bene la validità dell’analisi comunista del mondo attuale; si rende conto che di fronte a crisi di enorme portata e guerre di rapina, nuovi “assalti al cielo” sono inevitabili. Deve perciò denigrare e criminalizzare i comunisti poiché teme che i lavoratori, i giovani, possano di nuovo rivolgersi alle loro idee e proposte e portare così avanti l’opera iniziata con l’Ottobre sovietico. Deve attaccare a testa bassa il “defunto” socialismo poiché è il solo “altro mondo possibile” per far uscire le masse popolari dall'abisso della povertà, dell’ignoranza, della guerra, in cui l’imperialismo le getta continuamente.

Soltanto il socialismo è, infatti, capace di risolvere le contraddizioni che hanno generato i regimi dello sfruttamento: le contraddizioni di classe, quelle tra lavoro manuale ed intellettuale, tra la campagna e la città, le contraddizioni tra i generi, fra popoli, nazioni e le nazionalità, le contraddizioni fra l’attività umana e la natura di cui facciamo parte.

Compagne e compagni, abbiamo visto che la crisi generale del capitalismo si va aggravando, ma non possiamo prevedere in che modo preciso evolverà, in quale forma si svilupperanno gli elementi di una rivolta generalizzata, dove e quando si produrranno i futuri strappi rivoluzionari.

Alcune cose però le sappiamo. Sappiamo che l’odio delle masse lavoratrici e dei popoli verso l’imperialismo è destinato a crescere. Sappiamo che grazie alle esperienze ed alle conoscenze accumulate dalla Rivoluzione d'Ottobre ad oggi, la classe operaia riparte nella sua lotta per l'egemonia da un gradino più alto rispetto al passato. Sappiamo che per effetto della interdipendenza economica e dello sviluppo dei mezzi di comunicazione, della connessione più stretta fra le varie sezioni nazionali del proletariato, il processo rivoluzionario avviato in un solo paese avrà ripercussioni più strette con l’avanzamento della rivoluzione a livello mondiale. Sappiamo ancora che la pianificazione razionale – antitetica all’anarchia capitalista – si presenterà sempre più come una questione di vita o di morte di fronte al disastro ecologico del pianeta.

Dunque le conseguenze delle prossime ondate del movimento rivoluzionario saranno addirittura più alte e vigorose dell’ultima ondata, si propagheranno in modo più ampio, più profondo e con un ritmo più rapido rispetto al passato.

Siamo dunque in un periodo convulso che annuncia nuove e più profonde crisi, instabilità economica e conflitti sociali che, anche nel vecchio continente, faranno saltare quel patto sociale voluto dalla borghesia imperialista e dai socialdemocratici per scongiurare la rivoluzione e marginalizzare i comunisti.

Il periodo storico, relativamente stabile, della pace sociale e del tranquillo tran tran elettorale, del corporativismo e del consumismo, dello stato assistenziale e delle utopie riformiste, sta dietro di noi. Pertanto le specifiche condizioni del precedente compromesso fra classi antagoniste non si potranno riprodurre.

Riprova ne è che i principali ingredienti di quell'equilibrio raggiunto in occidente a causa dell'esistenza dell'U.R.S.S. e della pressione del movimento operaio (il welfare state, la redistribuzione del reddito, le imprese pubbliche, le sovvenzioni agricole, la creazione di un vasto ceto medio, etc.), sono liquidati pezzo a pezzo.

Il periodo attuale ci pone dunque compiti nuovi tanto per le battaglie quotidiane contro i padroni ed i loro governi, quanto per le grandi lotte rivoluzionarie che ci attendono.

Per poterli affrontare noi dobbiamo trarre dalla Rivoluzione Socialista d’Ottobre, che contiene in se principi generali che sono applicabili ed indispensabili alla lotta rivoluzionaria, alcuni insegnamenti, quanto mai validi ed attuali.

Il primo insegnamento ci dice che il proletariato ha la forza e la capacità organica per spezzare la catena dell’imperialismo mondiale nei suoi anelli più deboli. Nel 1917 il proletariato russo non era molto vasto. Eppure il suo ruolo nella società, la funzione che svolge, fa sì che - ieri come oggi - sia la classe più rivoluzionaria fra tutte le classi sociali, l’unica capace di andare fino in fondo nella lotta contro la borghesia, quella più interessata alla completa liberazione dell’umanità dal capitalismo.

