La giornata di lotta del 22 settembre e la via per avanzare
La giornata di sciopero generale e di mobilitazione del 22 settembre, per fermare il genocidio del popolo palestinese e rompere ogni relazione con lo stato terrorista di Israele, contro le complicità del governo italiano, ha visto un’ampia partecipazione di lavoratori, giovani e donne degli strati popolari.
Nelle cento manifestazioni che si sono svolte dal nord al sud sono scese in piazza almeno 700 mila persone, tra cui molti giovani e giovanissimi alle prime esperienze di lotta.
Sono state realizzate azioni incisive come il blocco di porti (Genova, Livorno, Venezia), stazioni ferroviarie (Milano, Roma, Napoli), trasporti pubblici, nodi autostradali (Torino- Milano, Firenze-Bologna) e stradali (Pisa), scuole e università, nonostante e contro la “legge sicurezza”. La macchina dell’industria e dei trasporti bellici è stata rallentata, vi sono stati presidi davanti le sedi di Leonardo. Le foto del criminale Netanyahu e della sua complice Meloni sono state bruciate in diversi cortei. Vibrante è stata la risposta contro le forze repressive che cercavano di impedire con lacrimogeni, idranti e cariche le proteste di massa.
Il 22 settembre lo slogan “Blocchiamo tutto!” si è tradotto in molte città in un fatto concreto, all’interno di una delle più grandi proteste svolte in Europa dall’inizio dell’aggressione sionista su Gaza.
La mobilitazione è andata oltre le capacità dei sindacati di base che avevano proclamato lo sciopero. Migliaia di attivisti politici, sociali, studenteschi, hanno contribuito dal basso alla sua riuscita, che in alcune città è stata prolungata fino alla sera. A Livorno prosegue il presidio ad oltranza del porto contro il traffico di armi.
In quanto comunisti (marxisti-leninisti) abbiamo cooperato alla realizzazione della giornata di lotta e siamo stati presenti con la nostra stampa e propaganda dovunque possibile.
Nelle piazze si è espresso un forte sentimento di solidarietà verso il popolo palestinese e a difesa della Sumud Flotilla, maggioritario fra le masse popolari del nostro paese che respingono con sdegno la barbarie dello stato sionista.
Ma anche il rigetto della politica e dell’economia di guerra imposte dalla NATO, dalla UE e dai grandi monopoli bellici, dei tagli alle spese sociali e sanitarie, dell’onnipotenza del capitale finanziario che distrugge Gaza così come la vita di milioni di lavoratori e lavoratrici.
Gli sconfitti di questa giornata di lotta sono stati: in primo luogo, il governo reazionario e filosionista di Meloni, che prima ha minacciato provvedimenti contro lo sciopero e ora cerca di nascondere l’inoccultabile partecipazione di massa; in secondo luogo, la falsa opposizione borghese e i vertici delle confederazioni sindacali, aspramente criticati anche dai numerosi lavoratori iscritti che hanno partecipato allo sciopero.
Ciò che ha contraddistinto lo sciopero generale del 22 settembre è la vasta simpatia popolare alla causa palestinese e la ripresa della mobilitazione di massa nel nostro paese. Con il risveglio emerge la necessità di collegare strettamente la solidarietà al popolo palestinese, la lotta per la pace, alle rivendicazioni dei lavoratori sfruttati per le proprie esigenze vitali e urgenti: lavoro, forti aumenti di salario, salute, diritti e libertà di lotta.
Ciò è di fondamentale importanza per favorire la partecipazione di ampi settori del proletariato, che debbono spezzare la morsa dell’offensiva padronale e del freno imposto dalle burocrazie sindacali. Nelle fabbriche e negli altri posti di lavoro, fra i licenziati, i cassintegrati, i precari, il malcontento e la rabbia crescono di giorno in giorno e possono trasformarsi rapidamente in lotta aperta contro il regime dello sfruttamento e della miseria.
La lotta da sviluppare non è “morale” o “umanitaria”, ma di grande significato politico. È dal legame della lotta del proletariato organizzato nelle metropoli capitalistiche con la lotta per la liberazione dei popoli e delle nazioni oppressi dall’imperialismo che si porrà di nuovo all’ordine del giorno la questione della via di uscita rivoluzionaria dalla profonda crisi di un sistema marcio dalle fondamenta.
Di estrema attualità è la convergenza in un fronte popolare di carattere antimperialista, antifascista e antisionista, in cui il proletariato eserciti l’egemonia, raccogliendo attorno a sé le necessarie alleanze di classe.
Un fronte di massa, che sappia far trovare alla solidarietà fra i popoli un’espressione nella fuoriuscita dal blocco guerrafondaio della NATO, nel rifiuto del riarmo, nella smobilitazione delle basi militari straniere, nel ritiro delle truppe italiane all’estero, che lotti contro qualsiasi coinvolgimento dell’Italia nella guerra in corso in Ucraina, che sotto la spinta dei contrasti fra Stati e monopoli imperialisti può gettare i popoli nell’abisso di un conflitto più ampio.
Per avanzare su questa via occorre che i comunisti e gli operai avanzati si uniscano nella lotta per il partito indipendente del proletariato capace di dare orientamento rivoluzionario e internazionalista al movimento operaio e popolare. Senza questo partito, la classe operaia e le grandi masse si troverebbero politicamente, ideologicamente e organizzativamente disarmate di fronte allo sviluppo delle contraddizioni dell’epoca e alle grandi battaglie che ci attendono.
Intanto gli avvenimenti incalzano ed è necessario prepararsi a nuove e più decise azioni di lotta di massa.
Tutti e tutte a Roma, per la manifestazione nazionale del 4 ottobre! Avanti nella lotta per salvare Gaza, per una Palestina libera e indipendente, per cacciare il governo Meloni!
23 settembre 2025
Organizzazione per il partito comunista del proletariato
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