Beko: chiusure e licenziamenti non devono passare

Non si ferma la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Beko di Siena per protestare contro la chiusura della fabbrica di congelatori, annunciata entro la fine del 2025.

Sono 299 gli operai che resterebbero senza lavoro a breve, nel contesto di un piano lacrime e sangue deciso dalla multinazionale dell’elettrodomestico che mira a chiudere anche la fabbrica di lavatrici di Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno.

In tutto gli esuberi previsti sono 1.935 su un totale di 4.440 occupati.

Lo scorso 7 febbraio nuovo sciopero con manifestazione unitaria Fim Film Uilm e Cobas per le vie di Siena.

Il corteo ha raggiunto lo spazio antistante la Prefettura in piazza del Duomo, dove si è svolto il comizio finale.

Questo è avvenuto dopo un incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), a cui hanno partecipato in presidio centinaia di operai, da cui è uscito solo una generica disponibilità della multinazionale turca ad iniziare un confronto su un nuovo piano industriale, senza però rinunciare al proposito di chiudere lo stabilimento senese.

Anche il successivo incontro del 10 febbraio al Mimit si è concluso con un nulla di fatto.

La multinazionale turca ha confermato l’intenzione di gettare per strada migliaia di operai e cessare la produzione entro il 31 dicembre 2025. Ma allo stesso tempo non si fa scrupolo di figurare tra gli sponsor ufficiali dell’”Anno santo”.

L’ipocrisia dei capitalisti è pari solo alla loro arroganza!

Quanto alla posizione del governo, invece di applicare il c.d. “Golden power” e assicurare massicci investimenti, si è assistito a un vero e proprio voltafaccia, senza avviare nemmeno un dialogo con la proprietà che così ha le mani completamente libere per perseguire il suo piano di dismissioni.

La mobilitazione deve quindi proseguire, indurendo le forme di lotta e mantenendo il presidio degli stabilimenti. Altre 8 ore di sciopero sono state proclamate per l’11 febbraio alla Beko di Siena, ma a questo punto si impone un cambio di passo.

Di fronte a decisioni unilaterali da parte dell’azienda  la risposta non può essere altro che l’occupazione delle fabbriche.

La rabbia operaia cresce e la vera lotta inizia adesso. A decidere dovranno essere le assemblee.

Le risorse ci sono: paghino capitalisti e ricchi, non gli operai! Che vengano abbattute le spese per la politica di guerra!

La fabbrica non deve chiudere!

I licenziamenti non devono passare! Lavoro per tutti!

Unire le vertenze per il lavoro in un solo grande movimento di lotta!

Da “Scintilla” n. 151, febbraio 2025

 

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