La Rivoluzione vittoriosa del '17 si è incaricata di dimostrare che la classe operaia alleata con gli altri lavoratori può sconfiggere gli sfruttatori, può dirigere un paese vastissimo senza e contro la borghesia, con un sistema di potere che agisce negli interessi della stragrande maggioranza della popolazione.

Contro tutti coloro che sostengono che la classe operaia ha perso il suo ruolo determinante e che predicano tale ruolo posa essere assunto da “altri attori” o dalla “società civile” noi affermiamo che la classe operaia - il cui nucleo è costituito dal proletariiato industriale, ma che comprende, oltre ai salariati agricoli, ampie masse di salariati nei settori dei servizi - costituisce la classe di avanguardia perché è la classe che accresce il capitale col suo lavoro non pagato; perché il suo ruolo rivoluzionario, che deriva dal posto che essa occupa nella produzione, dalla relazione che ha con i mezzi di lavoro, rappresenta il punto di riferimento indispensabile sul piano ideologico, politico, organizzativo per sconfiggere il capitalismo, per prendere il potere e costruire la società pianificata dei produttori.

Nonostante tutti i tentativi di soffocarlo, il fondamentale antagonismo della società attuale, quello fra capitale e lavoro salariato, permane e non può essere risolto altrimenti che tramite una rivoluzione che si proponga di abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio. Pertanto, sotto qualsiasi forma si offre, la negazione del ruolo egemone della classe operaia, che costituisce la forza decisiva dello sviluppo sociale, conduce sempre al più volgare riformismo. Così come finisce nella palude del soggettivismo chi nega che la liberazione della classe operaia debba essere opera della classe operaia stessa, la quale si deve basare prima di tutto sulle proprie iniziative, capacità, energie e possibilità poiché non esiste altra classe sociale, altra forza o gruppo sociale, che possa svolgere questa funzione “a nome e per conto” del proletariato.

Il secondo insegnamento riguarda il contrasto e la lotta fra la democrazia borghese e la democrazia proletaria. La Rivoluzione d’ottobre distrusse - con l’insurrezione armata e col successivo scioglimento dell’Assemblea Costituente - l’apparato statale borghese, sostituendo alla vuota e falsa democrazia parlamentare borghese una nuova forma di democrazia, basata sui Soviet degli operai e dei soldati, i quali, dopo essere stati - nel corso del processo rivoluzionario - prima organismi di lotta e poi embrioni di potere proletario, diventarono, dopo la vittoria finale della rivoluzione, gli organi istituzionali del nuovo Stato di dittatura proletaria.

La dittatura del proletariato rappresenta il contenuto primario dell’Ottobre, il suo strumento essenziale, la sua realizzazione più importante, senza la quale non sarebbe stato possibile avanzare di un passo nella conquista dell’egemonia e della costruzione del socialismo. La conquista del potere non è, difatti, che il primo atto della dialettica tra rottura e creazione, non è che l’inizio di una rivoluzione che porta fino al comunismo.

La dittatura del proletariato mette al centro gli interessi vitali della stragrande maggioranza del popolo lavoratore, realizzandone pienamente e concretamente la liberazione dallo sfruttamento ed assicurandone pienamente la libertà; è, invece, risolutamente coercitiva contro le classi sfruttatrici che da essa vengono spodestate e che si propongono di ripristinare la precedente oppressione di classe.

I fatti della storia insegnano che i capitalisti sono capaci dei peggiori crimini per salvare i propri interessi e la propria esistenza in quanto classe. È perciò compito del nuovo Stato socialista continuare la lotta di classe sotto nuove condizioni. Senza l'esercizio della dittatura proletaria, la porta sarebbe spalancata al sabotaggio borghese ed in ultimo alla controrivoluzione. Pertanto non ci deve meravigliare il fatto che sulla questione della dittatura del proletariato, che scuote dalle fondamenta le basi del sistema capitalistico, si siano indirizzati gli sforzi maggiori da parte della classe dominante e dei suoi intellettuali per distorcerne il significato, decretarne la falsità o l’irrealizzabilità.

