I canuts di Lione, una lotta operaia ancora poco nota in Italia

Corrispondenza

Quella dei canuts di Lione rappresenta una pagina di lotta per l’emancipazione operaia particolarmente importante nel panorama delle rivolte degli ultimi due secoli, ma, in Italia, permane quasi del tutto sconosciuta.

I lavoratori della seta francesi erano concentrati, intorno agli inizi del XIX secolo, soprattutto a Lione, dove avevano sviluppato non solo tecniche e sapere autonomo, ma avevano raggiunto raffinatezza e splendore nei loro manufatti, tanto da rappresentare il meglio della produzione europea.

Solidali, uniti, emancipati tanto da avere una propria morale e propri codici etici, i canuts di Lione hanno prodotto scioperi e manifestazioni collettive talmente avanzati da mettere in difficoltà non solo il padronato locale, ma anche gendarmi ed esercito reale.

Tra il 1831 ed il 1834, due tentativi insurrezionali hanno causato scontri che hanno forgiato carattere autonomo di classe e caratteristiche uniche nel panorama sociale europeo del secolo delle rivolte.

Marx (ma non solo) ne lodò le lotte e soprattutto la produzione d’un giornale operaio, pubblicato (prima volta in Europa!) per alcuni anni, L’écho de la fabrique.

I lavoratori della seta lionesi (operai ed artigiani) hanno, tra l’altro, per primi tenuto a battesimo i vessilli delle lotte del proletariato, la bandiera rossa e la bandiera nera.

Due sono state le rivolte che hanno condotto i lavoratori della seta lionesi ad alzare la testa contro chi li sfruttava, procurandogli commesse importanti (la stessa monarchia francese, i nuovi ricchi borghesi) il cui ricavato veniva quasi interamente fagocitato dal vorace padronato, protetto da gendarmi, dall’esercito reale e da leggi reazionarie.

Nel 1830 si era insediato in Francia un nuovo potere, dopo poche giornate (“les trois glorieuses“) di scontri col vecchio regime monarchico assolutista e reazionario. Il nuovo re, Luigi Filippo d’Orléans, rappresentava infatti l’accordo tra una nobiltà costituzionale e la nascente borghesia liberale.

A Lione, era presente una forte realtà di lavoratori dell’industria della seta, con quasi centomila operai e operaie e molti artigiani (oltre il 50% del totale degli abitanti della città), che passavano accanto ai grandi telai la maggior parte delle ore del giorno. Era molto utilizzata anche la manodopera infantile. I canuts prendevano il nome dalla spoletta (o “cannetta”) che veniva lanciata tra i fili del telaio meccanico per tessere la trama, disegnata su cartoni e schede perforate. L’industria della seta lionese era la più importante d’Europa agli inizi dell’Ottocento.

L’assenza di certezze economiche, normative di tutele sociali, aveva portato, nel corso del 1831 ad un’esplosione di rabbia tra i lavoratori lionesi contro lo sfruttamento padronale. Nel novembre venne occupata la sede comunale, fu dichiarata una serie di obiettivi di miglioramento essenzialmente salariale e di stampo corporativo.

Dopo un primo momento di apertura istituzionale, l’arrivo in città dell’esercito reale, comandato dal figlio di Luigi Filippo, decretò la resa dei rivoltosi, con perdite di alcune centinaia, tra morti e feriti, da parte dei lavoratori e senza sostanziali miglioramenti nei rapporti di lavoro.

Tre anni di dura, inflessibile e solidale preparazione dal basso, portarono alla nuova esplosione sociale, armata, rivoluzionaria dei canuts di Lione. In particolare, venne fondata una serie enorme di fogli di informazione e di lotta che, richiamandosi agli utopisti (Fourier e Saint-Simon), ma anche ai primi rivoluzionari giacobini e socialisti del 1789, portò all’attenzione diretta ed al coinvolgimento degli operai tessili e degli artigiani, ugualmente sfruttati.

Il giornale di maggiore fortuna, gestito completamente dai lavoratori, fu, come già detto, L’écho de la fabrique, con un’alta tiratura ed una invidiabile continuità di presenza in città, mediata dalle numerose tipografie lionesi, pronte a sostituirsi solidarmente tra loro quando la repressione dei gendarmi ne decretava la chiusura.

Sta di fatto che la rivolta dell’aprile 1834 durò molto più della precedente, venne dichiarata una sorta di repubblica indipendente dei lavoratori (nel 1831 era ancora forte lo spirito monarchico e la sudditanza alla corona) ed una socializzazione della produzione tessile, sotto il controllo diretto degli operai e degli artigiani maggiormente coscienti. Sui tetti delle case, alle finestre, durante la rivolta, comparirono un po’ ovunque le bandiere rosse (simbolo di lotta), talvolta cucite insieme a quelle nere (simbolo di lutto e di miseria). Videro la luce anche articoli e lettere scritti direttamente dalle operaie che rivendicavano un ruolo centrale per tutte le donne.

La repressione non tardò ad arrivare, gli scontri durarono giorni e furono particolarmente sanguinosi. E’ da notare che il ministro degli interni del re era quell’Adolphe Thiers, che avrà il compito del boia della Comune di Parigi nel 1871, quale presidente del Consiglio dei ministri. Seguirono anche processi e vendette contro chi s’era distinto di più nel campo operaio. La maggior parte dei giornali fu ridotta al silenzio e bisognò attendere fino al 1848 per veder tornare la classe operaia francese nelle piazze, a rivendicare l’emancipazione dal lavoro salariato.

Da queste lotte possono essere tratte ancor oggi molte “lezioni”, tenendo anche conto che già nel Capitale Karl Marx si accorge dell’importanza delle rivolte del 1831 e del 1834 e cita la lotta dei canuts con queste parole: “Il proletariato urbano ha suonato il campanello d’allarme a Lione”.

Innanzitutto si potrà notare come nel 1789, nel 1830 e nel 1848, una classe operaia non ancora matura si adatta a fare il “lavoro sporco” accanto alla borghesia che nasce e si consolida grazie proprio ai lavoratori che pagano col sangue la loro aspirazione ad una società più giusta, ma consegnano il potere alla classe degli sfruttatori.

Ciò, come sappiamo, non accadrà nel 1871, quando il potere sarò raggiunto, rivendicato, difeso dai comunardi parigini contro la borghesia francese, alleata di quella prussiana in una delle repressioni più sanguinose di sempre.

Inoltre, il ruolo dell’informazione si rivela, già al tempo dei canuts di Lione, come fondamentale nell’emancipazione e nella presa di coscienza autonoma della classe sfruttata.

A questo risultato i lavoratori e le lavoratrici pervengono anche grazie alla partecipazione diretta alla costruzione dei fogli di lotta, al coinvolgimento – attraverso idee, canzoni, poesie, lettere, articoli – nel prefigurare già una società nuova, liberata, emancipata, solidale, socialista.

Poco, fino ad oggi, si è dibattuto in Italia sull’eredità canusiana, benché sia evidente non solo l’importanza storica di quelle rivolte, ma soprattutto la nascita di simboli (le bandiere) e mezzi (il primo giornale operaio, la violenza rivoluzionaria) che queste hanno saputo trasmettere alla classe tuttora oppressa.

Umberto Calamita (autore del libro “I canuts di Lione”, Rivolte, solidarietà operaia e repressione nella Francia del 1831-34, Asterios Editore, 2021)

Da Scintilla n. 145 – maggio 2024

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