I Centri per l’Impiego: la burocrazia del mercato della forza-lavoro precaria

Corrispondenza dall’Emilia Romagna
Il sistema pubblico di supporto per la ricerca di occupazione è risaputo essere stato fortemente depotenziato dal pacchetto Treu con la riforma Bassanini nel 1997, misura che ha eliminato le liste di collocamento, a vantaggio del ruolo di nuovi operatori privati adibiti alla attività di mediazione tra lavoratori in cerca di impiego e aziende, ovvero le agenzie interinali.
In seguito il nuovo sistema di collocamento “flessibile”, ” competitivo” e in linea con le direttive europee, è stato aggiornato con il decreto Biagi del 2003, che ha introdotto i contratti di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.
Con la fine del collocamento pubblico e delle liste di collocamento, i centri per l’impiego sono divenuti essenzialmente meri apparati burocratici dediti alla iscrizione dei proletari-utenti alle liste dei disoccupati e alla realizzazione di conseguenti politiche di orientamento per la ricerca nel mercato della forza-lavoro (anche quest’ ultimo aspetto sta venendo gradualmente delegato alle agenzie per il lavoro private).
I cambiamenti più rilevanti riguardo la struttura dei Centri Impiego sono avvenuti nel 2015 con il Jobs Act che ha affidato la gestione dei Centri per l’impiego alle Regioni e alle Province Autonome e infine con il Programma Gol (Garanzia occupabilità lavoro) previsto dal PNRR. Il Gol è un piano di riforma che, nonostante il nome allusivo e altisonante e ben 4,4 miliardi di € di risorse, aggiunge ben poco ai servizi di collocamento e di supporto nella ricerca lavorativa.
Un breve quadro dell’indennità di Naspi. L’indennità di Naspi è stata introdotta anch’essa con il Jobs Act, che ha dato forza all’arroganza e alla prevaricazione padronale con la eliminazione dell’ Articolo 18 e le limitazioni dei licenziamenti alla giusta causa, con il conseguente aumento di licenziamenti e contratti precari.
La Naspi, stanziata con i contributi del lavoratore, sostituisce le indennità di Aspi e Miniaspi che erano state introdotte dalla legge Fornero, che sostituiva a sua volta la disoccupazione ordinaria.
Le erogazioni di denaro, per l’indennità di disoccupazione ordinaria, erano le seguenti: 60% dello stipendio (lordo) precedentemente percepito per 6 mesi; 50% dello stipendio precedentemente percepito per il 7º e l’8º mese; 40% dello stipendio (lordo) precedentemente percepito per i restanti mesi (solo per lavoratori con più di 50 anni di età).
La durata della disoccupazione Naspi invece varia in base alla storia contributiva di ogni lavoratore. Infatti, l’indennità è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane lavorate negli ultimi quattro anni, fino ad un massimo di 24 mesi.
La misura della prestazione è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, se la retribuzione è inferiore a € 1.425,21 per il 2024. Inoltre, se la retribuzione media è superiore al predetto importo di riferimento annuo, la misura della prestazione è pari al 75% del suddetto importo di riferimento sommato al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e il suddetto importo. In ogni caso l’importo dell’indennità non può superare il limite di € 1.550,42.
Per fare richiesta occorre rivolgersi ad un CAF o ad un patronato, oppure è possibile procedere in autonomia sul sito dell’Inps. L’operazione però risulta difficoltosa per numerosi lavoratori, che si trovano quindi applicata la trattenuta sindacale (pari al 3% sull’ importo lordo ) su una indennità spesso misera, con cui è ben difficile far fronte a caro vita, affitti e spese varie, a causa di contributi non pagati dai padroni e paghe da fame, al netto di fatica e tante ore di lavoro.
I beneficiari dei sussidi di disoccupazione sono cresciuti a fino a raggiungere quota 2.835.969 nel 2013, a 2.998.978 nel 2014 e a 3.248.615 nel 2015 per poi scendere a 3.012.576 nel 2016. In effetti solo tra Aspi e Mini-Aspi, nel 2014, i percettori erano 2.098.822; poi, essendosi aggiunta la Naspi nel 2015, sono saliti a 2.426.941 e a 2.071.951 nel 2016. Nel 2017 i beneficiari della Naspi sono stati 1.708.976 (mentre poco meno di 500.000 coloro che hanno percepito la disoccupazione agricola).
Le sanzioni, la condizionalità e il ruolo dei CPI. Con tutte le riforme avvenute da fine anni ‘90 in poi, in particolare con il Jobs Act, si è rafforzato il regime di collaborazione tra Centri per l’ impiego ed Inps, così come il principio della condizionalità delle Politiche attive dei Centri Impiego.
