Calunniatori e falsificatori della storia

Continuano le calunnie e le falsificazioni sul ruolo avuto dall’URSS nel periodo del socialismo realizzato riguardo la questione palestinese. Fra le ultime, ci sono quelle stampate sul n. 2/2024 del giornale “Il programma comunista”, di tendenza bordighista, nell’articolo “Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi”.

In questo articolo, si getta di nuovo su Stalin l’infamante accusa di aver allevato il “mostro” sionista. Si legge infatti: “La controrivoluzione staliniana e l’assenza in Europa di un movimento rivoluzionario in grado di venire in aiuto alla rivoluzione palestinese lasciò sola quest’ultima di fronte alla macchina da guerra dell’imperialismo britannico”….“lo Stato d’Israele vide la luce il 14 maggio 1948. Ciò provocò la gara fra Truman e Stalin a chi lo dovesse riconoscere per primo: ma, soprattutto aprì alla grande la caccia ai palestinesi”.

È dunque necessario fare ancora una volta chiarezza, respingendo falsificazioni e denigrazioni anticomuniste senza alcun fondamento. Non a caso gli autori dell’articolo si guardano bene dall’argomentare e dal fornire qualsiasi prova di quanto affermano, occultando i fatti.

Ripercorriamoli quindi brevemente.

L’imperialismo britannico e i suoi agenti, nel corso dei tre decenni di dominazione della Palestina (1920-1948) fomentarono l’inimicizia tra la popolazione nativa araba e la popolazione ebrea, utilizzando lo sciovinismo anti-arabo degli ebrei e l’avversione degli arabi verso il sionismo.

La popolazione ebrea crebbe, come risultato dell’immigrazione, dalle 56 mila persone del 1918 alle 650 mila del 1948 (circa un terzo della popolazione dell’intera Palestina). Con gli acquisti dei terreni gli ebrei aumentarono la loro proprietà fondiaria che nel 1948 era circa il 6% della superficie totale della Palestina.

Fra il 1936 e il 1939, preceduto da uno sciopero durato sei mesi, scoppiò in Palestina una rivolta contadina araba contro l’imperialismo britannico, che non rispettava i diritti delle popolazioni, favoriva l’immigrazione e l’acquisto di terre da parte degli ebrei.

La rivolta fallì per l’assenza di una direzione rivoluzionaria centralizzata e per la debolezza del Partito comunista palestinese.

Il Regno Unito, incalzato dagli attacchi terroristici delle formazioni paramilitari sioniste, nel tentativo di tenere sotto controllo la situazione, rafforzò il suo dispositivo militare e la repressione, dichiarò nel 1939 realizzata la “home” ebraica e limitò rigidamente  l’immigrazione ebraica in Palestina. Allo stesso tempo si assicurò attraverso concessioni l’appoggio degli strati superiori della borghesia feudale araba.

Ciò aumentò le frizioni con i sionisti che nel 1942 intensificarono gli attacchi sia contro le installazioni britanniche, sia contro la popolazione araba, e nel 1945 chiesero al governo britannico che la Palestina divenisse interamente uno stato ebraico.

I sionisti non potevano certo concepire la propria esistenza senza l’appoggio di una o dell’altra potenza imperialista, così come la borghesia araba non era interessata alla liquidazione dell’oppressione coloniale e feudale in Palestina.

Intanto, le persecuzioni nazifasciste e i massacri degli ebrei in Germania e in altri paesi europei, spinsero molti ebrei, incoraggiati dal movimento sionista, a trovare rifugio in Palestina.

L’ostilità fra arabi e ebrei assunse forme particolarmente acute dopo la seconda guerra mondiale e ostacolò lo sviluppo di un movimento di liberazione antimperialista in Palestina.

Terminata la guerra mondiale, il Regno Unito incapace di mantenere il controllo sulla Palestina dichiarò la volontà di rinunciare al suo mandato e pose all’ONU la soluzione della questione palestinese. Ciò avvenne mentre si accresceva l’influenza dell’imperialismo americano in quelle aree che prima della guerra erano considerate monopolio della sfera d’influenza del capitale inglese.

Come è noto, l’Unione sovietica, nell’intervento del 14 maggio 1947 nel Comitato Speciale per la Palestina dell’ONU, svolto attraverso la sua delegazione, indicò con chiarezza qual era la soluzione da perseguire: «la creazione di uno Stato arabo-ebraico indipendente, binazionale, democratico ed omogeneo. Questo Stato dev’essere basato sull’uguaglianza di diritti delle due popolazioni, ebraica ed araba, che possa gettare le basi di una cooperazione fra questi due popoli nel loro reciproco interesse e vantaggio». Ciò sarebbe stato possibile se quella proposta – che tuttora costituisce la soluzione che indichiamo per la questione palestinese – fosse stata accettata da entrambe le parti, dagli arabi e dagli ebrei.

