Scienza e moderno revisionismo

Il senso comune irrazionale instillato da molto tempo nelle masse  fa il paio con la negatività (tra scetticismo e aperta opposizione) nei confronti della scienza. Anche il dubbio sulla scienza (ma meglio sarebbe dire sulle scienze) è di vecchia data e cortocircuita un intero campo di studio noto come “epistemologia”: disciplina di riflessione critica attenta e fondata sui risultati scientifici e sulle loro interpretazioni.

La scienza non è un blocco unico, ma suddiviso in due categorie fondamentali: scienze naturali e scienze sociali. Inoltre ci sono le discipline logico-matematiche che non hanno tutti i caratteri scientifici delle scienze naturali (non sempre sono sottoposte, per esempio, alla teoria del riflesso).

E’ ben vero che alle scienze naturali va collegato il loro utilizzo in termini di tecnologia e che questa viene sussunta dal capitale per sviluppare le forze produttive sue e della società da questo dominata. E che lo sviluppo della tecnica ha fornito e fornisce nuovi e potenti mezzi di indagine e conoscenza del reale (vedi gli acceleratori di particelle, o i telescopi elettronici).

In questo senso le scienze naturali fanno parte delle forze produttive e quindi della struttura della società. Ma è una falsità identificare scienza e tecnologia senza cogliere un profondo rapporto dialettico tra due entità distinte.

Chiariamo la cosa con un paio di esempi.

Il metodo sperimentale inizia con Galileo che demolisce la scolastica aristotelica (le leggi del pendolo, della caduta dei gravi, il principio d’inerzia) e getta le basi per la meccanica newtoniana e per la conferma, attraverso la terza legge di Keplero, del sistema copernicano. Ben prima (almeno un secolo) dell’utilizzo della meccanica come tecnologia attraverso la macchina a vapore. Galileo non si avvalse della tecnologia (p. es. contava il tempo con i battiti del polso), bensì del nuovo ambiente culturale rinascimentale e dell’influsso dei primi filosofi materialisti tra cui Francesco Bacone che preconizzava di smetterla con la disquisizione e di iniziare a leggere “il gran libro della natura”.

Altro esempio: la relatività generale di Einstein non ha servito allo sviluppo di alcuna tecnologia.

Certamente la prima rivoluzione industriale e le successive hanno stimolato nell’800 lo sviluppo impetuoso, oltre che della meccanica, anche della chimica e dell’elettrologia. Ma anche qui dobbiamo porre attenzione alla non esistenza di un nesso meccanico: se la termodinamica, Kelvin e Carnot, ne furono il prodotto, Lavoisier, Mendeleiev, Miciurin, Volta, Linneo, Darwin, Ampere, Faraday, Maxwell, Boltzmann, Einstein non lo furono, almeno direttamente.

Alle scienze naturali prestarono attenzione Marx e soprattutto Engels. Quest’ultimo, pur non essendo uno specialista nel campo, ne fece il punto nella “dialettica della natura” inglobando le acquisizioni scientifiche nel materialismo dialettico.

Engels, e successivamente Lenin, posero mano all’interpretazione dei risultati scientifici combattendo a fondo l’ideologia idealista nelle sue varianti. Se il materialismo trovava nei risultati delle scienze naturali l’emersione della conoscenza progressiva della materia esistente indipendentemente dai nostri sensi e dal nostro cervello, la dialettica interpretava risultati successivi che approfondivano il livello delle conoscenze, anche quando contraddicevano teorie consolidate, come la presenza dell’etere luminifero. Non ci addentriamo qui in questo difficile campo.

Più complesso il caso delle scienze sociali: economia, sociologia, pedagogia, psicologia …

Già Stalin annotava (1) la fondamentale differenza per cui alcune leggi dell’economia, pur continuando ad essere leggi oggettive, non sono eterne, anche se non sono ne create, ne abolite. Queste branche non si possono assimilare alle forze produttive: non si prestano a svilupparle come tecnologie e non trovano alcun giovamento dallo sviluppo della tecnologia. Sono inoltre sottoposte alla lotta delle idee, alla lotta di classe. Fanno parte della sovrastruttura. Sono fortemente influenzate o addirittura determinate dalle ideologie e le influenzano pesantemente. A volte sono vere e proprie ideologie (o ne fanno parte) che pretendono una loro oggettività, una loro scientificità.

