Si aggrava la crisi climatica

Gli scorsi mesi di luglio e di agosto sono stati fra i più caldi di sempre. Temperature fino a 47-48 gradi in Sicilia e Sardegna, zero termico oltre i 5.300 metri ad agosto (normalmente è a 3.500 metri), centinaia di incendi, posti di lavoro surriscaldati come forni, con aumento del numero dei morti sul lavoro.
Ma c’è ancora chi continua a negare il cambio climatico, a tutto beneficio delle aziende che continuano ad emettere gas serra per i loro profitti.
Non sono solo fattori economici come l’inflazione e il costo della vita a rendere insopportabili le condizioni di lavoro e di vita della classe operaia e delle masse popolari. Impoverimento dell’ozono, scioglimento dei ghiacciai, inondazioni, siccità, incendi boschivi, diminuzione della fertilità del suolo, tempeste, uragani, trombe d’aria, grandinate eccezionali, frane, etc., stanno sempre più deteriorando le condizioni ambientali in cui i lavoratori producono e vivono, creando situazioni che si spingono oltre i limiti della tolleranza.
Il saccheggio delle risorse naturali per l’avidità di profitto, l’emissione di gas velenosi da parte di impianti industriali per lo stesso motivo, l’inquinamento di mari e fiumi con i loro rifiuti, la deforestazione e la cementificazione, sono tutte manifestazioni della distruzione della natura da parte dei monopoli e degli stati capitalistici. L’accumulazione di capitale e lo sviluppo del capitalismo si basano sull’alienazione del lavoro e sulla distruzione della natura.
Sotto la pressione dei lavoratori e dei popoli, gli stati capitalisti sono stati costretti a concordare in summit annuali dei limiti “accettabili” (del tutto insufficienti) dell’inquinamento della natura da parte dei diversi paesi, al fine – così dicono – di adottare misure per proteggere l’ambiente e frenare l’aumento della temperatura del pianeta.
Ma governi come quelli che si succedono negli USA non riconoscono questi limiti e il loro “diritto a inquinare la natura” è diventato una merce da comprare e vendere.
Anche in Italia la logica è la stessa, con governi, come quello di Meloni, che non sganciano un euro per i disastri ambientali, la prevenzione, la manutenzione, etc. (per la guerra invece i fondi si trovano sempre), ma pensano solo a emanare leggi e leggine per cancellare le responsabilità di chi deve gestire le emergenze.
Come se la distruzione della natura non fosse il risultato diretto dell’accumulazione di capitale e della legge del profitto capitalistico, gli stati borghesi e le organizzazioni capitaliste-imperialiste internazionali (come la Banca mondiale) hanno inventato negli ultimi anni “l’energia verde” e il “capitalismo verde” quali soluzioni.
Ad esempio, l’industria che produce veicoli elettrici utilizzando batterie agli ioni di litio viene presentata come un’alternativa ecologica. Ma l’estrazione del litio dalla terra richiede enormi quantità di acqua. Per produrre una tonnellata di litio è necessario un milione di litri d’acqua. La regione di Jujuy in Argentina, ad esempio, dove si produce il litio, riceve solo 100 millimetri di pioggia all’anno e l’uso intensivo di acqua dolce sta costringendo le comunità locali dei piccoli produttori agricoli a migrare.
In quanto comunisti non siamo contro le energie rinnovabili, ma la promessa del “capitalismo verde” che porta all’espropriazione delle popolazioni e all’inquinamento della loro terra e delle loro acque è solo una crudele beffa.
È impossibile proteggere l’ambiente senza sfidare direttamente il sistema capitalista-imperialista responsabile della distruzione della natura.
La crisi climatica in atto è un aspetto della crisi generale del capitalismo, che si sta aggravando su tutti i piani.
Finché vi sarà la borghesia al potere nulla di sostanziale cambierà, perché qualsiasi strategia che riduca i profitti non può essere considerata un’opzione praticabile, e ciò include qualsiasi azione reale sul clima.
La classe dominante non può abbandonare il capitalismo e le sue leggi, neanche per fermare la minaccia esistenziale del cambiamento climatico.
Spetta al proletariato, ponendosi con la lotta alla testa dei suoi alleati, risolvere questo compito storico-universale.
Solo il passaggio al socialismo, un sistema nel quale i mezzi di produzione sono di proprietà sociale e l’economia pianificata, potrà fermare quanto in atto e gradualmente ripristinare gli equilibri naturali, con piani di riassetto delle attività produttive e del territorio a cui dedicare le risorse necessarie e quindi salvare l’umanità dal disastro in cui la sta conducendo il capitale.
Perciò è necessario battersi, opporsi, denunciare, lottare uniti con tutte le forze che rivendicano un cambiamento urgente e radicale della situazione, il che implica la rottura rivoluzionaria con il sistema vigente e la sua sostituzione con un nuovo e superiore ordinamento sociale.
Da “Scintilla” n. 137 (settembre 2023)
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