Continuità e attualità della Resistenza

Il governo Meloni in occasione della morte del sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano, ha proclamato cinque giorni di ipocrita lutto nazionale.
Ciò anche allo scopo di svalutare e rendere “sobria” la giornata del 25 Aprile 2025, 80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo.
In quanto comunisti (marxisti-leninisti), invitiamo a manifestare in massa il 25 Aprile in ogni città, con la convinzione, la determinazione e l’unità di lotta che impone l’attuale situazione di reazione e oscurantismo, riarmo e pericoli di guerra.
La Resistenza continua! Via il governo Meloni!
Nel nostro paese la Resistenza al fascismo cominciò ben prima dell’8 settembre 1943, quando fu annunciato l’armistizio di Cassibile e le truppe hitleriane trasformarono il paese in un campo di battaglia, mentre il re fuggiva e le forze armate italiane si sbandavano.
Possiamo individuare cinque fasi della Resistenza al fascismo, che durò circa un quarto di secolo.
La prima fase iniziò nel 1919 e fu caratterizzata dalla lotta armata che il movimento operaio e popolare sostenne nel tentativo di sconfiggere la controrivoluzione scatenata dal fascismo per conto e nell’interesse del grande capitale industriale e agrario.
La seconda fase si sviluppò con l’avvento al potere del fascismo (1922), attraverso l’azione dei gruppi più avanzati dell’antifascismo operaio e popolare che rafforzarono le loro organizzazioni di combattimento (ad es. gli Arditi del Popolo), pur senza rinunciare alle ultime possibilità offerte dall’azione legale.
La terza fase iniziò con la promulgazione da parte del fascismo delle “leggi eccezionali” (1925) che soppressero ogni residuo di liberà e crearono un regime di spietata dittatura di classe, di cui fu emblema il Tribunale speciale fascista per la Difesa dello Stato: su 4.671 antifascisti condannati i comunisti furono 4.040, per complessivi 23.000 anni di carcere. In questa fase la lotta clandestina si espanse sotto l’impulso vigoroso del Partito Comunista d’Italia.
Antonio Gramsci, il segretario del PCdI che sempre incitò a combattere il fascismo e la cui opera è patrimonio del movimento operaio e comunista internazionale, è il simbolo di questa fase della Resistenza ed ispirò quelle successive con il suo pensiero rivoluzionario, fonte sempre viva di insegnamenti.
La Resistenza entrò nella sua quarta fase quando il fascismo assunse una dimensione internazionale e una nuova guerra imperialista di aggressione si sviluppò dall’Abissinia alla Cina, dalla Spagna all’Austria. La Resistenza allora si manifestò sia come fronte unito antifascista e sia come lotta armata nei paesi in cui il fascismo mise in moto la sua macchina bellica, come in Spagna.
La quinta e decisiva fase si aprì nella seconda guerra mondiale, dopo che a Stalingrado cadde il mito dell’invincibilità delle orde nazifasciste, le agitazioni operaie si allargarono (scioperi del marzo 1943) e si ebbe l’invasione nazifascista che si verificò dal 26 luglio 1943, il giorno successivo alla congiura di palazzo che vide l’arresto di Mussolini.
La forma prevalente di lotta in questa fase, che culminò con l’insurrezione vittoriosa del 25 Aprile 1945, la fucilazione di Mussolini e la sua banda, fu la lotta armata popolare diretta a cacciare dal paese gli invasori, annientare il nazismo e il fascismo.
La guerra di liberazione in Italia fu lotta per l’indipendenza e insurrezione nazionale per la conquista della libertà, ma fu, molto più che in altri paesi, lotta militare e lotta sociale nello stesso tempo: essa fu antifascista ed ebbe carattere di lotta contro quei gruppi del grande capitale che avevano dato vita al fascismo e portato il paese alla rovina.
Nelle sue aspirazioni più avanzate, fu lotta per conquistare il potere, abbattere il capitalismo e avviare la trasformazione socialista della società italiana.
Protagonista principale della guerra partigiana e della Resistenza fu la classe operaia dei centri industriali e il contributo maggiore venne dato dall’avanguardia della classe operaia e dei lavoratori sfruttati, il Partito comunista. Tutte le formazioni partigiane si appoggiarono direttamente o indirettamente alle lotte della classe operaia, dei contadini, dei lavoratori.
La Resistenza non avrebbe potuto vivere neppure un mese senza l’aiuto delle masse lavoratrici, senza le migliaia di agitazioni e di scioperi che ebbero alla loro testa i comunisti, senza l’aiuto diretto e quotidiano delle masse contadine il cui eroismo è simboleggiato dal sacrificio dei fratelli Cervi.
La Resistenza italiana nella sua ultima fase fu caratterizzata dall’attività di formazioni combattenti come le Brigate d’assalto Garibaldi che nacquero nel settembre 1943 a Milano per iniziativa dei dirigenti comunisti che qualche mese dopo, formarono il Comando Generale delle Brigate garibaldine.
Le 575 Brigate d’assalto Garibaldi (210 mila combattenti) furono presenti e attive in tutte le regioni italiane occupate dai nazisti tedeschi e dai repubblichini.
Vi erano anche: i Gruppi di Azione Patriottica (GAP), piccoli gruppi di assalto che operavano nelle città contro ufficiali tedeschi e gerarchi fascisti, sedi di comandi, depositi di munizioni, colonne di militari in movimento, stazioni ferroviarie e centrali elettriche, etc.; le Squadre di Azione Patriottica (SAP), formazioni clandestine a cui partecipavano persone che, pur continuando le proprie attività civili, compivano azioni organizzate di guerriglia nelle zone rurali, in un certo numero di fabbriche e nelle scuole.
