No all’ingerenza imperialista e all’intervento militare in Niger e negli altri paesi africani!

I colpi di stato in Niger e  in Gabon confermano il fatto che la guerra in Ucraina ha reso più visibile e stridente la lotta fra imperialisti per il dominio e la spartizione di altre aree.

Vecchi e nuovi briganti si inseriscono in questi sviluppi cercando di espandere la propria influenza economica, politica e militare, sollevando ipocritamente l’argomento della difesa della democrazia e della libertà dei paesi africani, criticando i colpi di stato che invece sostengono e organizzano in altri paesi (vedi le rinnovate relazioni del governo italiano con il golpista egiziano Al Sisi).

Ma veniamo al Niger, uno dei paesi più poveri del mondo, nonostante le sue risorse di uranio e oro e petrolio, una ex colonia e successivamente una neo-colonia francese fino al recente colpo di stato.

Come nel Mali e nel Burkina Faso, le bandiere russe sono state sventolate durante le manifestazioni in Niger.

Per i capifila dell’imperialismo francese e dei paesi dell’Unione europea maggiormente impegnati nel Sahel, come la Germania e l’Italia, questa sarebbe la prova che i manifestanti vengono strumentalizzati dalla Russia.

È del tutto ovvio che la Russia imperialista stia cercando di approfittare delle difficoltà dell’imperialismo francese per espandere la propria influenza in Africa e prendere il controllo delle ricchezze naturali d’ogni tipo del Niger, come già di altri paesi del continente.

Insieme a ciò, è altrettanto ovvio che la Russia reagisce alla pressione militare ed economica esercitata su di essa attraverso la NATO e le sanzioni economiche dei paesi del gruppo imperialista occidentale, con il tentativo di indebolire una delle potenze dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica che sono alla testa della politica di guerra che si sviluppa in Ucraina.

Gli avvenimenti in Niger sono un esempio concreto della lotta imperialista per ridividere i mercati e le zone d’influenza, in pieno svolgimento nel continente africano.

Allo stesso tempo sono il riflesso dei contrasti acuti fra le varie fazioni di borghesia che avvengono in Africa.

Gli imperialisti francesi che stanno perdendo terreno in Africa (per ultimo nel Gabon, dove un colpo di stato militare ha spodestato la dinastia dei Bongo) tentano di aizzare i leader dei 15 paesi aderenti alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS, Economic Community of West African States), almeno quelli che rimangono loro alleati, non solo per organizzare un blocco economico, finanziario e commerciale  del Niger, un paese, occorre ricordare, senza sbocco sul mare, ma anche per preparare un intervento militare congiunto, il cui principio discusso all’inizio di luglio in un vertice dell’Ecowas sotto l’attuale presidenza della Nigeria, sarebbe quello di “porre fine ai colpi di stato” in questa parte dell’Africa.

Le prime e più importanti vittime di questo blocco non potrà che essere il popolo nigerino, sia nelle città che nelle campagne.

L’imperialismo francese e i suoi alleati dell’Unione europea non accettano che il loro “alleato” Niger, il “partner privilegiato dell’Unione europea nel Sahel”, stia prendendo le distanze da essi.

Ma può ben tuonare il presidente francese Macron che “non tollererà un attacco alla Francia e ai suoi interessi e risponderà immediatamente e senza sosta”. Egli è ben consapevole che un intervento militare diretto potrebbe provocare una fiera reazione da parte del popolo del Niger, aumentare la resistenza alla presenza dell’imperialismo francese in altri paesi della regione e incontrare una decisa opposizione nella stessa Francia.

Intanto, la “situazione della sicurezza”, cioè la presenza e gli attacchi di gruppi jihadisti, continua ad essere drammatica, nonostante siano acquartierati in Niger nelle loro basi 1500 soldati francesi, le forze speciali statunitensi con i loro droni, gli istruttori tedeschi e i militari italiani, che fanno proprio della presenza jihadista il pretesto della loro attività volta a perpetuare il dominio neocoloniale in Africa.

L’imperialismo italiano e i suoi interessi in Niger

Nel corso degli ultimi anni l’Italia ha inviato nel Niger quasi 500 militari, nell’ambito di tre missioni europee e bilaterali: oltre alle truppe, sono presenti in quel paese più di un centinaio di mezzi militari e alcuni velivoli, con il compito ufficiale di controllare il territorio, monitorare  le frontiere, addestrare l’aeronautica locale  e svolgere  attività di formazione a forze di sicurezza e istituzioni nigerine.

Dopo il ritiro forzato dal Mali e successivamente dal Burkina Faso delle truppe militari francesi dell’operazione Barkhane, il governo italiano batte la grancassa dell’insufficiente impegno militare dell’Italia nel Sahel per farne il proprio bastione nell’area.

Predica quindi di “partecipare di più” alle missioni nel continente africano, oltre i meri compiti di consulenza, assistenza e supervisione nella lotta al terrorismo fino a quando le forze militari e di polizia locali non sarebbero in grado di operare autonomamente.

La presidente del consiglio quando declama dinanzi alla pubblica opinione di avere l’obiettivo di combattere l’insicurezza e fermare il flusso migratorio (in realtà il governo sta attuando una gestione criminale dei flussi e della accoglienza, allungando i tempi di soccorso sovraffollando gli hotspot  e attaccando le Ong), non si discosta affatto da quanto andavano sostenendo farisaicamente i governi borghesi che l’hanno preceduta.

L’imperialismo italiano vuole farsi spazio in Africa, in particolare nel Sahel,  sotto il mantello dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica, rispondendo all’attivismo della Cina nel continente, profittando all’occasione delle difficoltà incontrate dall’imperialismo francese, suo più immediato rivale.

Per la sua promozione, l’Italia viene dipinta come un corridoio “naturale” per il transito delle ricchezze africane dall’Africa all’Europa continentale.

I gruppi industriali-finanziari più aggressivi esercitano tutta la loro sovranità sullo stato borghese, ottenendone le commesse redditizie per la costruzione di reti di trasmissione di materie energetiche e per i progetti infrastrutturali annessi. Per di più,  lo sviluppo che si annuncia  di un programma nucleare nazionale per la produzione di energia elettrica fa dei gruppi monopolisti dell’energia i più interessati all’uranio africano.

Tutto questo avviene sotto il mantello  della “cooperazione allo sviluppo” e del contrasto “ai traffici illegali”.

In conclusione, se i popoli non hanno nulla da guadagnare sostenendo l’una o l’altra delle potenze imperialiste, per noi, in casa nostra, questo significa anzitutto denunciare l’imperialismo italiano ed esigere il ritiro immediato delle sue truppe inviate all’estero (sono ben 17 le missioni militari italiane in Africa).

No al blocco criminale che minaccia il popolo nigerino!

No all’ingerenza imperialista e all’intervento militare in Niger e negli altri paesi africani!

Da “Scintilla” n. 137 (settembre 2023)

 

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