Due settimane di grandi lotte: considerazioni e prospettive

In due settimane a cavallo di settembre e ottobre, si è espresso nel nostro paese un grande movimento di protesta contro il genocidio perpetrato dallo stato sionista in Palestina e la complicità del governo Meloni, in appoggio della Global Sumud Flotilla.

Non ci interessa fare cronaca, ma evidenziare elementi di novità e formulare proposte politiche.

 Alcune caratteristiche del movimento di lotta

Nelle giornate di sciopero e di lotta del 22 settembre, del 3 e del 4 ottobre, milioni di lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse, sono scesi nelle piazze di cento città, grandi e piccole, riprendendo fiducia nella propria forza collettiva, in un clima unitario e solidale.

Una mobilitazione straordinaria che è il risultato di due fattori: la resistenza del popolo palestinese e il duraturo lavoro di centinaia di realtà schierate contro l’occupazione sionista.

La direzione politico-pratica di questo movimento, che costituisce l’opposizione reale al governo Meloni, non è mai stata nelle mani delle forze parlamentari liberal-rifomiste (PD) e liberal-populiste (M5S). Le parole d’ordine hanno avuto carattere antimperialista e classista, non le solite cantilene equivoche.

Il 3 ottobre vi è stato uno sciopero generale proclamato da tutti i sindacati di base e dalla Cgil, con due milioni in piazza e il blocco di porti, stazioni, autostrade, etc. Un fatto per nulla scontato, uno sciopero politico, attaccato frontalmente dal governo.

Una nuova generazione si è affacciata alla lotta di classe apportandovi, con adesione in gran parte spontanea alle manifestazioni, dinamismo, determinazione, combattività, consapevolezza della necessità di un mondo migliore e diverso, senza sfruttamento e miseria guerre di rapina, razzismo e fascismo.

Le forme di lotta praticate durante due settimane d’ininterrotta mobilitazione sono state variegate e decise, vincenti.

La fraudolenta retorica del “terrorismo”, le minacce, le intimidazioni, la repressione, non sono riuscite a frenare il movimento, la legge “sicurezza” nulla ha potuto di fronte a manifestazioni di massa che hanno “bloccato tutto”.

Il rapporto fra lotta parlamentare (e referendaria) ed extraparlamentare è palesemente rovesciato: chiunque può vedere che la seconda è mille volte più importante ed efficace della prima per contrastare i piani governativi e imporre le esigenze popolari.

Rilevante anche l’aspetto internazionalista della lotta, espresso in particolare dai portuali. D’altro canto questo movimento s’inserisce a pieno in una ripresa del conflitto di classe in numerosi paesi.

Compiti politici immediati

Quali i nostri compiti in questa situazione che vede il risveglio delle masse dal torpore, una svolta in termini di partecipazione e determinazione?

Dobbiamo lavorare per allargare, unificare e qualificare il movimento, dotandolo di linea e obiettivi politici chiari, il primo dei quali è la caduta del governo Meloni nelle fabbriche e nelle piazze, poiché solo in tal modo potrà essere rovesciato.

Sappiamo che la relativa forza del governo Meloni, che ha scarso consenso, sta nella debolezza della falsa opposizione borghese. E’ “stabile” perché non c’è formula di ricambio nell’ambito parlamentare. Ma ogni giorno che passa, sotto l’urto delle mobilitazioni, si allargano i contrasti, le crepe.

Matura la crisi politica, che potrà manifesti in una crisi extraparlamentare di governo nella misura in cui si svilupperà la lotta degli sfruttati e degli oppressi e verrà denunciata e combattuta la politica dei collaborazionisti.

Avendo in mira questo obiettivo immediato, nei recenti comunicati abbiamo espresso alcuni concetti e proposte, su cui vogliamo tornare.

Per l’unità di azione del proletariato!

Con il risveglio delle masse, emerge la necessità di legare strettamente la solidarietà al popolo palestinese, la lotta per la pace, alle rivendicazioni dei lavoratori sfruttati per le proprie esigenze vitali e urgenti: lavoro, forti aumenti di salario, salute e sicurezza, precariato, diritti e libertà di lotta. In altre parole: affrontare la questione del fronte di lotta interno, il fronte proletario, assieme a quello esterno, il fronte della lotta di liberazione dei popoli e delle nazioni oppresse.

Ciò è di fondamentale importanza per favorire la scesa in campo di ampi settori della classe operaia che devono spezzare la morsa dell’offensiva padronale e del freno imposto dalle burocrazie sindacali.