Il terzo insegnamento è quello che giudichiamo il più attuale, per cui dobbiamo soffermarci un po’ di più. La vittoria della rivoluzione in Russia dimostra che la rivoluzione socialista non può trionfare senza un partito che sia l'avanguardia organizzata e cosciente della classe operaia.

La rivoluzione d'Ottobre mostra in tutta chiarezza che il partito comunista è il fattore determinante per il successo rivoluzionario ed il mantenimento del potere. Le crisi creano condizioni favorevoli, ma per la vittoria ed il suo consolidamento è necessario l’elemento soggettivo che mobiliti e diriga in senso rivoluzionario la classe operaia e le masse popolari.

Il partito bolscevico che guidò il proletariato alla vittoria dell’Ottobre fu, sempre, un partito coerentemente rivoluzionario. Non «un partito di lotta e di governo» (secondo l’opportunistica formula togliattiana, rinverdita dai gruppi dirigenti - ancora più opportunisti - di Rifondazione e del PdCI), ma un partito che, nei lunghi anni di preparazione della rivoluzione, temprò la coscienza rivoluzionaria dei proletari russi nella lotta incessante contro i menscevichi e i liquidatori, e – nei mesi decisivi dall'aprile all’ottobre 1917 - condusse una lotta intransigente contro il «governo provvisorio» della borghesia per rovesciarlo, fino all’insurrezione armata.

Ai nostri occhi non solo la vittoria ma anche la sconfitta del socialismo in URSS forniscono la prova che l’elemento soggettivo, la direzione politica ed ideologica è decisivo per le sorti della classe operaia.   

Questo significa che il proletariato per sconfiggere la borghesia deve essere organizzato, deve esprimere il suo reparto d'avanguardia, il suo stato maggiore, capace di esprimere un’adeguata direzione strategica e tattica. Questo significa che il compito di primaria importanza che spetta a noi comunisti risolvere è quello della costruzione di un forte Partito comunista del proletariato, contrapposto a tutti i partiti borghesi e riformisti, che realizzi l’unione del movimento socialista col movimento operaio.

Non un partito di massa con una politica da quadri, ma un partito di quadri con forti legami di massa. Non un partito elettoralista, ma un partito che sappia coniugare le diverse forme di lotta della classe operaia. Non un partito eterogeneo, ma un partito che assuma come visione del mondo il materialismo dialettico e storico, che abbia a fondamento della sua linea e del suo programma politico il socialismo scientifico, che sia unito dal centralismo democratico e si basi fermamente sulla classe operaia. Un partito che lotti ed operi come un reparto del movimento comunista ed operaio internazionale.

Senza tale partito gli operai ed i contadini non avrebbero potuto conquistare il potere nel 1917 per poi tenerlo a lungo. Senza tale partito il movimento operaio e popolare camminerebbe per strade incerte ed il riformismo porterebbe questo movimento lungo la via della “concertazione” o nel populismo piccolo-borghese. Senza questo partito gli operai e gli altri lavoratori sfruttati non possono nemmeno difendersi adeguatamente di fronte alla offensiva capitalistica.

Da parte loro l'imperialismo e la reazione non hanno mai sopportato che la classe operaia potesse organizzare il suo partito rivoluzionario. Il punto centrale della lotta del capitale contro gli operai è sempre stato quello di colpire le idee e la pratica della classe operaia per impedirle di formare un partito indipendente. Diverse sono le forme di questa attività: dalla persecuzione alla violenza aperta contro i comunisti e le avanguardie di classe, al sovvenzionamento delle correnti collaborazioniste ed opportuniste; dalle manovre di dispersione ideologica e politica ai tentativi liquidatrici dentro gli stessi partiti comunisti.

Oggi in particolare la classe dominante vuol mostrare come nefasta e immorale l'attività politica, accusa in generale tutti i partiti e movimenti politici, senza alcuna distinzione di classe, di essere responsabili della crisi; cerca di distrarre le masse lavoratrici con i saltimbanchi di turno, con i grandi e piccoli fratelli mediatici.