Ciò significa che chi ha diritto a percepire l’indennità di Naspi è tenuto obbligatoriamente a presentarsi presso il centro impiego dopo aver fatto richiesta, così da effettuare l’iscrizione alle liste dei disoccupati. Una volta iscritto, ha il dovere di presentarsi ai successivi colloqui che vengono fissati nel patto di servizio che gli viene fatto firmare. Qualora non si presenti ad un colloquio, la “violazione” è segnalata all’ Inps che provvederà a decurtare un quarto della mensilità di Naspi del disoccupato; al secondo colloquio verrà decurtata un’intera mensilità, mentre al terzo colloquio la Naspi decade. È possibile giustificare un’assenza per malattia o motivi personali con certificato medico solo entro le 24 ore. Vi è poi il problema degli immigrati che hanno difficoltà con la lingua e si ritrovano sanzioni e decurtazioni perchè non comprendono bene come funziona la Naspi.
Il Centro per l’impiego diventa quindi un serio ostacolo burocratico per proletari che si trovano spesso in grosse difficoltà economiche, che hanno da poco perso il lavoro e magari hanno un pesante carico familiare. Inoltre la diffusione dei centri impiego a livello territoriale è tutt’ altro che uniforme e assai poco sviluppati sono i vari sportelli territoriali. In tanti sono obbligati a spostarsi in macchina, se ne sono in possesso, o attraverso mezzi pubblici per raggiungere il centro impiego di riferimento.
Le “politiche attive”. Le “politiche attive” per la ricerca del lavoro sono in buona parte rappresentate da stesura del Curriculum vitae, colloqui di orientamento e monitoraggio Naspi.
Sono quindi incontri dove l’operatore si limita a porre alcune domande generiche al proletario-utente, tipo da quanto tempo eventualmente percepisce la Naspi, se ha svolto nuovi colloqui di lavoro, in che ambito gli piacerebbe lavorare, oppure a scorrere assieme a lui la lista delle offerte di lavoro presenti sul sito del portale lavoro. Qualora il proletario-utente sia interessato e ne abbia necessità, se disoccupato, può iscriversi a corsi di formazione gratuiti; ma anche in questo caso non sono poche le complicazioni: i corsi a disposizione infatti sono pochi, necessitano di un buon numero di iscritti per partire, di rado sono gestiti da agenzie nelle vicinanze e raramente sono disponibili corsi relativi a campi utili per la ricerca di un impiego (come la HACCP). Con la nascita del programma Gol inoltre prima di iscriversi ad un corso occorre un questionario di profilazione, in base alla quale sarà possibile iscriversi a corsi più o meno lunghi, o non iscriversi a corsi se il profilo è già adatto al reinserimento lavorativo.
Numeri gonfiati e storture burocratiche. Esenzioni fiscali per i datori di lavoro, corsi obbligatori con il Gol, questionari per iscriversi ad Apl, iscrizioni a corsi con profilazione, iscrizione stagionali e corsi obbligatori… con le privatizzazioni e la decentralizzazione dei servizi pubblici, anche i Centri impiego devono seguire ottiche di interessi privati, gestiti da dirigenti che necessitano di aumentare i numeri di iscritti e servizi, per farsi belli con le istituzioni politiche e richiedere più finanziamenti.
Ma nei circa 3 milioni di utenti presi in carico dai Centri impiego in un anno, rientrano categorie come i lavoratori stagionali (principalmente del terziario) o gli insegnanti precari, che lavorano per buona parte dell’anno e sono costretti ad aprire la Naspi nei mesi di chiusura di attività e scuole.
Tutte categorie che non traggono alcun beneficio dalle politiche attive, dai corsi (capita che i percettori di Naspi vengano iscritti a corsi di formazione obbligatori) e dai colloqui per la ricerca di un nuovo impiego, dato che torneranno nel precedente posto di lavoro. Così capita che in molti debbano iscriversi ai Centri impiego perché richiesto da futuri datori di lavoro interessati alle esenzioni fiscali, oppure iscriversi al programma GOL perché richiesto loro dalle APL interessate ai finanziamenti europei del PNRR.
Insomma, nel mercato capitalistico della forza-lavoro dominano sempre di più la burocrazia e gli interessi privati, mentre in Italia il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni rimane al 66,3% (56,5% per le donne), oltre dieci punti sotto la media Ue.
Da Scintilla n. 145 – maggio 2024
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