CCNL metalmeccanici: NO a un accordo al ribasso!
Corrispondenza
Dopo lo sciopero del 20 giugno non ci sono state grandi novità. Federmeccanica e Assistal hanno ritirato la controproposta e accettato di sedersi al tavolo delle trattative che sono riprese il 6 ottobre, secondo una tattica volta a sfiancare le attese degli operai.
Il padronato non ha rinunciato affatto ai punti salienti della sua posizione: aumenti salariali differenziati e discrezionali nelle misura in cui le aziende sapranno approntare un’organizzazione della produzione tale da coinvolgere direttamente gli operai alla realizzazione degli obiettivi aziendali. Non a caso propone l’abolizione degli scatti di anzianità. Una logica che, se passasse, creerebbe una condizione difficile per l’unità dei lavoratori su una linea di classe. Quindi da respingere al mittente.
In cambio il padronato “si rende disponibile” ad aumenti salariali con riferimento all’IPCA-NEI, ossia all’inflazione media della UE esclusi i prodotti energetici. Ma che è certamente distante dall’inflazione reale misurata sul carrello della spesa che, come tatti sanno, è circa il doppio di quella ufficiale.
La FIOM ha affermato che tale proposta è insufficiente e che l’aumento salariale deve andare oltre quanto il padronato va prospettando come contentino. Ma, cosa grave, non viene affatto ribadito l’obiettivo iniziale dei 280 euro e nemmeno si pone con forza l’obiettivo della riduzione generalizzata dell’orario di lavoro.
La tattica dilatoria è proseguita anche dopo gli incontri con la controparte del 15 e 17 ottobre. Tenendo conto delle “morbide” posizioni della FIM non c’è da attendersi granché di buono. Il massimo che ci si possa attendere è una chiusura di compromesso che consenta ai capi sindacali di non perdere completamente la faccia.
Di fronte a questo quadro non roseo che si prospetta a breve, è dovere degli operai coscienti, dei delegati e persino di taluni quadri intermedi che hanno organizzato le mobilitazioni e le 40 ore di sciopero non perdersi d’animo e continuare la battaglia.
In caso di una chiusura al ribasso la parola deve tornare alle assemblee, per opporvisi e far sentire la protesta operaia, respingendo al mittente l’ipotesi di accordo con una sonora bocciatura.
Le assemblee e il voto di consultazione non devono essere un punto d’arrivo per mettere fine ad una vicenda contrattuale che ha avuto momenti veri di protagonismo operaio, ma un punto di partenza, in collegamento con le altre categorie, per rimettere in pista la lotte rivendicativa (salario, orario, occupazione, precariato, salute e sicurezza, etc.) e saldarle con le mobilitazioni contro l’austerità, il riarmo e le politiche di guerra, in solidarietà con i proletari degli altri paesi e i popoli in lotta contro l’imperialismo.
Da Scintilla n. 155, ottobre 2025
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