Il “Decreto Caivano”, manifesto della reazione e della repressione governativa

Il 7 settembre il Governo Meloni ha deliberato il decreto-legge relativo alle “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, emanato poi dal Presidente della Repubblica il 15 dello stesso mese.
Nel titolo stesso si nota come del problema non venga individuata la causa principale del problema che si afferma di voler risolvere: la povertà materiale.
Il motivo è che il governo demagogo e reazionario, lungi dal voler davvero migliorare la situazione della popolazione dei comuni disagiati e degradati, in quanto facente gli interessi della borghesia imperialista (per di più in tempi di stagflazione), sta portando avanti un’azione propagandistica e demagogica che mira ad agire sugli effetti e non sulle cause del problema.
Nei soli Capo I e Capo III vengono manifestate intenzioni di intervenire, in modo assolutamente non sostanziale e insostenibile, nel miglioramento delle infrastrutture e dell’educazione.
L’Articolo 1, valevole per il comune di Caivano, prevede “di predisporre e attuare un piano straordinario di interventi infrastrutturali o di riqualificazione” ad opera di un Commissario straordinario (l’ennesima figura prefettizia). Concretamente, però, si fa riferimento al solo centro sportivo ex Delphinia.
Nell’Articolo 2 si prevede altresì un accordo di programma, con Università statali aventi sede in Campania, per predisporre un percorso di orientamento per gli studenti del comune di Caivano, che vede un alto livello di abbandono scolastico e pertanto in pochissimi arriveranno alle scuole superiori, figuriamoci all’università che costano migliaia di euro l’anno. Non a caso nel decreto manca qualsiasi seria misura di contrasto all’abbandono scolastico.
Al Capo III si interviene invece per supportare “le istituzioni scolastiche del Mezzogiorno” del primo e del secondo ciclo scolastico per mezzo della possibilità di attivare incarichi temporanei (ovvero precari) di personale amministrativo, tecnico e ausiliario fino al 31 dicembre 2023 e di allargare l’organico dei docenti, al fine di rafforzare le competenze degli studenti, la loro mobilità extraterritoriale, etc. al fine di prevenire fenomeni di dispersione e per valorizzare la professionalità dei docenti.
Tutti questi provvedimenti sono insufficienti e le risorse supplementari provengono da riduzione o da accantonamento di altri fondi.
Dopo questi articoli dall’ipocrita sapore “sociale”, il decreto invece intensifica le pene per i reati minorili senza che siano stati presi provvedimenti seri per prevenirli.
L’armamentario messo in campo dal governo va dal Daspo per gli under 14 alla previsione di un autonomo delitto, punito fino a due anni di galera per i genitori che non mandano i figli a scuola dell’obbligo, fino alla reclusione per gli spacciatori minorenni.
È stata inoltre introdotta una forma di ammonimento del questore per i minori fra i 12 e i 14 anni e abbassata da 9 a 6 anni la soglia della pena che consente la misura della custodia cautelare.
Mentre si parla ipocritamente di sostenere la “responsabilità educativa della famiglia”, si punta solo sulla repressione, senza neanche accennare alla prevenzione dei reati. Si vuole perfino utilizzare anche l’esercito contro la microcriminalità!
Lo schema usato è quello tipico della politica securitaria, che evoca “pericoli estremi” così da suscitare allarme negli strati piccolo borghesi e quindi introdurre divieti, punizioni, norme antidemocratiche e militarizzazione sociale per decreto-legge.
La stretta repressiva sui fenomeni della microcriminalità giovanile è l’ennesima operazione populista e demagogica del governo Meloni, degno rappresentante di una borghesia incapace di risolvere le piaghe che essa stessa crea: disoccupazione, povertà, ignoranza, tossicodipendenza, criminalità, etc.
Il “decreto Caivano” fa il paio con le operazioni ad “alto impatto” nei quartieri degradati, con cui si rafforza la militarizzazione dei territori, senza peraltro sfiorare camorra e mafie.
Il decreto Caivano non risolverà nulla, inasprirà solo le condizioni di vita di migliaia di giovani, li getterà ancor più nelle mani delle organizzazioni criminali, della corruzione.
Lo stato borghese, rivela anche in questa occasione, la sua funzione principale, quella di essere uno strumento di sfruttamento e oppressione delle masse lavoratrici e popolari, un vero e proprio apparato di “vendetta di classe” che merita solo di essere soppresso per opera della rivoluzione proletaria.
Questo decreto-legge è l’azione per antonomasia del governo Meloni, che impoverisce ulteriormente il meridione privando i disoccupati e la povera gente del reddito di cittadinanza, senza dar loro un’occupazione, che prosegue a passo svelto verso l’autonomia differenziata che divide i proletari e affonda ancor più il Sud, ormai abbandonato a sé stesso dalla classe al potere.
Il governo non ha alcuna intenzione di tassare i ricchi o ridurre le spese militari, ma la tendenza è anzi opposta: far pagare tutto ai salariati e ai poveri.
In queste condizioni lo smisurato numero di disoccupati giovani meridionali è un reparto fondamentale nella lotta al governo di Meloni e alla borghesia che lo ha mandato al potere. I giovani stanno soffrendo le politiche della classe dominante.
Nonostante il brutale attacco che viene diretto per smobilitarli, sfruttarli a sangue, confonderli ideologicamente, essi continuano ad esigere soluzioni urgenti ai loro problemi, cercano un’alternativa.
Il cambiamento reale, l’alternativa di potere, potrà venire solo elevando il livello della protesta e della mobilitazione, dirigendola assieme alla classe operaia contro i responsabili della politica che ci porta alla miseria, all’emarginazione, alla disoccupazione, alla guerra.
Lottare per il futuro vuol dire organizzarsi e lottare contro il capitalismo, per il passaggio rivoluzionario al socialismo, sotto le bandiere del marxismo-leninismo!
Da Scintilla n. 138 – ottobre 2023
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