Ecuador: si amplia l’opposizione popolare
Uno dei paesi dell’America Latina in cui sta avanzando la lotta operaia e popolare è l’Ecuador.
Il malcontento è in crescita a causa dei problemi strutturali che non possono più essere nascosti: l’aumento del costo della vita, l’aumento della disoccupazione, della povertà che affligge il 28% della popolazione, la crisi del sistema sanitario pubblico, il fallimento nel controllo della criminalità.
Le proteste sono esplose a settembre, dopo la decisione del governo di Daniel Noboa, un esponente dell’oligarchia locale subordinata agli USA, di eliminare i sussidi per il carburante diesel, facendo salire il prezzo da 1,80 a 2,80 dollari al gallone.
Il 15 settembre gli autotrasportatori hanno iniziato i primi blocchi stradali e nei giorni successivi è stato indetto lo sciopero nazionale, che ha coinvolto diverse città, estendendo la mobilitazione alle comunità indigene e popolari. La mobilitazione contro la politica antipopolare e neoliberista di Noboa continua ininterrotta da un mese.
La crisi politica ed economica che attraversa l’Ecuador sta danneggiando seriamente l’immagine del governo.
Una parte significativa della popolazione gli sta voltando le spalle. Si tratta di persone che inizialmente riponevano speranze in Noboa. Questa parte della popolazione è passata dall’aspettativa al malcontento, e dal malcontento al rifiuto aperto.
Il governo di Noboa, nel tentativo disperato di mettere a tacere le voci di migliaia di manifestanti, ha firmato due decreti con i quali ha disposto lo stato di emergenza in diverse province e la mobilitazione delle forze armate per cercare di smobilitare le organizzazioni sociali in lotta.
Nello sciopero del settembre 2025, è stato utilizzato un discorso di guerra per incitare all’odio verso i manifestanti.
Fin dall’inizio del suo mandato, il governo di Noboa, ha fatto ricorso alla vittimizzazione, attribuendo la colpa dei suoi fallimenti ad altri attori politici e sociali.
Si è schierato contro le organizzazioni sociali, popolari, ambientaliste e vari collettivi che chiedono di fare marcia indietro sulle misure antipopolari.
Attraverso i media, il governo diffonde menzogne e manipola l’opinione pubblica, utilizzando espressioni dispregiative e bollando come vagabondi, delinquenti e criminali tutti coloro che esercitano il diritto alla resistenza.
I leader delle organizzazioni sociali, sindacali e delle comunità che si stanno mobilitando vengono discriminati e denigrati; allo stesso tempo, sono stati avviati procedimenti penali contro di loro per generare nella popolazione il rifiuto della protesta che conducono.
Con questo discorso, il governo vuole far credere all’opinione pubblica che esista un nemico della democrazia e dell’economia nazionale, e quel nemico sono le organizzazioni sociali e popolari che si oppongono alla politica antipopolare del regime.
In questo contesto, il governo ha ordinato alle forze armate e alla polizia di reprimere brutalmente le comunità e le organizzazioni sociali in lotta, anche con incursioni militari, come quella avvenuta a Imbabura il 14 ottobre.
Questi due apparati della borghesia attaccano la popolazione con tutta la forza armata di cui dispongono. Non hanno esitato ad affrontare i manifestanti con gas lacrimogeni, proiettili di gomma, esplosivi e veicoli blindati; hanno picchiato e arrestato più di 100 persone.
L’uso della violenza da parte dei militari e della polizia ha provocato centinaia di arresti con l’accusa di terrorismo, di feriti e tre comuneros assassinati: Efraín Fuerez, di 46 anni, dapprima raggiunto da proiettili alla schiena e poi preso a calci dai militari da moribondo, durante la repressione militare nella provincia di Imbabura; il giovane Josè Guamàn, di 30 anni, colpito da tre pallottole a Otovalo; Rosa Paqui, di 60 anni, morta a causa dei gas lacrimogeni.
Non è la prima volta che con Noboa i militari uccidono. Il caso Las Malvinas è emblematico: quattro adolescenti di Guayaquil furono sequestrati da militari della Forza Aerea, nel dicembre 2024, e ritrovati giorni dopo carbonizzati, dopo essere stati torturati e assassinati.
Inoltre, si registrano gravi violazioni dei diritti di libertà di espressione e di associazione, attacchi ai lavoratori della comunicazione e una brutale repressione nei confronti di anziani, donne e bambini presenti nelle azioni di resistenza.
Intanto dall’Italia arrivano risorse finanziarie che alimentano questa infame politica: nel luglio 2025 il governo Meloni ha firmato un accordo con il Paese sudamericano per la cancellazione di 10 milioni di dollari di debito. Un fondo per finanziare formalmente progetti ambientali, ricondotto dallo stesso esecutivo alle spese per la “sicurezza nazionale”.
In questo scenario, in cui le mobilitazioni in corso mostrano la frattura tra un governo che reprime e le masse popolari che resistono, Noboa ha indetto un referendum con cui intende istituzionalizzare con una nuova carta costituzionale la sua concezione reazionaria e autoritaria della gestione dello Stato e installare basi militari straniere (USA) in Ecuador.
Non si tratta di una questione estranea alla lotta che il popolo sta portando avanti: il referendum fa parte del conflitto esistente tra i lavoratori e i popoli dell’Ecuador e l’oligarchia al potere. Sarà un aspetto della prosecuzione della battaglia politica che oggi si svolge nelle strade e che troverà nel NO al governo la sua bandiera.
Da Scintilla n. 155, ottobre 2025
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