Meccanica quantistica: successi e incompletezza

Il recente Nobel a Clauser, Aspect e Zellinger è un riconoscimento per esperimenti tesi a comprovare l’azione istantanea a distanza (nel gergo: “non località”) tra particelle elementari entangled (intrecciate, correlate) e, nel caso di Zellinger, a studiarne le applicazioni per la realizzazione di superveloci computer quantistici e sistemi di crittografia, su cui si accentrano gli interessi di monopoli e potenze imperialiste per ottenere vantaggi economici e militari.

Per altro, gli esperimenti datano 50 anni per Clauser e 40 per Aspect.

L’esistenza di questo entanglement può desumersi sin dal 2025 con l’enigmatico principio di esclusione di Pauli, dove gli elettroni atomici non possono avere la coincidenza dei quattro numeri quantici. In altre parole in un’orbita elettronica  di un atomo possono stare solo due elettroni con spin (moto di rotazione della particella su se stessa) contrapposto.

Nessuno è riuscito a dare una spiegazione razionale dell’entanglement, tantomeno della non località, destinata a convivere con la relatività ristretta, come una unità di opposti. Ricordiamo che per Einstein esiste un limite superiore (la velocità della luce) per la trasmissione di un segnale, e ciò è comprovato da solide basi sperimentali.

Quello della non località è solo l’ultimo dei fenomeni fisici paradossali  della meccanica quantistica (MQ). Ma andiamo con ordine. La teoria dei quanti di luce formulata da Planck nel 1900 per spiegare le leggi sperimentali dell’emissione di onde elettromagnetiche del corpo nero che non si conciliavano con la teoria classica, e ripresa di li a poco da Einstein per spiegare la fotoelettricità, afferma che la radiazione elettromagnetica (tra cui la luce) si propaga con pacchetti di energia dipendenti solo dalla frequenza ciascuno contenuto in un “quanto”. La luce è quindi composta da particelle (fotoni), ma in molti fenomeni si comporta classicamente come un’onda, di modo che le due proprietà della materia (onda e particella) coesistono in quanto unità dialettica di opposti, unità di opposte proprietà.

Si parla di dualismo onda-particella che il grande fisico materialista De Broglie ha esteso nel 1924 a tutte le particelle elementari, successivamente comprovata con esperimenti ottici.

Ma una spiegazione di questo dualismo non può essere offerta se non si riconosce la contraddittorietà e il movimento della materia, della natura stessa, contrariamente al principio di ‘complementarietà’ (Bohr) per cui l’entità fisica è una cosa o un’altra, ma non la loro unità di opposti.

Proseguiamo: sulla base della teoria dei quanti Bohr formulò un modello atomico in cui le proprietà degli elettroni (energia, momento angolare, orientamento magnetico, movimento di spin) sono tutte quantizzate sulla base di una stessa costante già di Planck. L’elettrone, colpito da un fotone di sufficiente energia (se non è sufficiente non succede niente) “salta” su un’orbita più esterna, e viceversa quando l’energia viene emessa. Se ciò spiega come mai l’elettrone, orbitando, non emette continuamente energia, come invece previsto dalla fisica classica, il fatto in se è un mistero. Piuttosto è stata data una spiegazione (vedi la famosa intervista di Angela ad Amaldi) della teoria classica, dove una carica elettrica “grande” è tale da presupporre la transizione tra numeri quantici vicini praticamente infiniti che non permettono quindi di vedere i “salti”.

Il modello atomico a orbite quantizzate d’altra parte ha spiegato le proprietà chimiche di atomi e molecole riducendo la chimica ad una branca della MQ. Un indubbio successo.

Ma di astrusità ce ne sono altre. Una di queste è il principio di indeterminazione di Heisemberg, grimaldello da quel momento per molte elucubrazioni irrazionali. Secondo questo principio che deriva da un lato dalla quantizzazione delle grandezze, dall’altro dalla non eliminabile interferenza dello strumento di misurazione, che agisce esso stesso per via elettromagnetica, è impossibile eliminare una seppur piccola incertezza quando si va a misurare una coppia di grandezze correlate ad una particella, tipo posizione e velocità, ma anche tempo ed energia.

