Dimitrov, eroe del proletariato internazionale

Georgi Dimitrov nacque a Kovachevtsi, nella Bulgaria occidentale, il 18 giugno 1882, da una famiglia di rifugiati dalla Macedonia a seguito della Rivolta di Kresna-Razlozh. La madre, protestante, voleva che il figlio Georgi diventasse pastore, ma fu espulso dalla scuola domenicale.
Dimitrov praticò fin dall’adolescenza il giornalismo e la professione di tipografo. Ancora giovanissimo, divenne segretario del Comitato di Sciopero del Sindacato Centrale della Stampa dei Lavoratori di Sofia.
Nel 1902 aderì al Partito Operaio Socialdemocratico Bulgaro e, l’anno successivo, alla scissione di sinistra dei cosiddetti socialisti «stretti» contro i socialisti «larghi», i riformisti. Nel 1905 divenne impiegato del Comitato sindacale del Sindacato Generale dei Lavoratori legato al partito e fu conseguentemente tra i dirigenti dello sciopero di Pernik, il primo sciopero di massa della Bulgaria. Nel 1908 suo fratello Nikola, unitosi ai bolscevichi in Russia, fu deportato in Siberia dove morì nel 1916.
Nel 1909 Georgi Dimitrov fu eletto nel Comitato Centrale del partito e a segretario-tesoriere del sindacato.
Nel 1912 morì suo fratello Konstantin, sindacalista come lui, durante la Prima Guerra Balcanica.
Nel 1913 fu eletto parlamentare. Avendo fatto circolare un appello contro la guerra, fu arrestato nel 1915 e, di nuovo, nel 1918 per un anno con l’accusa di ammutinamento.
Frattanto, col supporto pressoché unanime del partito alla Russia bolscevica, questo si ridenominò Partito Comunista Bulgaro. Nel 1922 fu eletto nel Profintern.
Nel giugno del 1923 la direzione, in cui era presente lo stesso Dimitrov, del Partito Comunista Bulgaro, non avendo ancora assimilato del tutto il leninismo, compì l’errore di rimanere neutrale durante il colpo di stato perpetrato dalle forze armate per instaurare un governo di estrema destra a discapito del governo dell’Unione Nazionale Agraria Bulgara, sebbene ciò avesse causato una rivolta popolare.
Ma, a settembre dello stesso anno, sotto la pressione del Comintern, il Partito Comunista Bulgaro modificò la propria tattica e si alleò con le altre forze sociali, incluso il partito agrario, con lo scopo di rovesciare il governo putschista Tsankov con una nuova rivolta popolare.
Sebbene tale rivolta fallì, il Comintern evidenziò il fatto che, avendola guidata, la direzione «settembrista» (dal mese della rivolta) del partito, di cui Dimitrov era tra i massimi esponenti, aveva dato una prova significativa della sua bolscevizzazione.
La bolscevizzazione comunque fu solo parziale e subì dei colpi quando si trattò di passare dalla “guerra di movimento” a quella di “posizione”, con attentati perpetrati da membri del partito, come quello alla chiesa di Santa Nedelya, a cui Dimitrov, dall’esilio, si oppose fermamente e a seguito del quale morì altresì suo fratello Todor.
Peraltro, per mezzo di un plenum tenutosi nel 1929, gli estremisti di sinistra riuscirono a guadagnare la direzione del partito bulgaro e sabotare la sua bolscevizzazione.
Le giuste posizioni dei bolscevichi bulgari, pur essendo state temporaneamente sconfitte in patria, fiorirono all’interno dell’Internazionale Comunista: Georgi Dimitrov da esiliato, ne scalò i ranghi. Nel 1933, anno della presa del potere di Hitler, si trovava in Germania in qualità di responsabile della sezione centroeuropea del Comintern.
Qui fu arrestato senza prove, con l’accusa di aver cospirato per l’incendio del Reichstag, che in realtà era una manovra del partito nazista per scatenare la repressione anticomunista.
