Vilnius: un vertice di guerra e di riarmo

Il summit annuale della NATO si è svolto nei giorni 11 e 12 luglio 2023 a Vilnius, la capitale della Lituania, praticamente ai confini della Federazione russa. Ciò rappresenta un segnale di inasprimento del conflitto in corso in Ucraina.
Durante il vertice i capi di stato e di governo dei paesi imperialisti e capitalisti che sono in guerra contro l’imperialismo russo hanno approvati piani per:
– Prolungare ulteriormente la guerra in corso – una proxy war imperialista che è la prosecuzione di una ultradecennale politica di espansione, provocazioni e minacce della NATO, pagata soprattutto dalle masse lavoratrici ucraine e russe. Questo senza prevedere alcun negoziato che non sia la “formula di pace in 10 punti” di Zelensky (realizzabile solo con l’improbabile sconfitta della Russia sul terreno) e quindi sostenendo una guerra di lunga durata.
– Intensificare la guerra fornendo al corrotto regime ucraino le bombe a grappolo, gli F16, i carri armati più avanzati, i missili a lungo raggio, le munizioni ad uranio impoverito, fino a considerare l’uso di armi nucleari “tattiche”, oltre al supporto finanziario senza il quale Kiev crollerebbe in poco tempo.
– Preparare l’ampliamento del teatro di guerra nel Baltico, nel Mar Nero, nel Mediterraneo e nell’Artico, regioni ove l’imperialismo russo è presente, così come in Bielorussia e nella stessa Russia. Questo mentre si predispongono interventi militari in altre regioni: in Medio Oriente, in Nord Africa e nel Sahel, nei Balcani, nel Caucaso, nella regione dell’Asia-Pacifico.
Nello scorso summit di Madrid è stato stabilito di rafforzare i “Battle group” posizionati sul fianco est della NATO e di espandere la “NATO Response Force” da 40 mila a più di 300 mila soldati. A Vilnius si è deciso di mettere queste truppe in posizione di elevata prontezza, aggiungendone altre fino a raggiungere il livello di brigate da combattimento e includendo forze aeree e navali. Inoltre è stata predisposta una Forza di reazione alleata per rispondere rapidamente alle situazioni di crisi in ogni direzione.
I briganti riuniti a Vilnius hanno anche discusso dell’ulteriore ampliamento della NATO: dopo la Finlandia si preparano ad entrare la Svezia (sarà il 32° membro, il doppio di quelli del 1990), la Georgia, la Bosnia, la Moldavia… Avanza il processo di integrazione dell’Ucraina che sarà concluso dopo la guerra. Così ha detto Biden, dimostrando in che modo cinico sta usando la pedina di Kiev.
Questo mentre i partner asiatici della NATO (Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud), così come la stessa UE, sono sempre più integrati nella politica di guerra diretta dagli USA per mantenere la propria egemonia mondiale minacciata dall’ascesa della Cina imperialista, che Washington vuole staccare strategicamente dalla Russia.
Quanto stabilito dal summit NATO di Vilnius ha costi molto elevati, per cui i membri della NATO dovranno dedicare durevolmente almeno il 2% del loro PIL per le spese NATO. Allo stesso tempo si è stabilito di modernizzare l’apparato bellico sulla base di una industria militare più sviluppata, questo anche in Europa (la Germania imperialista è particolarmente interessata), con catene di approvvigionamento che non possono essere inceppate dai rivali imperialisti.
Mentre la guerra diviene sempre più “industriale”, gli stati membri sono chiamati a contribuire alle esercitazioni (specie sul fianco est) e alle missioni militari con truppe preparate ed equipaggiate, armamenti, logistica, crescenti risorse economiche, a spese delle esigenze economiche e sociali dei lavoratori e dei popoli.
Nel vertice di Vilnius la NATO ha ribadito che le armi nucleari strategiche, particolarmente quelle possedute dagli USA e stanziate anche in Europa, sono il fondamento della sua politica di guerra in quanto capaci di imporre costi inaccettabili all’avversario.
Questo significa che l’Alleanza atlantica si prepara alla guerra con una dimensione nucleare, modernizzando e potenziando il suo apparato di terrore atomico.
Di conseguenza i membri NATO incrementeranno le esercitazioni per prepararsi ad usare le armi nucleari in contemporanea con quelle convenzionali.
