Liste di attesa: beffa governativa sulla pelle delle masse popolari

Anni di tagli e di politiche di privatizzazione hanno progressivamente indebolito e impoverito un servizio sanitario pubblico che vantava di essere fra i migliori a livello mondiale.
Nel decennio precedente la pandemia sono stati effettuati tagli per 37 miliardi di euro: un definanziamento che si è tradotto in riduzioni di personale, posti letto, cure, assistenza ospedaliera e territoriale, azzeramento della prevenzione, con l’aumento esponenziale dei tempi di attesa per visite, esami e prestazioni.
La Legge di bilancio 2024-2026 ha proseguito nel progressivo taglio ai fondi del servizio pubblico, stanziando risorse insufficienti a coprire gli effetti dell’inflazione.
Il rapporto tra Fondo Sanitario Nazionale e PIL dal 6,3% del 2024 scenderà ulteriormente fino al 5,9% nel 2026: il valore più basso degli ultimi decenni è la conferma della volontà politica del governo Meloni di proseguire nello smantellamento del SSN a favore della privatizzazione della sanità.
In molte regioni le donne che cercano di prenotare una mammografia si sentono rispondere che il primo appuntamento è disponibile tra quasi due anni. Per una semplice ecografia servono fino a 375 giorni, per una visita dermatologica 300 giorni. L’attesa è lunga per molte altre visite specialistiche ed esami, dalle risonanze magnetiche alle visite oculistiche, e spesso la richiesta di priorità serve a poco, dato che negli ospedali non ci sono posti.
A tal proposito, non tutti sanno che quando i tempi di attesa superano le soglie massime, si può chiedere una visita o un esame in intramoenia senza dover pagare la prestazione come privata: si paga soltanto il ticket. Spesso, però, questo diritto non viene garantito, sia perché le aziende sanitarie e gli ospedali non lo pubblicizzano, sia perché chiudono illegalmente le agende di prenotazione per evitare di dover pagare prestazioni che non saranno rimborsate dalle Regioni.
In questa situazione, mentre avanza il progetto di autonomia regionale differenziata che acuirà ulteriormente i problemi nelle regioni meridionali, il governo Meloni si è fatto pubblicità sulla pelle delle masse popolari con l’approvazione di un decreto legge che secondo la demagogia ministeriale dovrebbe abbattere le liste di attesa, ma che in realtà è servito solo come ennesima marchetta elettorale.
Un decreto senza coperture finanziarie e senza risorse aggiuntive che servirà a depotenziare la sanità pubblica accelerando la sua privatizzazione, favorendo l’attività libero professionale e il travaso di fondi dal pubblico al privato.
Per cambiare questo stato di cose è fondamentale e necessaria l’organizzazione e la lotta, non il lamento! Costruiamo sul territorio Comitati e coordinamenti di lotta per una sanità pubblica, gratuita e omogenea, per la difesa della nostra salute, per l’abbattimento delle liste di attesa.
Le cure non possono aspettare! Esigiamo forti investimenti nel SSN pubblico, non nelle spese militari! Esigiamo il personale sanitario indispensabile per dare risposte adeguate sul territorio in tempi congrui al bisogno di salute della popolazione!
In questa attività diverrà sempre più chiaro che occorre lottare per un’Italia socialista in cui il SSN sarà imperniato sulla prevenzione e migliorato in senso quantitativo e qualitativo, per assicurare la salute dei lavoratori e delle loro famiglie.
Da Scintilla n. 146, giugno 2024
Categorie
- AMBIENTE (29)
- ANTIFASCISMO (36)
- ATTUALITA' (303)
- CIPOML (99)
- DONNE IN LOTTA (30)
- ECONOMIA (38)
- ELEZIONI (9)
- FONDAZIONE PCdI (17)
- GIOVENTU’ M-L (27)
- INTERNAZIONALE (222)
- LOTTA ALLA GUERRA (96)
- LOTTA PER IL PARTITO (48)
- MEMORIA STORICA (99)
- MOVIMENTO OPERAIO (151)
- PANDEMIA (10)
- POLITICA (140)
- PRIMO MAGGIO (7)
- QUESTIONI TEORICHE (55)
- RIVOLUZIONE D'OTTOBRE (23)
- SALUTE E SICUREZZA (37)
- SCIENZA E FILOSOFIA (5)
- SCINTILLA (30)
- SOCIETA' (37)
- TESTI M-L DIGITALIZZATI (18)