Dimitrov al Processo di Lipsia difese strenuamente la sua innocenza, l’ideologia comunista, il popolo bulgaro schernito dal razzismo nazista, smascherò la provocazione e ribaltò l’accusa sui veri colpevoli e sui mandanti: Hitler, Goering e Goebbels.
Di fronte alla sua esemplare autodifesa il procuratore generale fu costretto ad assolverlo.
Nel 1934 Dimitrov divenne il Segretario generale dell’Internazionale comunista. Al VII Congresso dell’IC tenne un intervento in cui teorizzava la linea politica di Fronte unico proletario e di Fronte popolare: una dichiarazione di guerra totale al fascismo. Fu eletto segretario del Partito Comunista Bulgaro dopo che una risoluzione dell’Internazionale Comunista, in conformità con le tesi del VII Congresso appena svolto, condannò la direzione ultra-sinistra che un anno prima aveva autoliquidato il partito senza reagire al colpo di stato del 19 maggio 1934 che lo aveva proibito. Questa direzione fu sostituita con il VI plenum del Partito svoltosi nel febbraio del 1936.
La nuova direzione bulgara, con Dimitrov alla testa, avrebbe scritto, assieme a quella degli altri compagni dell’Europa orientale, con l’immancabile sostegno dell’URSS, nuove pagine nella storia della lotta per la pace e il socialismo, sconfiggendo il fascismo e guadagnando la direzione dello Stato Bulgaro e instaurandovi la Democrazia Popolare, una forma specifica di dittatura del proletariato, in marcia verso il socialismo.
Georgi Dimitrov, guida sicura del popolo bulgaro e intramontabile eroe del proletario internazionale, teorico della strategia vittoriosa contro fascismo e la borghesia a fianco di Stalin, nemico degli opportunisti e dei capitolatori, si spense il 2 luglio 1949 a Mosca, non prima di aver condannato l’allora capo del revisionismo moderno Tito e i suoi piani sciovinisti verso la Macedonia di Pirin, come pretesto alla lotta contro lo sciovinismo bulgaro, che posero fine al processo di formazione della Federazione Balcanica.
Il suo valore, il suo coraggio, i suoi insegnamenti costituiscono un’eredità preziosa per i comunisti (marxisti-leninisti) che lottano per ridare alla classe operaia il suo Partito.
Consigli di lettura
– Il Processo di Lipsia: straordinaria testimonianza dell’autodifesa di Dimitrov, che si trasformò da accusato in accusatore, smascherando coraggiosamente la loro provocazione infame dell’incendio del Reichstag, ordita contro i comunisti (il discorso di chiusura è disponibile su https://scintillaonlus.weebly.com/testi.html)
– L’offensiva del fascismo e i compiti dell’Internazionale comunista nella lotta per l’unità della classe operaia contro il Fascismo: le tesi del Rapporto di Dimitrov al VII Congresso dell’Internazionale comunista mantengono la loro validità e vanno studiate specie in un momento in cui le contraddizioni del sistema capitalista-imperialista si acutizzano e in diversi paesi appaiono evidenti fenomeni che indicano che il fascismo è un’opzione politica della borghesia per liquidare il più possibile i diritti e gli interessi della classe operaia e dei lavoratori, per appropriarsi dei bilanci pubblici degli Stati, soggiogare popoli e nazioni, impadronirsi delle loro risorse naturali, allo scopo di rilanciare l’accumulazione del grande capitale finanziario (disponibile integralmente su https://scintillaonlus.weebly.com/testi.html)
– Rapporto al V Congresso del Partito Operaio Bulgaro: in questo rapporto Dimitrov formulò la linea generale dell’edificazione del socialismo in Bulgaria, espose la tesi marxista-leninista dello Stato di democrazia popolare sotto la guida dalla classe operaia, capace di esercitare con successo le funzioni della dittatura del proletariato.
Da Scintilla n. 147, settembre 2024
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