Facciamo il punto, precisiamo la linea
Sul piano economico osserviamo una crescita mondiale asfittica e irregolare fra le diverse aree capitaliste e imperialiste, con forti rischi al ribasso per il prossimo futuro. Sono in rallentamento sia la produzione, sia il commercio
La UE è in forte rallentamento, con la Germania in stagnazione (l’industria è in recessione). La Cina è debole a causa della diminuzione dei consumi interni e della bolla immobiliare; gli USA hanno una dinamica migliore, spinta anche dagli aspetti parassitari della loro economia.
In Italia il Pil è in ribasso, allo 0,6%, nonostante i miliardi del Pnrr.
L’export con i paesi extra UE si riduce, ma anche l’import diminuisce (specie per il calo delle importazioni da Russia e Cina).
I consumi interni sono scarsi stante i bassi salari e la diffusa povertà.
L’inflazione è scesa al 2,5%, ma non per i prezzi energetici (la benzina è a 2 euro) e le bollette rimangono alle stelle. I tassi di interesse rimangono alti, rendendo difficile il pagamento dei mutui.
La tendenza generale dell’economia italiana è al ribasso anche per il prossimo anno, questo mentre il problema del debito pubblico rimane critico e il divario fra il nord e il sud del paese si amplia, mostrando la sua incolmabilità in regime capitalistico.
In assenza di crescita, per pagare gli interessi sul debito la borghesia ha due mezzi: tagli alla spesa pubblica e più tasse, molti di più i primi (pensioni sanità scuola etc.) che le seconde, stante lo scarso margine di manovra fiscale e l’alta evasione favorita dal governo in carica.
I salari sono ancora in discesa e recupereranno solo parzialmente il potere d’acquisto perso (dal 13% al 17% a seconda dei livelli salariali nel triennio 2021-23) con la contrattazione collettiva gestita dai vertici di Cgil, Cisl e Uil.
La perdita del potere di acquisto delle masse lavoratrici contribuisce alla scarsa propensione al risparmio, ai minimi storici, da cui si attinge per arrivare alla fine del mese, per curarsi, etc.
La povertà assoluta riguarda ormai il 10% della popolazione, la cancellazione del reddito di cittadinanza ha contribuito a far dilagare la povertà e ha favorito il reclutamento da parte delle organizzazioni criminali.
Aumentano parallelamente i redditi delle classi proprietarie: il 10% della popolazione possiede il 60% della ricchezza nazionale (soprattutto finanziaria e immobiliare), mentre il 50% più povero (30 milioni di persone) ne possiede appena il 7%.
Con l’immiserimento crescente del proletariato, la distribuzione della ricchezza sociale fra lavoro e capitale è divenuta ancora più disuguale: la parte che va al capitale è cresciuta (profitti, redditi e interessi), quella che va al lavoro (i salari) è diminuita drasticamente negli ultimi anni.
Di conseguenza anche il potere del capitale sul proletariato è cresciuto. Ciò fa sì che si ampli la base oggettiva dell’accentuazione degli antagonismi di classe.
Riguardo la sbandierata crescita dell’occupazione, è evidente che la c.d. “nuova occupazione” è povera, precaria e intermittente, con salari da fame.
Assieme alla distruzione delle forze produttive si acuisce la crisi demografica che assume proporzioni notevoli: la popolazione italiana in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni) si è ridotta di circa 600 mila unità dal 2020 al 2023. Questo fenomeno ha incidenza sulla massa del plusvalore e su altri aspetti economici, come il consumo e la spesa pubblica (dato che i patrimoni dei ricchi non si toccano).
Un elemento cruciale nello scenario attuale è lo scontro fra potenze imperialista che ha dei riflessi importanti a livello economico, non solo sul problema dei prezzi energetici.
Si sviluppano fenomeni come la frattura del mercato mondiale capitalistico che comporta difficoltà per le catene di rifornimento delle aziende capitalistiche (dovuta specialmente alle dispute fra USA e Cina con l’adozione di misure protezioniste).
La cooperazione internazionale fra paesi imperialisti e capitalisti segna il passo, mentre assistiamo al formarsi di blocchi economici e alla riconfigurazione degli scambi commerciali internazionali.
Questo avviene mentre In Ucraina e in Medio Oriente ci sono crescenti pericoli di conflitti armati di maggiore dimensione. Si profila una nuova fase della guerra, che sta divenendo diretta e sta passando a un livello più elevato, fra il blocco USA/NATO e la Russia, a conferma di quello che abbiamo sempre denunciato: si tratta di una guerra fra briganti imperialisti, che porta anche a frizioni e spaccature nella NATO e nella UE, come riflesso dell’accentuata concorrenza fra le stesse potenze occidentali.