Da questo principio deriva un’interpretazione probabilistica, che rifiuta la ricerca di nessi causa-effetto, delle grandezze associate ad un’orbita elettronica, del concetto di posizione e di tempo, della stessa obiettività della fisica.

Contro questa interpretazione probabilistica dell’infinitamente piccolo insorse innanzitutto Einstein, a cui si associò Schroedinger e De Broglie. Einstein propose il famoso “esperimento mentale” noto come paradosso EPR in cui dimostrò che l’indeterminazione portava alla non località, non compatibile con la relatività. Propose quindi di ricercare spiegazioni profonde, da estendere a tutta la disciplina, giudicata incompleta, per esempio sviluppando l’idea della presenza di variabili nascoste che possano agire ripristinando il determinismo.

Per superare l’empasse De Broglie avanzò l’idea delle onde pilota. Ma la comunità dei fisici, schierata con Heisemberg e Bohr gli mostrò ostracismo e tutta la faccenda fu messa a tacere.

Oggi alcuni fisici riconoscono le ragioni di Einstein (e gli errori della risposta di Bohr).

Dopo una trentina d’anni il fisico David Bohm riprese in mano la diatriba ammettendo la possibilità della non località e ricercandovi una spiegazione sulla base delle onde pilota e del potenziale quantico. La complessa teoria che ne derivò ha un che di fantastico e si prestò, suo malgrado, ad interpretazioni irrazionali prive di ogni aggancio pratico con la realtà.

Il fisico irlandese Bell riprese in mano la questione suggerendo di verificare la non località con un apparato sperimentale, messo a punto dai Nobel 2022, fondato sull’osservazione dell’emissione simultanea da parte di un atomo di calcio di due fotoni in direzioni contrapposte, con dei polarizzatori ad orientamento variabile. Egli predisse per via matematica risultati sperimentali differenti nel caso di comportamenti locali e non locali.

Con questi esperimenti pare, appunto, che  il teorema di Bell sulla non località sia stato provato. La MQ descrive il comportamento dei fenomeni fisici, ma non li spiega. Vi sono ricerche sulle applicazioni pratiche della correlazione a distanza fra particelle, ma ciò non implica che vi sia energia o informazione trasmessa fra particelle a una velocità superiore della luce, cosa impossibile secondo le leggi della fisica.

Come ebbe a dire una mente lucida quale Feynman “la situazione in cui si trova la fisica è orribile”.

La disciplina perdura, per le ragioni esposte al di la di Feynman, da ameno mezzo secolo, in una crisi profonda. Una crisi che fa il paio con la crisi dell’ideologia borghese dominata  ormai dall’irrazionalismo, tipico di un sistema sociale giunto a capolinea.

La conoscenza umana della realtà è progredita immensamente negli ultimi quattro secoli grazie al metodo scientifico, ma è largamente incompleta.

In quanto comunisti non attribuiamo un valore “assoluto” alle teorie scientifiche (la materia ha una profondità illimitata ed è inesauribile, ha una quantità interminabile di aspetti e proprietà e una sua profonda unità), e siamo nemici di ogni dogma.

Ogni passo avanti della scienza, ogni importante scoperta in questo campo è pur sempre un’approssimazione, un avvicinamento alla verità, che richiede l’arricchimento e il cambiamento della forma del materialismo, come affermavano Engels e Lenin.

Ma per fare questi passi occorre un sano ritorno alla mentalità progressista e materialista oltre che all’apertura mentale che solo il metodo dialettico può dare.

Invitiamo i compagni ad intervenire sui problemi sollevati in un campo così complesso.

Da Scintilla n. 128 – novembre 2022

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