Solo dopo che la prospettiva della formazione di uno Stato che comprendesse tutta la popolazione della Palestina fu giudicata inattuabile, a causa degli intrighi imperialisti e dal rifiuto sia degli ebrei, sia degli arabi, la delegazione sovietica, nella sessione del 27 novembre 1947 dell’Assemblea Generale dell’ONU, si dichiarò favorevole ad una «seconda soluzione, la divisione della Palestina in due Stati liberi, indipendenti e democratici, l’uno arabo e l’altro ebraico» (link al “dossier Gromiko” in calce).

La posizione assunta dall’URSS riguardo tale alternativa, non era rivolta contro gli arabi, ma mirava ad accelerare la liquidazione del vecchio regime coloniale ed estromettere l’imperialismo britannico dall’area, approfondendo la crisi del sistema coloniale come risultato della storica vittoria conseguita dal paese del socialismo nella seconda guerra mondiale e del movimento di lotta nelle colonie e nei paesi dipendenti, che minacciava le retrovie del sistema capitalista-imperialista.

Va ricordato che in quel momento la “guerra fredda” con il blocco occidentale era già iniziata e l’interesse dell’Unione Sovietica era di rafforzare il campo antimperialista e democratico.

Questo campo si appoggiava sul movimento operaio e democratico internazionale, sui partiti comunisti di tutti i paesi, sui combattenti del movimento di liberazione nazionale nelle colonie e nei paesi dipendenti, sulle forze progressive e democratiche che esistevano in ogni paese, nella lotta contro le minacce di nuove guerre e aggressioni imperialiste (gli USA riarmavano, accumulavano bombe atomiche ed esistevano piani di attacco nucleare contro il paese del socialismo), contro il colonialismo e il razzismo, per il consolidamento della democrazia, per l’eliminazione dei residui del fascismo e per assicurare una pace giusta.

In questo scenario, il 29 novembre 1947, l’Assemblea generale dell’ONU  adottò a maggioranza una risoluzione sulla base della seconda proposta sovietica: creazione di due stati e Gerusalemme sotto controllo internazionale. La risoluzione vide la contrarietà degli arabi palestinesi, dell’estrema destra sionista, degli Stati arabi, l’astensione del Regno Unito e della Jugoslavia.

Senza l’appoggio dell’URSS alla seconda mozione non sarebbe stato possibile allontanare dalla Palestina l’imperialismo britannico. Ma l’imperialismo statunitense non rimase di certo con le mani in mano e agì di concerto con i sionisti per volgere la situazione a suo vantaggio.

Nei sei mesi intercorrenti tra la risoluzione dell’ONU e l’evacuazione delle truppe britanniche, i sionisti seminarono morte e terrore per espellere gli arabi palestinesi e conquistare più territorio possibile.  Scoppiò la guerra civile in Palestina, prodromica della guerra fra Stati arabi e Israele iniziata il 15 maggio del 1948, al momento del ritiro delle truppe britanniche e della contestuale proclamazione dello Stato di Israele.

La guerra si concluse con armistizi secondo cui Israele avrebbe controllato circa il 78% del territorio della Palestina, assai più del 54% previsto dal piano di partizione ONU.

Riguardo la posizione adottata dall’Unione Sovietica all’ONU nel 1947, rimandiamo alla lettura dei due interventi di Gromyko – pubblicati sul nostro sito internet – per sfatare una serie di falsificazioni e calunnie anticomuniste che per decenni hanno avuto larga circolazione (per intenderci, le solite sciocchezze inventate di sana pianta su Yalta, la «spartizione del mondo fra le grandi potenze» che avrebbe portato alla «spartizione» della Palestina, ecc.).

Non l’Unione Sovietica di Stalin, ma gli imperialisti statunitensi e britannici, con i loro monopoli petroliferi, che cercavano di mantenere a tutti i costi un regime coloniale in Palestina e mantenere la loro influenza nella regione, hanno adottato politiche e misure dirette ad impedire la pacifica convivenza fra arabi ed ebrei e per distruggere la risoluzione presa dall’ONU.

La borghesia sionista è divenuta lo strumento per portare avanti i piani imperialisti e impedire la creazione di uno stato palestinese indipendente, mentre i regimi arabi reazionari hanno sempre strumentalizzato la causa palestinese per propri fini.

La decisione dell’ONU non si è così mai tramutata in realtà per la popolazione araba palestinese, che è rimasta priva di un’effettiva statualità indipendente.

Oggi esistono le condizioni per un’avanzata antimperialista e rivoluzionaria del movimento di liberazione del popolo palestinese, con una più ampia dimensione di appoggio internazionale. Ma ciò non è compreso dai gruppi bordighisti che negano o distorcono la questione nazionale nell’epoca dell’imperialismo, respingendo così l’insegnamento  leninista.

Da Scintilla n. 146, giugno 2024

 

Leggi il “dossier Gromiko” in pdf

 

 

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