Da quale finestra si guarda il mondo?

Lo scorso ottobre si è svolto a Kazan il vertice dei Brics. L’evento è stato salutato con enfasi dai sostenitori del multipolarismo in quanto ha segnato un passo avanti di questa associazione di paesi imperialisti e capitalisti con differenti livelli di sviluppo che si oppone allo strapotere dei loro rivali: l’imperialismo statunitense e  altri paesi imperialisti occidentali (GB, Francia, Germania, Italia, Olanda, Canada, etc.) e orientali (Giappone,  Corea del Sud, Australia).

Alla formazione originaria del 2010 dei Brics – cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – si sono aggiunti nel 2024 Iran, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia. Numerosi altri paesi  hanno chiesto di aderire a questo raggruppamento internazionale, seppure non ancora pienamente strutturato.

Dal vertice di Kazan è uscito quindi un gruppo di 13 nuovi Stati “partner”, che sono entrati nell’area Brics:  Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakhstan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam.

Un’espansione che comporta numerose implicazioni e sfide economiche e politiche, così come l’aumento delle tensioni interne.

Come abbiamo più volte sostenuto l’espansione dei Brics non va a beneficio del proletariato e dei popoli, bensì a beneficio delle classe dominanti di questi paesi, particolarmente della grande borghesia cinese, e mantiene tutte le contraddizioni, le storture e i difetti tipici del capitalismo.

É indubbio che più di uno stato facente parte dei Brics, in primo luogo la Cina e la Russia, hanno natura imperialista, per cui utilizzano questo organismo per consolidare le proprie posizioni e ambizioni, lanciando il guanto di sfida verso il principale rivale, l’imperialismo USA.

È altrettanto evidente che all’interno dei Brics vi sono Stati in concorrenza fra loro, per cui se al momento l’antagonismo fra Russia e Cina viene sopito dallo sforzo russo in Ucraina, sul continente asiatico Cina e India sono due vicini assai scomodi. La Cina ha ampliato a dismisura le sue esportazioni e ha posto una particolare attenzione verso i paesi africani, continente dove anche la Russia ha espanso i suoi interessi economici e strategici.

I principali interessi commerciali della Cina in quel continente sono il controllo delle immense risorse naturali e la conquista di un importante mercato di 56 paesi e 1,216 miliardi di persone per le sue merci.

La natura diseguale di questo “partenariato di uguaglianza” è evidente quando vediamo che il debito dei 54 paesi africani nei confronti della Cina ha raggiunto un totale di 696 miliardi di dollari USA. Negli ultimi 20 anni, a causa della svalutazione delle monete locali e degli alti tassi d’interesse denominati nelle stesse, l’importo percepito dei debiti è salito del 500%, similmente a quanto avviene dei debiti contratti con il FMI o singoli paesi imperialisti occidentali.

La crisi del debito dei paesi africani è così profonda che il governo cinese ha dichiarato che avrebbe condonato i tassi di interesse applicati a 17 paesi, ma che i casi sarebbero stati studiati separatamente.

Uno studio dei ricercatori del Centro per la pace e gli studi strategici dell’Università di Horin, in Nigeria, ha analizzato gli interessi economici della Cina in Africa, con particolare attenzione alla Nigeria denunciando le pessime condizioni di lavoro dei lavoratori nigeriani nelle imprese cinesi.

Intanto il colosso India si appresta ad un ulteriore crescita economica, e le previsioni le attestano nel 2030 un terzo posto tra le economie mondiali dietro USA e Cina.

Nel mentre la sua popolazione sta superando quella cinese, con un’età media intorno ai 28 anni che la favorisce come spinta propulsiva.

Difficile pensare che le due potenze asiatiche riescano a convivere pacificamente senza che vi siano interessi divergenti, come è ancora più difficile supporre che la contesa con l’imperialismo USA possa essere risolta pacificamente.

Senza dimenticare le dispute fra Turchia, Russia e Arabia Saudita, quelle fra Egitto e Sudan,  o il ruolo egemonico che il Brasile può ambire a svolgere nella sua area geografica.