L’adesione allo sciopero del 3 ottobre in molte fabbriche metalmeccaniche è stata elevata e ricca di significato. Ma non basta. Le lotte di queste ultime settimane devono essere il punto di avvio di un allargamento e di un’intensificazione della lotta in direzione del proletariato, soprattutto quello industriale, la sola classe che può svolgere compiti rivoluzionari che nessun’altra classe o strato sociale può svolgere al suo posto.

Vi sono situazioni che possono favorire questa partecipazione attiva e combattiva: la vertenza sul Ccnl dei metalmeccanici, la situazione drammatica che si vive in Stellantis, all’Ilva e in molte altre fabbriche, la stessa lotta contro la legge finanziaria 2026 di guerra e austerità. Su di esse va concentrata l’attenzione e l’iniziativa, sviluppando l’unità di azione sulla base degli interessi economici e politici del proletariato: occupazione, salario, diritti, salute e sicurezza, etc.

“Campo largo” o fronte popolare?

Più volte abbiamo evidenziato la rilevanza nella situazione attuale della politica di fronte popolare antimperialista, antifascista e antisionista, in cui il proletariato eserciti l’egemonia, raccogliendo attorno a sé le necessarie alleanze di classe.

Il fronte popolare non ha nulla a che vedere con il “campo largo” di PD, M5S, AVS, etc., o con un “fronte costituzionale”, sostenuti da riformisti e revisionisti in funzione elettoralistica e di alleanza con la borghesia per salvare il capitalismo.

Esso è un fronte di tutte le sezioni delle masse lavoratrici con propri obiettivi, programma e linea di azione per la lotta contro il nemico di classe.

La formazione di quest’ampia coalizione popolare, con la classe operaia organizzata come forza decisiva, rappresenta la trasformazione della quantità in qualità, dunque un mutamento politico sostanziale. Vanno dunque attirate dalla parte del fronte popolare le forze che hanno avuto un ruolo positivo nelle due settimane di lotta, sviluppando attività unitarie e favorendo una convergenza politica.

In prospettiva, il fronte essendo capace di trarre vantaggio con la sua azione politica rivoluzionaria da una situazione di crisi profonda, avrà una funzione decisiva per respingere l’offensiva capitalista e avvicinare l’inevitabile fine del potere arbitrario dei capitalisti e dei magnati della finanza.

È necessario far vivere l’unità di azione proletaria (il fronte unico) e il fronte popolare in organismi dal basso, nei posti di lavoro (comitati di sciopero, di lotta, etc.) e nel territorio (collettivi, coordinamenti, etc.), creare uno strato di militanti propri di queste realtà, superando le beghe delle burocrazie sindacali, l’opportunismo, e il settarismo che dividono, invece di unire, le masse sfruttate.

Lavorare alla costruzione di tali organismi è fondamentale per abbattere i muri che separano i proletari e sviluppare la loro coscienza di classe.

In conclusione

E’ sempre più chiaro che le formule politiche parlamentari non possono offrire alcuna soluzione ai problemi della classe operaia e delle grandi masse.

Le contraddizioni principali dell’epoca si acutizzano ed esigono soluzioni straordinarie, cioè rivoluzionarie, perché quelle ordinarie ed elettorali non funzionano più.

Chiaramente sono la classe e le grandi masse, ancora schiave di illusioni, pregiudizi e tradizioni riformiste e piccolo borghesi, che dovranno comprendere pienamente ciò, aiutandole a compiere l’indispensabile esperienza politica e a liberarsi dalle influenze deleterie.

La condizione preliminare e irrinunciabile per affermare nei fatti questa linea politica è l’unione del movimento comunista con gli elementi di avanguardia del movimento operaio.

La situazione pone al proletariato compiti nuovi e la questione del partito oggi si pone con più forza di ieri. Senza il partito verrebbe meno l’avanguardia dirigente e combattiva di qualsiasi fronte di massa, come risposta pratica alla politica imperialista, alla fascistizzazione, all’austerità che scarica sulle spalle della classe operaia la crisi, i debiti, le spese di guerra.

La questione del partito comunista, come necessità storica e forza dirigente, assieme al fronte popolare, che unisce e mobilita in un solo senso le riserve rivoluzionarie, per farla finita col dominio imperialista e i suoi governi, è un compito in cui dobbiamo persistere dandovi soluzione.

6 ottobre 2025

Organizzazione per il partito comunista del proletariato

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