Sviluppi della politica di guerra dell’UE

Dallo scoppio della guerra interimperialista in Ucraina ad oggi abbiamo analizzato e denunciato la politica guerrafondaia del blocco USA/Nato, e del governo italiano in particolare, così come messo in evidenza il ruolo svolto dalla Russia e dalla Cina imperialiste.

È però necessario prestare la dovuta attenzione all’attività di un altro grande attore imperialista che negli ultimi quindici mesi ha giocato una parte crescente, e per alcuni versi inaspettata, nel quadro bellico: l’Unione europea (UE) dei monopoli.

L’UE, che fin dal 2014 aveva appoggiato Kiev e stabilito limitate sanzioni per l’annessione della Crimea,  ha visto nell’invasione russa all’Ucraina l’occasione per adottare una politica di scontro con la Russia a più livelli: economica, militare, giuridica, ideologica (liberaldemocrazia contro autoritarismo).

Non si è limitata dunque a condannare formalmente la c.d. “operazione speciale” di Putin e a seguire passivamente gli USA, ma – sotto la direzione dell’asse franco-tedesco e con la spinta dei paesi membri orientali – ha liquidato in pochi mesi le politiche di apertura ad est (eredità della Ostpolitik), superato le esitazioni e messo in campo una serie di misure contenute in dieci pacchetti di sanzioni e in provvedimenti di aiuto al regime ultrareazionario di Zelensky.

Vediamo il contenuto principale delle successive ondate di misure approvate dalla UE.

Sul piano economico (ovviamente alcune misure sono strettamente connesse a quelle militari): congelamento dei beni e delle proprietà del gruppo di potere putiniano, di migliaia di entità, esponenti politici, militari e di Putin stesso; disconnessione delle banche russe dal sistema Swift; restrizione dell’accesso delle imprese, delle banche e dei cittadini russi ai servizi e ai mercati finanziari UE; divieto di effettuare operazioni con la Banca centrale russa, e bielorussa, nonché con le imprese statali e altre banche russe; blocco dell’accesso della Banca centrale russa e di quella della Bielorussia alle riserve estere in euro (circa un terzo del totale); blocco del commercio con le imprese russe che operano nei settori della difesa, dell’estrazione e dell’export di idrocarburi, aerospaziale, cantieristica navale, trasporto terrestre e marittimo, tecnologico, assicurativo; divieto di effettuare nuovi investimenti nel settore energetico e minerario russo; severe limitazioni all’uso della tecnologia “duale” e dei semiconduttori; chiusura dello spazio aereo agli aerei russi e proibizione alle compagnie europee del sorvolo dello spazio aereo russo; chiusura dei porti UE alle navi russe; tetto sui prezzi del trasporto marittimo del petrolio russo per i paesi terzi; divieto di export alla Russia di beni di lusso; divieto dell’importazione dalla Russia di oro, petrolio, ferro, acciaio, carbone, legno, cemento, asfalto e gomma sintetica, prodotti ittici, liquori, etc.

Queste misure – accompagnate da una politica volta a scoraggiare i tentativi di aggirarle o violarle – hanno determinato un massiccio disimpegno delle imprese europee presenti in Russia. La “ricompensa” sarà nel grande affare della ricostruzione dell’Ucraina, una volta cessata la guerra.

Sul piano culturale, sportivo, diplomatico e giuridico: proibizione della partecipazione delle organizzazioni, degli artisti e atleti russi a eventi e competizioni; fine delle facilitazioni del rilascio dei visti per i diplomatici russi e altri funzionari e imprenditori russi; sospensione delle trasmissioni nell’UE di Russia Today, Sputnik, Russia 24 e altri media russi; divieto di fornire alla Russia servizi di architettura e ingegneria, di consulenza informatica giuridica, dei servizi pubblicitari, di sondaggi e ricerche di mercato; limitazione delle possibilità che i cittadini russi ricoprano qualsiasi posizione negli organi direttivi di infrastrutture ed entità critiche dell’UE; non riconoscimento dei documenti di viaggio russi rilasciati nel Donbass, nella Crimea e nella altre regioni annesse dalla Russia; deferimento della situazione in Ucraina alla Corte penale internazionale e istituzione di una squadra investigativa per indagare sui presunti crimini internazionali commessi in Ucraina.

Per quanto riguarda l’aiuto al regime Ucraino, l’UE ha varato misure senza precedenti, stanziando finora 50 miliardi per l’assistenza economico-finanziario e il sostegno militare a Kiev e 17  miliardi per  l’aiuto ai rifugiati.

Un costo continuamente crescente che la borghesia europea sta scaricando sulle masse lavoratrici, assieme alle conseguenze economiche e sociali della guerra e delle crisi.

La UE ha inoltre adottato un regolamento che consente la liberalizzazione degli scambi e con l’Ucraina e concessioni commerciali, concesso prestiti e sovvenzioni, sincronizzato le reti elettriche ucraine con la rete europea per rifornire di energia Kiev.

Sul piano militare, la UE per la prima volta nella sua storia si è trovata d’accordo nel mettere a diposizione e inviare carri armati, lanciarazzi, elicotteri, droni, missili, satelliti, fornire formazione e addestramento militare, attrezzature ed equipaggiamenti, munizioni, istruttori, kit medici, carburante, etc., alle forze armate reazionarie ucraine (fra cui i gruppi neonazisti). Inoltre ha stabilito il divieto di commercio con la Russia di armi, armi da fuoco a uso civile, munizioni, veicoli militari ed equipaggiamenti paramilitari, export di motori per droni.

Non vi è dubbio che l’UE sta avendo un ruolo di primo piano nel sostenere lo sviluppo delle capacità belliche delle forze armate ucraine e il danneggiamento di quelle russe, essendo divenuta fin dal primo momento parte integrante e attiva della guerra in corso.

Gli obiettivi di queste misure ad ampio spettro con cui la UE ha “riscoperto la sua unità” – assieme a quelle prese dagli USA, da UK, dal Giappone, dall’Australia, etc. – sono: tagliare i legami economici e politici con la Russia, per indebolirne la base economica e fiaccare la forza militare; rafforzare i propri monopoli militari ed energetici; espandere la propria sfera di influenza e il proprio potere a Est e in Africa; reclutare forza lavoro qualificata a basso costo; mettersi in prima fila nel grande affare della ricostruzione.

La guerra ha costretto l’UE a ridefinire le sue ambizioni politiche e strategiche, i suoi equilibri interni e le sue istituzioni, la sua politica estera, i suoi strumenti militari, le sue fonti di approvvigionamento energetico.

Ma la guerra può anche prolungarsi e inasprirsi. A quel punto bisognerà vedere se la UE manterrà l’approccio finora seguito, o se cercherà di evitare l’escalation fra USA/Nato e Russia. Anche la sostenibilità delle sanzioni sull’import di gas e petrolio non è garantita in una guerra di lungo periodo. In questi scenari la fragile unità di intenti dei governi europei verrà messa a dura prova su nuove linee di frattura.

Una cosa è certa: il compito del proletariato e dei popoli dei paesi UE è avanzare nella lotta per fermare la guerra imperialista, opporsi all’invio di armi e allo stanziamento di fondi per la guerra e il riarmo, esigere l’uscita dalla NATO e dalla UE, così come quello della Russia dall’Ucraina.

Scintilla n. 134, maggio 2023

 

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