Il suo intento è di "spoliticizzare" l’attività delle classi subalterne, estromettere completamente la classe operaia dallo scenario politico, distogliendola da ogni fermento rivoluzionario. Ogni soluzione di ricambio deve essere trovata dentro un sistema egemonizzato da partiti che sono tutti d’accordo sulle questioni fondamentali: salvaguardare i rapporti borghesi di produzione, applicare politiche neoliberiste che servono alla borghesia per massimizzare i profitti e diminuire le spese del suo dominio, scatenare aggressioni criminali per asservire i popoli, impedire con tutti i mezzi l’affermazione degli interessi operai e popolari.

Allo stesso tempo i partiti e le correnti revisioniste e riformiste fanno di tutto per negare la necessità del partito della classe operaia e per presentare la loro politica illusoria e fallimentare del “capitalismo onesto e regolato” come la sola risposta al capitalismo "selvaggio".

Ebbene, per poter avanzare di nuovo noi dobbiamo chiamare gli elementi avanzati della classe operaia, i giovani rivoluzionari, gli antifascisti, i sinceri democratici e progressisti, a separarsi nettamente e risolutamente dalla socialdemocrazia e dall’opportunismo, a stringersi attorno ai comunisti; dobbiamo rispondere all'antipartitismo borghese e piccolo-borghese con il partitismo proletario, evidenziando la questione chiave del partito come strumento imprescindibile di vittoria, come garanzia per lo sviluppo della lotta organizzata e consapevole degli sfruttati e degli oppressi.

Per edificare un forte partito comunista della classe operaia, che spinga i movimenti di lotta alla loro unificazione su una linea rivoluzionaria, c’è bisogno dell’unità dei comunisti su giuste posizioni. In questo senso la giornata odierna rappresenta un piccolo ma importante passo in avanti.

La sua preparazione sulla base di una piattaforma-appello congiunta, con principi e  contenuti chiari, la sua organizzazione svolta in comune, l’impegno, la collaborazione e la comprensione reciproca fa compagni basata sulla lealtà, la franchezza ed il reciproco rispetto, esprimono nei fatti la capacità dei comunisti di lavorare insieme su obiettivi significativi, di sviluppare una politica di fronte. Tutto ciò mostra una tendenza positiva che va incoraggiata.

Siamo allora tenuti a proseguire su questa strada, impegnandoci a lavorare assieme su nuovi obiettivi politici e culturali, a rafforzare la nostra unità nella pratica della lotta politica e sociale, ad approfondire e dibattere davanti all’intero proletariato tutti i vecchi e nuovi problemi della rivoluzione e del socialismo, continuando la lotta a viso aperto contro il revisionismo e l'opportunismo ed avanzando verso un più alto livello di unità ideologica, politica e pratica.

Compagne e compagni, come avete certamente capito non siamo qui per celebrare retoricamente le vittorie del passato. Così come guardiamo alla Rivoluzione d’Ottobre per trarre i dovuti insegnamenti guardiamo con altrettanta attenzione e fiducia alla ripresa del movimento comunista ed operaio.

Nella fase attuale vanno accrescendosi le condizioni per accumulare e preparare forze rivoluzionarie. L’imperialismo è costretto dalla sua stessa crisi a forzare ed ampliare la sua offensiva. Ma la storia recente dimostra che la classe operaia ed i popoli non si sottomettono e non vogliono portare all’infinito il fardello che la borghesia getta loro addosso. Si va sviluppando su diversi terreni una lotta di classe che sta crescendo in ampiezza, in intensità ed in qualità, seguendo un ritmo parallelo a quello delle aggressioni.

Nei paesi dipendenti la lotta dei lavoratori, dei contadini, degli studenti, dei movimenti indigeni sta dando vita ad azioni combattive contro le politiche neoliberiste e le imposizioni dell'imperialismo e dei suoi fantocci locali.

Insieme alle rivendicazioni particolari sventolano in molti paesi le bandiere antimperialiste che si intrecciano con la ricerca di una profonda e radicale trasformazione sociale, di una nuova vita. Ampi settori delle masse lavoratrici, interi popoli, si stanno convincendo che la democrazia borghese come regime politico è solo l'espressione delle oligarchie economiche e giammai degli interessi popolari.

