Alluvioni, siccità: non vi sono soluzioni in ambito capitalistico

Corrispondenza dalla Romagna

A sedici mesi di distanza abbiamo rivisto le solite scene: fiumi esondati,  allagamenti, persone sui tetti che si sbracciano per invocare aiuto, scantinati e primi piani invasi dall’acqua, danni alle colture, ferrovie e strade interrotte, scuole chiuse, migliaia di sfollati, per lo più povera gente.

Questa volta, invece della premier con gli stivali nel fango, invece dei TG con gli speciali, stiamo assistendo ad uno squallido scaricabarile delle responsabilità tra governo, regione, struttura commissariale.

I riflettori si devono spegnere il fretta: la visione del disastro ambientale continuo deprime e fa perdere consensi.

In quanto comunisti non parteggiamo per nessun politicante borghese. Ma denunciamo che buona parte degli interventi “urgentissimi” e i ristori si sono rivelati promesse da marinaio, buone solo per fare demagogia sociale. Dove sono finiti i soldi?

Il Consiglio dei Ministri straordinario riunitosi in data 20 settembre ha annunciato lo stanziamento  “per ora” di 20 milioni, bruscolini di fronte al miliardo di danni subiti. Ma sarebbe meglio dire “per ora e basta”, giacché il ministro Musumeci ha tirato fuori con l’indecente proposta di “assicurazione obbligatoria”.

Si verificano alluvioni? Ebbene, i danni li paghino i cittadini con centinaia (o migliaia) di euro annui a cranio ingrassando il capitale finanziario che nelle assicurazioni ha le mani in pasta! Una vera tassa sulla crisi climatica!

Quelli del clima ormai non sono capricci statistici. Mentre in alcune regioni del sud (Sicilia anzitutto) la siccità comincia ad essere endemica al punto che si estirpano vigneti e agrumeti o si macellano gli animali, in altre regioni  e provincie del nord e del centro ogni volta che piove giù allagamenti, frane, strade interrotte. L’intero territorio nazionale è a rischio.

E quando non è siccità o alluvione è la gelata fuori stagione o la pioggia continua durante il periodo dell’impollinazione che ti fotte il raccolto, anche in questo caso senza alcun ristoro pur promesso, o sono i venti impetuosi che distruggono tutto ciò che trovano per decine di chilometri.

Ma c’è dell’altro: sempre più spesso anche un evento come un violento acquazzone, manda in tilt una città, con l’acqua che fuoriesce dai tombini e fa saltare le fogne.

Certamente tutto ciò è frutto di incuria, degrado, che chiama in causa amministratori ai diversi livelli, ma è anche un riflesso del fatto che la crisi climatica – causata da carbonizzazione spinta, deforestazione, cementificazione e consumo di territorio, in una parola dal devastante e caotico sviluppo capitalistico che ha surriscaldato il pianeta – è giunta a un livello e una velocità di aggravamento che nei prossimi anni produrrà conseguenze sempre più gravi.

Gli effetti erano previsti da decenni, fin dagli anni settanta del secolo scorso, ma rigorosamente occultati fin che è stato possibile. È una crisi intrecciata con quella economica, sociale, sanitaria, alimentare… sono tutti aspetti della crisi generale del capitalismo.

Riforestazioni, manutenzione del territorio, costruzione di invasi, arginazione dei fiumi, rischiano di essere pannicelli caldi che non possono curare una piaga che ha ragioni strutturali, anche se vanno rivendicati, per mettere in difficoltà la classe dominante che stanzia miliardi per le spese militari ma non in prevenzione e sicurezza per le masse popolari.

La borghesia non vuole realizzare alcuna seria politica di abbattimento delle emissioni di CO2, perché ciò va a cozzare contro gli interessi dei monopoli capitalistici.

Ne volete una riprova? Leggete il rapporto Orsini e l’intervento di Meloni al recente convegno di Confindustria: cosa propongono sull’ambiente e riassetto del territorio? Nulla, le politiche ambientali vengono giudicate “autolesionistiche” dei profitti. Vi troverete invece il ponte di Messina, le centrali nucleari, gli strilli contro  l’ “insensata” agenda verde che “rovinerebbe l’industria europea ed italiana”. E inoltre via lacci e laccioli “burocratici” che “rallentano” chi vuole sfruttare di più in nome della “produttività”.

I fatti dimostrano che non è possibile un modello di sviluppo capitalistico rispettoso dell’essere umano e dell’ambiente.

La proposta da agitare è un’altra: l’abbattimento del regime capitalista e il passaggio diretto al socialismo, del quale esistono da tempo le condizioni oggettive.

Socializzando i mezzi di produzione e le risorse, gestendole secondo un piano centralizzato in cui il contrasto urgente al danno ambientale generato dal capitale sarà tra i primi obiettivi, i lavoratori potranno davvero realizzare un mondo migliore, ripristinando gradualmente l’equilibrio con la natura, rotto dalla legge del massimo profitto a qualsiasi costo.

Un obiettivo per cui bisogna battersi, un obiettivo da spiegare ai proletari trasformando la rabbia che esiste in coscienza di classe rivoluzionaria, in organizzazione comunista per il Partito.

Enquire here

Give us a call or fill in the form below and we'll contact you. We endeavor to answer all inquiries within 24 hours on business days.



    Dimostra di essere umano selezionando albero.

    Piattaforma Comunista