Milano: una partecipata assemblea contro la guerra

Si è svolta l’11 giugno a Milano una partecipata assemblea nazionale contro la guerra promossa da forze politiche e sindacali (Fc, Fgc, Lab. Iskra, Tir e Si Cobas).

L’assemblea ha visto decine di interventi di realtà di lotta proletaria, comitati locali, organizzazioni comuniste e rivoluzionarie, oltre a testimonianze e saluti da altri paesi.

Nel corso del dibattito si sono registrate convergenze di analisi sul carattere della guerra in Ucraina, sul fatto che il proletariato non deve schierarsi dalla parte di nessuna delle potenze imperialiste e capitaliste in conflitto fra loro, sulla funzione del ”multipolarismo” e sulla necessità della lotta al “nostro” imperialismo e al suo governo di estrema destra che coinvolge sempre più il nostro paese nella guerra imponendo pesanti sacrifici alle masse lavoratrici.

Dall’assemblea sono scaturiti impegni per dar vita a una stagione di mobilitazione di classe e internazionalista contro la guerra, il militarismo, le basi militari, assieme al percorso di costruzione di uno sciopero generale.

Di seguito il nostro intervento. 

Un saluto alle compagne e ai compagni presenti. Siamo qui per ascoltare le analisi e le proposte che emergono dagli interventi, per apprendere dalla viva esperienza della lotta di classe che si sviluppa nel nostro come in altri paesi, e per offrire un piccolo contributo al dibattito.

I drammatici sviluppi della guerra in Ucraina rendono ancora più evidente il suo carattere di guerra di ripartizione inter-imperialista, che abbiamo denunciato fin dal primo momento.

Una guerra di lungo periodo che si combatte sulla pelle dei proletari e dei popoli che vivevano e lavoravano affratellati quando esisteva uno Stato socialista degli operai e dei contadini.

Dobbiamo comprendere che questa guerra è espressione dell’aggravamento delle più importanti contraddizioni della nostra epoca, in particolare, la contraddizione fra potenze imperialiste e gruppi finanziari che lottano fra di loro per una nuova divisione del mondo e delle sfere di influenza, per il controllo dei mercati, delle materie prime, delle rotte energetiche, etc.

Chi conduce la guerra sono, da una parte e dall’altra, le classi dominanti, borghesi: è perciò una guerra reazionaria, ingiusta fra classi sfruttatrici, fra i monopoli occidentali e russi, i cui costi sono scaricati sulla classe operaia e le masse lavoratrici.

La c.d. controffensiva ucraina – che in realtà è pianificata, organizzata e diretta da USA e dalle altre potenze occidentali le quali hanno fornito ingente supporto militare, di addestramento ed economico –  è una nuova tappa di questo conflitto  in cui si rafforza la tendenza all’intensificazione della guerra (un’escalation che va dagli aerei F-16, alla distruzione delle dighe fino al possibile utilizzo di armi nucleari tattiche), al continuo ampliamento del teatro di guerra (il fronte in Ucraina ormai supera i 1000 km, ma va ben oltre: dal Baltico al Mar Nero, dalla Russia alla Polonia), allo spostamento di ingenti truppe da combattimento NATO ai confini della Russia (particolarmente in Estonia e Lituania dove si terrà a luglio il prossimo vertice NATO), allo sviluppo della corsa alle armi e della militarizzazione dell’economia e della società, particolarmente dei giovani proletari.

È una guerra fra USA/Nato/Ue e Russia che diviene sempre più “industriale”, come ha recentemente dichiarato il commissario europeo Breton.

Dentro questo scenario agisce l’imperialismo italiano, rappresentato dal governo Meloni, direttamente impegnato a sostenere il regime ultrareazionario di Zelensky “a 360 gradi per tutto il tempo necessario”, con pacchetti di aiuti militari, finanziari, sanzioni, con truppe speciali, satelliti, etc.