I venti che si sollevano in diversi paesi del mondo annunciano tempeste rivoluzionarie. Guardiamo al Venezuela, alla Colombia, all'Ecuador, alla Bolivia, al Perù, al Messico, a Cuba antimperialista; guardiamo al Medio Oriente dove la resistenza del popolo iracheno, palestinese, libanese ha inferto colpi durissimi ai briganti imperialisti ed ai loro cani da guardia. Guardiamo alle Filippine, al Nepal, all’India, alla Turchia, dove arde la fiamma della rivoluzione sociale e della lotta di liberazione dei popoli.

Di fronte alla barbarie ed alla politica di sterminio imperialista, all’interno di questi paesi si sviluppano distinte e significative manifestazioni della lotta di classe. I partiti e le organizzazioni comuniste e della sinistra rivoluzionaria sono attivi in questo scenario. agendo in conformità alle situazioni concrete ed alle tappe che attraversa la rivoluzione in ogni paese.

Sono presenti, ed in taluni casi dirigono, l’organizzazione della classe operaia, dei contadini e degli studenti, gli scioperi generali e le rivolte di massa, i processi democratici e la resistenza antimperialista, le guerre di liberazione nazionale e quelle popolari, la lotta politica e le mobilitazioni rivoluzionarie. Fanno proprie e combinano tutte le forme di lotta che colpiscono il nemico di classe e rafforzano il fronte della rivoluzione, portando le masse su posizioni più avanzate. Si distaccano dalle proposte socialdemocratiche, riformiste e opportuniste che predicano la possibilità di costruire la società dei lavoratori senza farla finita col capitalismo, tenendo ben fermo lo scopo strategico della conquista del potere politico in funzione della rivoluzione proletaria mondiale.

Intanto che nei paesi dipendenti lotta avanza, nei paesi imperialisti si sviluppano scioperi, mobilitazioni e proteste di piazza contro i monopoli ed i loro governi - siano essi guidati dall’ala destra o dall’ala sinistra della borghesia - che sono i responsabili delle aggressioni economiche e sociali, della politica reazionaria, della militarizzazione e delle guerre per la ripartizione dei mercati e delle sfere di influenza. Sono lotte che hanno una grande importanza, in cui i comunisti e le loro organizzazioni svolgono un ruolo significativo. Come quelle che negli ultimi mesi la classe operaia e vasti settori popolari stanno conducendo qui da noi, in Italia, per fronteggiare l’offensiva del capitale e del suo attuale comitato d’affari, il governo Prodi.

La risposta a questo attacco è divenuta una pratica quotidiana per larghe masse. A causa di questa viva esperienza, dell'aumento della povertà, dell’insicurezza sociale, dalle spaventose sopraffazioni che ci sono imposte dai monopoli finanziari, la lotta operaia e sociale è in rianimazione ed il riflusso ha toccato il fondo.

La crisi galoppante dell’ala sinistra della borghesia apre spazi che, se sapremo approfittarne, serviranno per rafforzarci, per utilizzare le possibilità e le dinamiche del movimento, per avanzare proposte politiche più avanzate.

Tutto ci dice che nulla potrà rimanere come prima, che il mondo deve cambiare, che la situazione richiede una alternativa rivoluzionaria alla crisi. Il futuro ci appartiene, ma dobbiamo conquistarcelo. La chiave per avanzare è, per i comunisti, il lavoro quotidiano di direzione fra la classe operaia e le masse, la formazione ideologica e pratica dei quadri capaci di esercitare questa direzione, l’inserimento nei movimenti di lotta, nella vita politica e sociale del paese, il lavoro per forgiare l’unità delle forze sociali e politiche interessate alla rivoluzione, lo sviluppo di un’adeguata iniziativa volta a trasformare la passività in fermento, in organizzazione, in azione risoluta e concreta.

Ciò ci consentirà di accumulare e preparare le forze della prossima ondata rivoluzionaria in Italia e nel mondo, le forze che romperanno di nuovo la catena imperialista, che faranno del XXI secolo il secolo dei lavoratori e dei popoli, che renderanno di nuovo il socialismo un’alternativa concreta e vivente.  Questo è, care compagne e cari compagni, il miglior tributo che possiamo rendere alla Rivoluzione d’Ottobre!

 

Roma 10 novembre 2007