Ad esempio nel campo dell’economia il marginalismo è sorto per combattere Marx e la teoria del valore. Keynesismo e monetarismo, pur essendo teorie opposte che la borghesia utilizza a seconda della congiuntura, ciascuna pretende di essere la verità, pur senza dimostrazioni. Allo stesso modo non esiste una pedagogia: Il grande Makarenko e Dewis danno delle prescrizioni opposte: l’educazione del collettivo e l’individualismo sfrenato: esse riflettono la lotta di classe e sono da questa utilizzate come armi. Questo non significa che l’economia classica, che Marx sviluppò, non abbia un carattere scientifico. Ma la teoria del plusvalore è teoria e spiegazione dello sfruttamento, e non può essere accettata dalle classi sfruttatrici.

Un cenno anche al campo della logica e della matematica. E’ ben vero che esse hanno delle origini materiali: la necessità di misurare l’estensione delle proprietà agricole nel caso della geometria, e di contare con particolare riferimento alle dieci dita delle mani nel caso dell’aritmetica. Ma esse ricercano una coerenza logica all’interno di assiomi di partenza ed arrivano, anche con metodi differenti, a risultati incontrovertibili. Ma non sempre riflettono una realtà oggettiva indipendente dal pensiero. Tuttavia, poiché le scienze naturali fanno largo uso di queste discipline e poiché si sono prestate (sistema binario e algebra di Boole) alle tecnologie computazionali ed informatiche una volta che l’elettronica ha sviluppato i microprocessori, esse sono assimilabili alla struttura. Su un teorema geometrico, p. es. di Pitagora, non esiste lotta delle idee e nemmeno lotta di classe.

Tutte queste specifiche e precisazioni si rendono necessarie se si vuole capire fino in fondo la convergenza a cui sono approdati il moderno revisionismo, quale politica della borghesia nel movimento operaio, e il postmodernismo, tendenza filosofica tesa alla negazione del progresso e del razionalismo, sviluppata direttamente dalla borghesia che da tempo ha dismesso ormai ogni funzione progressiva e progressista per essere immessa nel senso comune.

Con le vie nazionali al socialismo e con l’idea di “partito nuovo”, teorizzate apertamente da Togliatti all’8° Congresso del PCI, ma praticate già da prima, questi aveva imbarcato una quantità di intellettuali portatori di idee estranee al marxismo-leninismo e al materialismo dialettico, e dato il via libera all’inglobamento diretto di tali idee, anche da parte di militanti non dell’ultima ora.

Già nel 1948 in un seminario alla Casa della Cultura a Roma Emilio Sereni affermò:

La scienza ci si presenta sotto un altro aspetto, non solo pratico, ma teorico, ideologico: cioè come forma particolare di coscienza di una determinata società e di un determinato gruppo sociale”.

Tradotto: la scienza è di classe, è una sovrastruttura. Ecco il risultato dell’aver messo tutto in un unico calderone: scienze naturali e sociali, metodo scientifico e obiettività dei dati scientifici con la loro interpretazione, ignorando il pensiero dei classici (in particolare Engels e Lenin) che pur si sono espressi con forza contro simili assurdità.

Non è ancora l’attacco alle forze produttive e all’idea che queste sono fattore di sviluppo della società umana. Questo attacco il PCI lo lascerà fare ad altri, ma intanto la porta si è aperta. Al momento è solo un volersi “distinguere” e “liberare dai dogmi e dai canoni” del DIAMAT (2) che subito dopo la morte di Stalin verrà messo all’indice come testo che “avrebbe ucciso un dibattito”. E verranno i Della Volpe, i Vacca e tanti altri, persino il Geymonat che pure si dichiarò per la difesa del materialismo dialettico, una volta tolti di mezzo i “dogmi”: verranno per “approfondire”, “correggere”, “specificare”, e perché no? distorcere e occultare.

La contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione quale interpretazione generale dei fatti economici, tra cui le crisi periodiche del capitale, contraddizione che porta alla ribalta della storia la radicalizzazione dello scontro di classe tra proletariato e borghesia è occultata. Il suo posto è preso dalla lotta per le “riforme di struttura”.

