Le analisi critiche sulla Comune da parte di Lenin

Intervento di Umberto Calamita, al Convegno “Per una celebrazione combattiva e unitaria del100° anniversario della morte del compagno V. I. Lenin e del 103° anniversario della fondazione del Pcd’I“, Livorno, 21 gennaio 2024.
Da Prosper-Olivier Lissagaray (autore della Storia della Comune del 1871), giornalista direttamente coinvolto nell’insurrezione parigina e poi fuggito in Belgio e a Londra, arrivano, ancora “a caldo”, dure critiche alla conduzione dell’esperienza comunarda. Nel suo testo, pubblicato a Bruxelles nel1876, Lissagaray analizza alcune delle decisioni prese dal Comitato centrale comunardo, mettendone in risalto taluni limiti. In particolare, dice: “… La Comune nella sua indignazione cieca non vedeva i veri ostaggi che aveva davanti agli occhi: la Banca, l’Ufficio del Registro e del Demanio, la Cassa dei Depositi e Prestiti, etc. La c’erano le ghiandole genitali di Versailles; si sarebbe potuto ridere della sua esperienza, dei suoi cannoni. Senza mettere in pericolo un solo uomo, la Comune non avrebbe avuto altro da dirgli che: ≪Vieni a patti o muori!≫“.
Inoltre, Lissagaray aggiunge: «Il Comitato centrale aveva fatto un grande errore a lasciar scappare l’esercito versagliese; ma ne commette uno cento volte piu pesante. Tutte le insurrezioni serie cominciano col colpire il nerbo del nemico, la cassa. Solo la Comune l’ha rifiutato. Ha abolito le finanze del clero, che era a Versailles, ma e restata in estasi davanti alle casse dell’alta borghesia che aveva tra le proprie mani≫.
Ma già Karl Marx, nell’Indirizzo del Consiglio Generale dell’Associazione Internazionale degli Operai sulla guerra civile in Francia nel 1871, scrive: “La classe operaia non può mettere semplicemente la mano sulla macchina dello Stato bella e pronta, e metterla in movimento per i propri fini. Invece di decidere una volta ogni tre o sei anni quale membro della classe dominante dovesse mal rappresentare il popolo nel parlamento, il suffragio universale doveva servire al popolo costituito in Comuni.
La Comune non doveva essere un organismo parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso tempo. Il primo decreto della Comune fu la soppressione dell’esercito permanente e la sostituzione ad esso del popolo armato…
Questa nuova Comune, che spezza il potere statale [fu] la forma politica finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l’emancipazione del lavoro. Il suo vero segreto fu questo: che essa fu essenzialmente un governo della classe operaia“.
Vladimir Lenin scrive nel 1908 una relazione, comparsa poi sulla Zagraničnaja Gazieta, intitolata Gli insegnamenti della Comune. In Italia è stata pubblicata nelle Opere complete di Lenin, vol. 13,dagli Editori Riuniti, a Roma, nel 1965.
Qui Lenin annota – a proposito della situazione venutasi a creare dopo il ventennio del governo imperiale di Napoleone III – che, dopo la catastrofe della guerra franco-prussiana del 1870, tutti i partiti gridavano alla “difesa della patria”: “L’idea patriottica risale alla Grande Rivoluzione del XVIII secolo; essa domino le menti dei socialisti della Comune, e Blanqui, per esempio, che fu indubbiamente un rivoluzionario e un ardente fautore del socialismo, non trovo per il suo giornale un titolo più appropriato del grido borghese, la patria è in pericolo!
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