La volontà della NATO di utilizzare le armi nucleari emerge anche dalla critica a cui è stato sottoposto il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, che minerebbe la capacità della NATO di minacciare altri stati.
La corsa al riarmo degli imperialisti occidentali dunque prosegue. Ovviamente la Russia imperialista, così come la Cina imperialista, non rimarranno con le mani in mano.
Il processo militarista a cui la NATO sta dando un forte impulso vede dispute interne. Gli stati imperialisti dietro le quinte si azzuffano per la spartizione delle aree di influenza e dei bottini di guerra, per gli accordi commerciali e gli investimenti, per le fonti e le rotte energetiche, alla faccia della “coesione della solidarietà” declamate nei summit.
Di fronte agli USA che vogliono scaricare sugli alleati (ovvero sulle masse lavoratrici di questi paesi) le spese di un coinvolgimento militare sempre più ampio, specie in Asia contro la Cina, le borghesie europee esitano.
Anche dietro le riluttanze dei governi europei sulle bombe a grappolo non è difficile scorgere il timore di un più massiccio impegno in un conflitto che è diretto anche contro le loro economie, che già subiscono le difficoltà di approvvigionamento energetico, le conseguenze delle sanzioni, con l’ormai prossima recessione.
I guerrafondai europei temono anche la riposta delle masse lavoratrici che sono sempre più stanche di subire i costi della guerra. Le divergenze sono quindi destinate ad ampliarsi.
Ma qual è la posizione dell’imperialismo italiano in questo processo?
Per gli USA, Meloni è stata una “sorpresa positiva”, avendo seguito nella guerra contro la Russia la linea dettata da Washington senza fiatare, e ancora di più dovrà farlo nei riguardi della Cina.
Tuttavia, la borghesia italiana non va ridotta al ruolo di mero servo degli USA. Essa partecipa alla guerra per gli interessi dei suoi monopoli bellici ed energetici, delle grandi imprese di “ri/costruzione” che rivaleggiano con gli altri monopoli per espandersi in tutto il mondo, trascinando dietro di se il medio e piccolo capitalismo.
La classe dominante cerca di trovare all’estero, con la partecipazione alla guerra e al saccheggio dei popoli dipendenti, la soluzione dei suoi gravi problemi interni. Perciò crescono le spese militari, sottratte a quelle sociali e previdenziali. Ma ogni euro per le spese militari significa un euro in più per l’oppressione e la violenza della borghesia contro la classe operaia e i popoli.
Oggi la lotta per uscire dalla NATO e da tutte le alleanze imperialista, la lotta per la chiusura delle basi USA e NATO, per la messa al bando degli ordigni nucleari, per la drastica riduzione delle spese militari a beneficio di quelle sociali, si presenta come una questione all’ordine del giorno.
Prepariamoci dunque a un autunno di mobilitazioni contro la guerra lotta, senza schierarci da nessuna delle parti imperialiste in conflitto, ma sviluppando l’internazionalismo proletario che vuol dire in primo luogo lotta al “nostro” imperialismo e al suo governo di estrema destra che partecipa alla guerra inviando armi, fondi, truppe, etc.
Come deciso nell’assemblea di Milano dell’11 giugno scorso, l’imperativo è quello di unire le forze per fermare la guerra imperialista.
Gli impegni sono chiari: lavorare alla costruzione di due manifestazioni davanti le basi militari di Coltano e di Ghedi (in quest’ultima vi sono le bombe atomiche), per rilanciare con tutte le forze disponibili la mobilitazione contro la guerra reazionaria in corso, denunciare la vergogna dell’aumento delle spese militari a scapito di quelle sociali, l’utilizzo dei fondi del PNRR per acquistare o produrre armi da inviare in Ucraina, lo sciovinismo dilagante, la repressione.
Allo stesso tempo lavorare per realizzare uno sciopero generale nel prossimo autunno, coinvolgendo nella sua preparazione i sindacati conflittuali e classisti, i delegati combattivi, legando strettamente la questione della pace a quella del pane e delle libertà dei lavoratori alzando la bandiera della solidarietà internazionale dei proletari, della fratellanza dei popoli, che solo con il socialismo potrà trionfare.
Da Scintilla n. 136 (luglio-agosto 2023)
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