Nel nostro paese, la situazione è segnata dall’avanzamento della reazione politica in varie forme (dal premierato ai disegni di legge repressivi).
Il governo Meloni è una miscela di autoritarismo, militarismo e neoliberismo, politiche su cui punta il grande capitale in questa fase.
Accelera sulle controriforme – premierato, autonomia regionale differenziata e giustizia – per concentrare i poteri secondo il volere del grande capitale (un processo che si sviluppa fra le zuffe parlamentari), procede nella difesa dei monopoli finanziari impegnati nei rami più redditizi, partecipa ai progetti europei contro i rivali imperialisti, continua nella vendita di armi e attrezzature belliche in grandi quantità, nella politica di guerra al carro della NATO e nella complicità con il genocidio sionista del popolo palestinese.
Alla demagogia sociale e allo sciovinismo, tipici di questo governo con ristretta base sociale, si aggiunge un elemento: la marcata aggressività politica, la “furia controriformatrice” che riflette l’aggressività dell’imperialismo contro la classe lavoratrice e i popoli oppressi, volta a concentrare al massimo il potere per creare un regime autoritario.
Il processo della fascistizzazione – diretto dai settori più reazionari e guerrafondai del capitale monopolistico – non avanza solo a livello politico, dove trova un evidente espressione nel tentativo di costruzione di un regime autoritario e antidemocratico, ma investe tutte le sovrastrutture della società borghese: da quella ideologica a quella giuridica, la morale, etc.
L’opposizione “costituzionale” inganna i lavoratori prospettando la possibilità di fermare la deriva reazionaria con i referendum, mentre nasconde il carattere di classe del fascismo e appoggia la politica di guerra governativa.
Sul fronte dei movimenti di lotta, non si ferma la solidarietà, specialmente degli studenti, con il popolo palestinese.
La lotta operaia nel nostro paese fa fatica a svilupparsi, ma vi sono segnali importanti come quelli relativi al numero dei partecipanti alle manifestazioni e agli scioperi, che sono in aumento.
I vertici sindacali continuano a frenare e a dividere il movimento operaio. I riformisti raccolgono firme per referendum deboli, illusori e anche pericolosi, dato che a votare sulle questioni che riguardano la classe saranno anche borghesi e piccoli borghesi (vedi articolo specifico).
Nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro, nella logistica, nei trasporti, si sviluppano lotte importanti come quelle contro i licenziamenti, per gli aumenti salariali, per la sicurezza sul lavoro. In particolare, cresce il malcontento e la lotta negli stabilimenti Stellantis.
Uno sciopero come quello avvenuto a Cassino contro ritmi e carichi di lavoro con ore di corteo interno non si vedeva da decenni.
In questo scenario complesso, che vede l’acuirsi delle principali contraddizioni della nostra epoca e prelude a un nuovo periodo di rivoluzioni, si collocano il nostro lavoro e i nostri compiti.
È indispensabile sviluppare la nostra propaganda combinando in modo appropriato la lotta politica di carattere rivoluzionario e la lotta economica, con esempi chiari, concreti e stimolanti, partecipando a scioperi e manifestazioni per rompere l’influenza della burocrazia sindacale e dei riformisti, della socialdemocrazia, e di ogni sorta di correnti deviazioniste che tendono a confondere operai e lavoratori.
In tal modo potremo contribuire all’ascesa del movimento operaio e popolare e al suo orientamento, nonché al nostro rafforzamento nel processo di sviluppo di questo movimento.
La coscienza dei proletari oggi è relativamente debole dopo decenni di egemonia socialdemocratica e neoliberista. Molti lavoratori vengono irretiti dalla propaganda e dalle soluzioni reazionarie, razziste, xenofobe.
Ma il loro bisogno di informazioni e di azioni concrete sui problemi che li attanagliano cresce sempre di più.
Non possiamo permettere che questo bisogno venga colmato da forze reazionarie e fasciste o da riformisti di ogni risma.
Pertanto è necessario sviluppare il nostro lavoro di propaganda, nonché l’agitazione e la denuncia politica, aumentare la qualità e la quantità di questo lavoro, utilizzando tutti i media possibili per far capire chi è il nemico, che bisogna lottare e unirsi contro il sistema capitalista-imperialista, nella prospettiva della sua rottura rivoluzionaria.
Soprattutto è nostro compito lavorare per favorire il raggruppamento dei comunisti e dei proletari rivoluzionari su salde posizioni marxiste-leniniste, formare nuovi quadri e avanzare con l’organizzazione nella lotta per il Partito comunista.
Da Scintilla n. 146, giugno 2024
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