La lotta al “nostro” imperialismo, che ambisce di rimanere nel gruppo di testa dei briganti mondiali, di mettere le zampe nel piatto della ricostruzione dell’Ucraina, trascinando sempre più i lavoratori nella guerra, è una priorità per ogni sincero comunista, per ogni rivoluzionario, per ogni antimperialista, per ogni antifascista, per ogni amante della pace e della libertà.

Malgrado la propaganda bellica a reti unificate, sappiamo, perchè lo vediamo nei posti di lavoro, nei quartieri popolari, che c’è un ampio sentimento tra i lavoratori a favore della pace, contro l’invio di armi in Ucraina, che esprime un principio di protesta e di indignazione, un embrione di coscienza del carattere reazionario della guerra, dei suoi rischi crescenti. Non si traduce ancora in movimento di lotta a causa della debolezza del fattore soggettivo.

Dobbiamo saperci appoggiarci su questo stato d’animo, per suscitare e allargare un movimento di opposizione alla guerra.

Nella situazione attuale la parola d’ordine è la lotta per la pace, che significa lotta contro l’invio di armi, contro il coinvolgimento dei lavoratori nella guerra, contro le sue ripercussioni sulla classe operaia e le masse popolari, per l’uscita dalla NATO e la cacciata delle basi USA.

Lo sviluppo di una vasta opposizione alla guerra ci pone alcuni compiti.

La conseguenza della guerra è l’assalto alle residue conquiste e diritti della classe operaia. Gli operai sono colpiti dall’aumento dello sfruttamento, da ritmi e carichi di lavoro massacranti, dal carovita, dalla repressione, dal taglio dei servizi sociali per dedicare quote crescenti del bilancio statale alla spesa militare.

Perciò è necessario legare strettamente nella propaganda, nella agitazione, nella azione politica e in quella sindacale, la lotta alla guerra alla lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro, per un forte aumento dei salari, per la difesa del posto di lavoro, per le libertà operaie, per i fondi alla salute, alla sicurezza sul lavoro e nel territorio, alle pensioni, alla scuola, non per fare la guerra!

In secondo luogo, dobbiamo saper coordinare la lotta contro la guerra, alla lotta contro la reazione politica e la militarizzazione della società che colpisce particolarmente la gioventù.

Inoltre, è indispensabile condurre una lotta ideologica e politica contro lo sciovinismo, una maschera dietro cui ci sono i famelici interessi dei monopoli capitalistici, come Leonardo, Enel, Eni, contrapponendogli l’internazionalismo proletario, lo sviluppo della solidarietà con i proletari di tutti i paesi.

Auspichiamo che dall’assemblea odierna possa scaturire un appello su una chiara piattaforma di lotta che favorisca l’avvicinamento e la collaborazione delle forze proletarie e popolari che si oppongono alla guerra, per proiettarci  verso una mobilitazione nazionale nel prossimo autunno, come momento di sintesi del lavoro svolto e di rilancio della lotta contro il governo della guerra, della miseria e della reazione.

Si è parlato di sciopero generale. Non si tratta di fissare una data, ma di favorire un processo di lotta unitario. Va trovata la chiave per ampliare la partecipazione a questo percorso, pensiamo ad un’assemblea nazionale dei delegati di base, delle lavoratrici e dei lavoratori, dei sindacalisti combattivi.

Infine compagne e compagne, bisogna capire che la guerra acutizza tutte le contraddizioni ponendo compiti nuovi che non possono essere risolti senza adottare una teoria e una pratica rivoluzionaria, senza una direzione politica all’altezza della situazione.

Nell’immediato, come è scritto sullo striscione che è qui davanti, occorre unire le forze. Avanziamo uniti mentre procede anche nel nostro paese il risveglio della classe operaia. Stringiamo le fila nella lotta contro il sistema capitalista-imperialista che genera inevitabilmente la guerra!

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