La Resistenza ebbe la capacità di combinare insieme diverse forme di lotta: la guerriglia sulle montagne, le azioni di piccoli gruppi armati nelle città contro gli occupanti tedeschi e i loro servi fascisti, gli scioperi di massa e il sabotaggio della produzione bellica, la renitenza alla leva militare, la difesa degli impianti industriali e delle infrastrutture contro le distruzioni naziste, la protezione dei perseguitati politici e razziali, la preparazione e la diffusione dei materiali di propaganda e di agitazione (giornali, manifesti, volantini, radio clandestine).
La Resistenza fu un grande movimento unitario che aveva il comune obiettivo di battere i tedeschi e i fascisti, e ad esso parteciparono uomini e donne appartenenti a varie classi sociali, con orientamenti politici diversi.
Ma non tutte queste forze vi contribuirono in eguale misura: fu il Partito Comunista d’Italia che dette alla Resistenza, alla lotta partigiana, all’insurrezione nazionale il maggior contributo di idee, di organizzazione, di uomini e di donne, di sangue e di sacrifici.
Per quanto riguarda i partiti politici espressione delle classi borghesi, il loro obiettivo era prevenire il pericolo della sollevazione della classe operaia e del popolo italiano nella lotta e nella rivoluzione, che non solo avrebbero abbattuto il fascismo e la monarchia, ma avrebbero messo in pericolo la dominazione stessa della borghesia italiana in quanto classe. A tal fine potevano contare sulla presenza nel territorio italiano, dallo sbarco di Sicilia in poi, del blocco anglo-americano con la sua poderosa forza militare.
La fine della monarchia, l’avvento della repubblica, una Costituzione democratico-borghese fra le più avanzate allora esistenti furono effettive conquiste della Resistenza.
Ma i mezzi di produzione continuarono a trovarsi nelle mani della classe sfruttatrice, lo Stato borghese quale strumento di dominio della borghesia capitalistica italiana non fu mai spezzato e la Resistenza fu tradita dalle forze politiche conservatrici e reazionarie, clericali e anticomuniste espressioni delle classi dominanti, le stesse che avevano incoraggiato l’ascesa di Mussolini.
Allo stesso tempo va detto che la politica del PCI diretto da Togliatti non seppe approfittare delle favorevoli condizioni create dalla vittoria sul fascismo, non portò alla formazione di un governo di democrazia popolare che sarebbe servito per passare dalla fase della lotta contro il fascismo alla fase della lotta per la rivoluzione e il socialismo.
L’ingresso del PCI nei governi di unità nazionale presieduti prima da Badoglio e poi da Bonomi fu caratterizzato, fin dall’inizio, da una pesante subalternità alle posizioni politiche delle forze conservatrici.
I CLN creati nel Nord dell’Italia su iniziativa rimasero coalizioni di vari partiti. Ciò non consentì ad essi di trasformarsi in autentici organi del nuovo potere statale.
Dietro le formule della “democrazia progressiva” e della “via italiana al socialismo”, con la trasformazione in “partito nuovo”, il PCI rinunciò alla via rivoluzionaria e s’impegnò nella via parlamentare e legalitaria.
Ciò gradualmente lo trasformò da un partito della rivoluzione in un partito borghese della classe operaia, avente come obiettivo le riforme sociali.
Sono passati 80 anni dal 25 Aprile 1945. Da allora partiti come la DC e i suoi alleati, Forza Italia di Berlusconi, la Lega e FdI di Meloni, hanno sempre rappresentato la difesa con ogni mezzo, degli interessi e dei privilegi di queste classi che hanno sempre respinto con ogni mezzo l’avanzata del movimento operaio e comunista.
Una politica che ha visto la strategia della tensione e le stragi fasciste per spezzare le lotte della classe operaia, delle donne, dei giovani e impedire che l’Italia uscisse dal Patto atlantico diretto dall’imperialismo statunitense.
Non va taciuta nemmeno la funzione svolta dai dirigenti revisionisti, socialdemocratici, riformisti e liberali, contrari allo sviluppo della società, alla vera democrazia, alla pace e alla libertà; l’esempio di ciò è oggi rappresentato dal PD, un partito pienamente integrato nel sistema capitalistico, sostenitore della NATO e dell’UE dei monopoli, dei piani di riarmo.
Le radici del fascismo non sono state estirpate perché esse si trovano nel sistema capitalista-imperialista, che le conserva e le riproduce.
La bestia fascista rialza la testa perché il grande capitale se ne serve come mezzo per attaccare e dividere il movimento operaio e sindacale, liquidare le conquiste democratiche e preparare la guerra per una nuova spartizione del mondo.
La lezione di combattimento e unità della Resistenza è incancellabile, e l’impegno antifascista militante è di stringente attualità per battere i piani reazionari della borghesia imperialista.
Spetta al proletariato mettersi alla testa di questa nuova Resistenza, ricostituendo il proprio partito indipendente e rivoluzionario, realizzando il fronte delle forze antifasciste-antimperialiste, rinnovando le concezioni e le aspirazioni rivoluzionarie presenti nella Lotta di Liberazione, legando quindi la lotta contro l’offensiva capitalista, la reazione e le minacce di guerra all’obiettivo della rottura con il sistema vigente, per fare finalmente dell’Italia un paese socialista.
Da Scintilla n. 152, aprile 2025
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