Un’interessante mostra fotografica dedicata a Tina Modotti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Si chiama “L’oeil de la révolution” (L’occhio della rivoluzione) la mostra parigina dedicata a Tina Modotti, la grande fotografa internazionalista (Udine, 1896 – Ciudad de Mexico, 1942), ed in corso al Museo Jeu de Paume, l’ex grande sede delle opere dei pittori impressionisti, al centro della capitale francese. Particolarmente esauriente e complessiva l’esibizione di quasi 400 immagini, divise tra quattro sale, che lasciano senza fiato il visitatore.
La fotografa italiana si trasferisce, sedicenne, dapprima negli Stati Uniti, a San Francisco, dove già era emigrato il padre, facendo mestieri necessari al suo sostentamento, come la operaia in una fabbrica tessile. In seguito, arrivata anche la madre insieme a due fratellini, la famiglia va a Los Angeles, dove la Modotti fa l’incontro col mondo del cinema e gira tre film, di cui solo The Tiger’s Coat (Pelle di tigre) si è salvato fino ai nostri giorni. Il film è visibile sia sul web che alla mostra parigina.
Di questo primo periodo statunitense restano anche alcuni scatti “familiari”. L’incontro con un poeta nato in Oregon, Roubaix De l’Abrie Richey, la porta alle nozze nel 1918. Dopo la separazione, Modotti conosce il fotografo Edward Weston e ne diviene l’amante, impratichendosi sempre più del mezzo fotografico. Seppure coinvolta nel riprendere immagini esteticamente apprezzabili e di gusto innovativo tipico di Weston, è solo nel 1922, chiamata in Messico dall’ex marito “Robo”, che Modotti si distacca dallo stile formale dell’amante.
Il Messico è in fermento post-rivoluzionario e Tina Modotti, attirata dalle libertà delle arti in quel Paese e dalle spinte ideologiche marxiste al centro del dibattito culturale, si schiera da subito sul versante della foto realistica ed iconica, approfondendo la conoscenza dei campesinos, del loro lavoro, dei loro drammi sociali, dell’emergere della figura della donna come motore della rivoluzione e dell’emancipazione economica delle classi sfruttate e delle popolazioni indigene.
Il lungo periodo messicano la pone in contatto con i “muralisti” Orozco, Siqueiros, Rivera e col mondo artistico affascinato dalla Rivoluzione d’Ottobre 1917 e desideroso di partecipare alla lotta politica in Messico. Le immagini presenti alla mostra parigina, risalenti a quel periodo, sono senza dubbio le più belle, simboliche, dense di significato. La Modotti si mette al servizio del PCM dal 1927, testimonia le ingiustizie sociali ed inanella una serie infinita ed iconica delle lotte proletarie in quel Paese.
Dopo il 1930, cambiato il governo del Messico, la fotografa è espulsa come altri comunisti, accusata ingiustamente di un tentativo di uccidere il presidente Ortiz Rubio, e si rifugia in Unione Sovietica, abbandonando il lavoro fotografico ma cominciando quello di attivista per il comunismo internazionale, trovando in Vittorio Vidali un nuovo compagno. In questa veste partecipa anche alla Guerra di Spagna, dove si dedica al “Soccorso rosso”. Dopo la sconfitta dei Repubblicani, la Modotti ripara in Francia e poi, dal 1939, nuovamente in Messico, dove morirà nel 1942 per una crisi cardiaca.
La mostra allo Jeu de Paume racconta tutto ciò con dovizia di immagini, di cui alcune restano sicuramente non solo nella mente del visitatore, ma soprattutto nella storia del comunismo e dell’impegno internazionalista.
U.C.

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