La fallita accettazione dell’ingresso del Venezuela, proprio a causa del veto del Brasile. è sintomatica della mancanza di omogeneità politica fra i paesi Brics.

Mentre nel Medio Oriente il nuovo “partner” turco, che fa parte della NATO, non ha mai nascosto le sue ambizioni di assurgere a potenza imperialista regionale, che si sono ampiamente manifestate nei recenti fatti siriani.

Quindi, se da un lato il vertice di Kazan ha registrato un successo nello sviluppo dei Brics, che come potenziale economico ora rappresentano il 36% del PIL mondiale e proclamano la volontà di svincolarsi dalla valuta statunitense (potenziando la propria banca NDB con sede a Shanghai), dall’altro è innegabile che la realizzazione di un nuovo “ordine globale democratico”, porterà inevitabilmente a nuovi conflitti e guerre.

Oggi più che mai è necessario capire la natura imperialista e capitalista dei paesi aderenti al Brics e di come questi paesi, specialmente le potenze imperialiste, vogliono utilizzare tale associazione non come strumento di “uguaglianza”, ma come mezzo di supremazia economica e politica.

Ricordiamo le parole di Lenin: “I capitalisti si spartiscono il mondo non per la loro speciale malvagità, bensì perché il grado raggiunto dalla concentrazione li costringe a battere questa via, se vogliono ottenere dei profitti. E la spartizione si compie “proporzionalmente al capitale”, “in proporzione alla forza”, poiché in regime di produzione mercantile e di capitalismo non è possibile alcun altro sistema di spartizione”.

Siamo in un periodo di riconfigurazione dei rapporti di forza fra le grandi economie capitaliste e imperialiste.  In questa riconfigurazione l’imperialismo cinese e quello russo hanno una strategia e una linea politica, si mostrano come opzioni di sviluppo dei popoli. Ma il loro sviluppo non è alternativo a quello del capitalismo, è lo sviluppo dei loro monopoli finanziari.

La Cina, la Russia e i partiti revisionisti sostengono il mondo multipolare per accumulare forza per un programma borghese, in cui cercano di attrarre i popoli e anche forze  rivoluzionarie.  Da parte loro numerosi paesi dipendenti calibrano lo sfruttamento dei loro lavoratori e delle loro risorse sulla base degli accordi commerciali e di sfruttamento imperialista all’interno del gruppo, segnatamente con Cina e Russia.

Il mondo multipolare è oggi presentato dai revisionisti come democratico, meno aggressivo, la natura imperialista e rapace dei suoi sostenitori è minimizzata.

Ma questo multilateralismo è la negazione più flagrante del principio e della pratica dell’internazionalismo proletario, che viene sostituito con il nazionalismo e la solidarietà con gli oppressori dei popoli.

La lotta antimperialista, la lotta internazionalista e comunista, è contro tutte le potenze imperialiste, grandi e piccole, perché sono tutte nemiche della classe operaia e dei popoli.

In quanto comunisti sappiamo approfondire l’analisi del sistema imperialismo, tenendo in considerazione importanti e complessi sviluppi.  Il nostro compito non è però quello di divulgare mistificazioni e illusioni sul mondo multipolare, non sta nel prendere parte alle dispute fra imperialisti schierandoci nell’uno o nell’altro campo, appoggiando questa o quella potenza imperialista, questa o quella frazione borghese, per combattere le altre.  Queste concezioni vanno combattute!

Dobbiamo seguire una prospettiva di classe indipendente e rivoluzionaria, essere i portabandiera dell’internazionalismo proletario, non del revisionismo e dell’opportunismo multipolarista.

Abbiamo i principi e i criteri marxisti-leninisti, come linee guida. Sono i nostri principi e criteri, non quelli che la borghesia ci vuole imporre per impedire la presa di coscienza degli sfruttati e degli oppressi sulla necessità di abbattere il suo sistema barbaro.

Dunque compagne e compagni, da quale finestra e con quale prospettiva si guarda il mondo? Da quella del proletariato rivoluzionario, oppure da quella delle classi dominanti dei Brics?  La risposta per i marxisti-leninisti è chiara.

Da Scintilla n.150, gennaio 2025

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