La riportiamo in citazione da Marx:

nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale.” (3)

In campo proletario, oltre al PCI, un lavoro intenso contro il materialismo dialettico, venne svolto in quegli anni dagli intellettuali socialisti: Basso, Panzieri, Morandi, Lombardi e altri.

Alla fine degli anni ’60 il terreno è pronto per l’attacco generalizzato al materialismo dialettico nel campo delle scienze. In quello politico l’attacco al marxismo-leninismo era in atto da più di dieci anni. Le fondamentali posizioni di Lenin e Stalin, ma anche di Engels, sul carattere progressivo delle scienze naturali e sulla tecnologia da prendere e porre al servizio del proletariato vengono ignorate o attaccate. Le riportiamo in riquadro come citazioni, per fugare ogni dubbio, specie per i giovani compagni.

Cominciò l’ultimo Bordiga. Nel giornale del suo gruppo “il Programma Comunista” (4) comparve un articolo dal titolo “Marx e scienza borghese”. Significativamente, un paragrafo è dedicato all’ “oscurantismo scientifico”. Vi si possono leggere amenità tipo “la scienza del cervo”, “la scienza del coniglio” o della “volpe”. Si parla di “progresso scientifico come uno dei grandi alibi della borghesia”; di “metodo scientifico (che) non sfugge alla determinazione sociale (!) nella misura in cui (qual è questa misura?) l’ideologia della classe dominante interviene sul lavoro teorico”. Ma non si cita un solo esempio delle scienze naturali in cui questo è avvenuto. Evidentemente il riferimento è all’interpretazione ad uso ideologico dei dati scientifici, confondendo ancora una volta struttura con sovrastruttura. Significativamente non viene citato alcun classico. Ma il danno è fatto con il segnale che lancia (e che arriva, anche se allora non c’era Internet): “scienza borghese e scienza proletaria”!

Naturalmente alcuni risultati della meccanica quantistica e dell’astronomia – discipline a detta di Einstein e Schroedinger largamente incomplete – (ritorneremo in altri articoli) si prestano ad un uso ideologico indeterministico o addirittura oscurantista. Ma dobbiamo distinguere tra oggettività dei risultati, anche quando sono “strani” (che vuol dire che non sono definitivi e che vi sono delle cause per queste stranezze, come l’interferenza dei mezzi di osservazione), e teorie che li interpretano che possono essere incomplete o addirittura sbagliate. E’ successo più volte nella storia delle scienze naturali, vedi il già menzionato etere luminifero.

Il danno si manifesta con l’apertura di una porta dove ormai entra l’idea che “la scienza non è neutra”, e dove branche scientifiche, dati oggettivi e non, teorie sono messi in un tutto unico. In alcune interpretazioni estensive si arriva a parlare erroneamente di “dittatura della scienza”. Non esiste alcuna dittatura della scienza. La dittatura è e rimane della borghesia che usa tutto quello che può trarre dalle scienze a suo uno e consumo, nello sviluppo delle forze produttive e nell’ideologia, anche distorcendo dei risultati, e che, con i suoi potenti mezzi finanziari, sviluppa in maniera difforme gli ambiti di ricerca. Ma non esiste alcun “metodo scientifico borghese” che soddisfi i canoni che l’epistemologia si è premunita di dare per validare l’oggettività di un dato e  di una teoria (anche qui approfondiremo).

Diversamente, pensare che esista un metodo scientifico non oggettivo, significa ricadere pesantemente nell’idealismo, significa sostenere che le idee producano la realtà, con Engels e Lenin che si rivoltano nella tomba.

Comune nelle argomentazioni contro la scienza che giungono a mettere in discussione fino a negare l’obiettività dei risultati scientifici è l’opposizione del materialismo storico al materialismo dialettico. (5) Lo sviluppo storico e le forze produttive determinerebbero l’impresa scientifica e “sussumerebbero” i suoi “opinabili” risultati. Una tesi contraria al materialismo storico perché, messa così, è puro meccanicismo, come abbiamo evidenziato con esempi. Inoltre viene contrapposto sia Marx ad Engels e Lenin, sia il Marx giovane al Marx maturo, citando spesso l’introduzione del ’57 a “per la critica dell’economia politica” ma occultando la prefazione che abbiamo invece riportato.

