Ex Ilva: si prepara un mare di licenziamenti
Basta tavoli! È l’ora della lotta!
All’ultimo incontro dell’11 novembre tra governo e sindacati il numero di cassintegrati è salito da 4500 a 5700 dal 15 novembre ed a 6000 dal 1° gennaio. Il governo ha comunicato la decisione di chiudere le cockerie importando il cocke dall’estero; quindi di non procedere, né a Taranto né a Gioia Tauro, alla costruzione dell’impianto di rigassificazione per la grande quantità di metano occorrente agli impianti di preridotto (DRI) necessari a sostituire gli altiforni per avere l’acciaio green da minerale di ferro. Il ministro Urso ha infatti sostenuto che basterà potenziare la rete metanifera esistente ed ottenere da ENI un prezzo di favore! Ed ha detto no alla richiesta che lo Stato acquisisca – anche solo temporaneamente – gli impianti. Il governo ha inoltre sostenuto di avere le risorse per procedere alla riconversione (ci risulta che ne abbia meno di metà), mentre continuano le trattative per la cessione e si vocifera su una nuova offerta d’acquisto proveniente da Qatar.
È inoltre trapelato che la proposta iniziale di Bedrock Industries sarebbe arrivata a 5000 dipendenti dai 3000 iniziali.
Infine, magicamente, i tempi di ristrutturazione dimezzerebbero passando a 4 anni.
Questi i “fatti” emersi, che hanno determinato la “rottura del tavolo negoziale” con le OO.SS.
Grossomodo la cifra sul totale dei cassintegrati (ne vanno però aggiunti altri 1.600 permanenti in amministrazione straordinaria) è sull’ordine di grandezza degli esuberi prospettati da Bedrock. Una marea. Come non vedere una correlazione tra le due cifre?
Ma si prospetta anche di peggio, ossia la chiusura delle acciaierie.
Le OO.SS. hanno annunciato un nuovo avvio di mobilitazione ed iniziative, ma andranno al “nuovo” tavolo ministeriale convocato per martedì 18 novembre!
Quella dei tavoli è una tiritera che va avanti da troppo tempo e che è servita non poco a spargere illusioni, a provocare attesismo, a depotenziare mobilitazioni e iniziative di lotta.
Non deve accadere di nuovo. Soprattutto in assenza di fatti concreti che seguano le promesse e le belle parole. Alle belle parole sono seguiti solo cassintegrati con la riduzione al minimo degli impianti.
Esigiamo il ritiro della cassa integrazione e l’avvio immediato del piano di decarbonizzazione e risanamento, ammesso che esista per davvero!
Basta sacrifici sull’occupazione operaia e sulla salute. La classe operaia ha già dato.
Occorre da subito, da proporre già nelle assemblee, una mobilitazione larga ed unitaria con iniziative di lotta dure e incisive di cui la classe operaia di Taranto (e Genova) ha dimostrato, anche in un passato recente, di saper praticare.
Il governo deve essere inchiodato alle sue responsabilità. Deve essere costretto ad agire dando seguito a quanto promesso. Cominci ad investire quanto dice di avere in cassa, prima di ogni discorso sugli assetti proprietari.
Occorre battere la pratica delle iniziative e delle scadenze separate per ricostruire nella classe una fiducia sue forze, dopo mesi di melina indotti dalla tattica governativa al cui gioco le maggiori confederazioni sindacali, in un orizzonte riformista di sempre di collaborazione di classe, si sono prestate.
E va lasciato da parte ogni discorso sulla difficoltà a mobilitare gli operai, che in questo contesto è un alibi per non dare battaglia.
Certo, il cattivo esempio viene dai vertici sindacali, nazionali e dell’ex-Ilva. Non su questi si deve far leva, ma sul tessuto di operai e delegati coscienti che vanno riuniti e galvanizzati da una mobilitazione dal basso, con la costruzione di comitati di lotta, che la situazione di eccezionale gravità rende possibile e necessaria.
Come dicevamo nel numero di ottobre di Scintilla la lotta sarà lunga ed aspra. Non esistono alternative che non portino alla sconfitta.
La battaglia dell’ex-Ilva deve essere vinta!
(precedenti interventi sono stati pubblicati negli ultimi numeri di Scintilla, alcuni riportati in codesto sito, p. es. il 25 ottobre 2025)
Organizzazione per il Partito Comunista del Proletariato
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