Non è difficile capire la convergenza, seppur in ultima analisi, tra revisionismo, attacco alla scienza postmodernismo borghese. Tutti uniti per negare la rivoluzione proletaria, devono nascondere alle masse la comprensione razionale del mondo in cui viviamo in cui la rivoluzione proletaria è necessità storica per la liberazione degli oppressi dalle catene in cui sono imprigionati, catene fornite dalla società borghese decadente per l’esaurimento della funzione storica della classe dominante.

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Lenin

L’emancipazione della classe operaia esige che essa si appropri pienamente della scienza del nostro secolo. Deve soccorrerci l’arma della ragione. Tra i molteplici strumenti di questo arsenale la teoria della conoscenza e la dottrina della scienza” … “La nostra è la verità materiale, fisica o empirica, delle scienze esatte, che intendiamo dapprima conoscere, e poi applicare conseguentemente alla realtà” … “Marx per primo ha compreso che il bene dell’uomo in generale nel suo complesso non viene da un politico illuminato, ma dalla forza produttiva del lavoro sociale” (6)

Per scacciare l’idea che Lenin si sia limitato a trascrivere Ditzgen nei suoi appunti, senza approvarne il contenuto, proseguiamo con citazioni dirette

E’ necessario assumere tutta la cultura che il capitalismo ci ha lasciato, e sulla base di essa costruire il socialismo. E’ necessario prendere tutta la scienza, tutta la tecnica, tutto il sapere, l’arte” (7)

La possibilità di costruire il socialismo dipende proprio dal successo che avremo nel combinare il potere sovietico e l’organizzazione sovietica dell’amministrazione con le più recenti conquiste del capitalismo. In Russia dobbiamo organizzare lo studio e l’insegnamento del sistema tayloristico e cercare sistematicamente di adattarlo ai nostri fini” (8)

Stalin

…Il compagno Stalin sostiene che il compito decisivo consista oggi nell’assimilazione della tecnica e nello studio della scienza” (9)

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 NOTE

  • Problemi economici della costruzione del socialismo in URSS
  • Ossia lo scritto di Stalin “del materialismo storico e del materialismo dialettico”. Il livore contro questo classico deriva in realtà dal fatto che qui Stalin fa derivare dalla contraddizione forze produttive – rapporti di produzione la posizione rivoluzionaria del Partito.
  • Dalla prefazione a “per la critica dell’economia politica”.
  • Il programma comunista n 21-22 1968 rintracciabile sulla rete. Non è a firma di Bordiga (che non firmava nulla). Ma a quel tempo era ancora in vita ed è impossibile, se non era di suo pugno, che non lo avesse approvato.
  • Il libro di Baracca-Rossi “marxismo e scienze naturali” – De Donato 1974 è interamente dedicato all’attacco al materialismo dialettico utilizzando un distorto materialismo storico. Diamo una citazione tra le tante “…Comprendere lo sviluppo delle scienze e i livelli della sua integrazione nel processo produttivo, ma che il materialismo dialettico si limita a giustificare sulla base del mero approfondimento della dialettica dei vari livelli della natura, finendo così per legittimare qualsiasi linea di sviluppo, precludendosi ogni possibilità di comprendere le radici profonde a livello sociale e disarmando così su un fondamentale fronte di lotta (p.73) Ma quando mai i comunisti hanno rinunciato a criticare e il modello di sviluppo borghese e le sue distorsioni? P. es. il modello di sviluppo fondato sulla mobilità privata? E che c’entra questa critica socio-economica con l’episteme scientifico?
  • Dietzgen citato da Lenin nei Quaderni Filosofici Editori riuniti, 1970 citazioni a pag 407,416,419. Dietzgen era un operaio comunista autodidatta che fece un’elaborazione simile a quella di Engels e per il quale Marx ebbe un’ammirazione immensa.
  • Lenin, discorso tenuto a Leningrado il 13-3-1919.
  • Lenin da “questioni dell’organizzazione socialista dell’economia” citato in nota a p. 31 nel già richiamato testo di Baracca-Rossi.
  • Citato da Judin ne “il marxismo-leninismo nella cultura”. Dal libro di Silvano Tagliagambe “scienza filosofia politica in Unione Sovietica 1924 1939” Feltrinelli 1978 p. 379.

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