Feliks E. Dzeržinskij, il “giacobino proletario”

Feliks Edmundovič Dzeržinskij (1877-1926) fu un grande rivoluzionario che dedicò la sua esistenza alla lotta per il comunismo.
Nato nei pressi di un villaggio polacco (oggi bielorusso), abbracciò ben presto il marxismo e decise di dedicarsi totalmente alla diffusione delle idee del socialismo scientifico fra i lavoratori.
Prima della Rivoluzione Socialista d’Ottobre, Dzeržinskij passò la maggior parte della sua vita in carcere o ai lavori forzati.
Nell’agosto 1917 venne eletto al Comitato Centrale e alla Segreteria del C.C. del Partito bolscevico. Nell’ottobre fu designato al Comitato Militare Rivoluzionario e partecipò attivamente all’insurrezione armata che abbatté la borghesia
Nel dicembre del 1917 lo sperimentato rivoluzionario Dzeržinskij fu chiamato dal Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom), su proposta di Lenin, a organizzare e presiedere la “Commissione straordinaria panrussa per la lotta alla controrivoluzione, al sabotaggio e ai crimini commessi nell’esercizio delle proprie funzioni”, comunemente chiamata “Čeka” (1918-1922).
Il problema della creazione di questo speciale organo della dittatura del proletariato sorse in relazione alla necessità di stroncare il sabotaggio, che era il modo più diffuso di resistenza della borghesia rovesciata, che voleva affamare milioni di uomini e donne, il brigantaggio e la controrivoluzione. A quest’opera Dzeržinskij votò tutto se stesso.
La Čeka sorse come organo di prevenzione dei crimini antisovietici. Le misure repressive di cui disponeva furono la confisca, il domicilio coatto, la privazione della tessera per i generi alimentari, la pubblicazione del nome nelle liste dei nemici del popolo, la consegna dei criminali ai tribunali rivoluzionari, il disarmo completo della borghesia e degli elementi ostili.
Fin dai primi mesi, con Dzeržinskij alla testa, la Čeka inflisse colpi micidiali ai cospiratori controrivoluzionari e sfruttatori.
Nei primi mesi della sua attività non ricorse mai al terrore. Soltanto il terrorismo delle guardie bianche e delle truppe dell’intervento imperialista costrinse la dittatura del proletariato a ricorrere
dapprima all’azione di difesa rivoluzionaria senza riserve contro le orde della Germania imperialista e in seguito al terrore rosso, che fu lanciato nel settembre del 1918.
Dzeržinskij, definito da Lenin il «giacobino proletario», svolse un ruolo cruciale nell’aspra lotta alla controrivoluzione e contro l’invasione delle potenze imperialiste, nella difesa del potere dei soviet degli operai e dei contadini, instaurato con la rivoluzione d’Ottobre.
Egli fu il massimo dirigente di questo difficilissimo compito, che portò con una dedizione totale alla causa della classe operaia, una fiducia illimitata nelle sue potenzialità e capacità.
Tenne sempre fede a quelle che indicava come le qualità indispensabili di un “cekista”: “cuore ardente, mente fredda e mani pulite”.
Dzeržinskij ripeteva che il proletariato fu obbligato in quegli anni a rispondere colpo su colpo, adottare metodi di lotta duri, anche spietati. Ma aggiungeva che quei metodi non erano “il nostro metodo”. La sua preoccupazione rimaneva il rispetto per il nemico arrestato, il mantenimento della sensibilità umana.
Avendo sperimentato il trattamento riservato ai detenuti nelle carceri e nei campi di concentramento capitalistici Dzeržinskij non permise mai che sotto la sua direzione avvenisse qualcosa di simile. Punì severamente chi non sapeva dominarsi e allontanò dalla Čeka chi si era indurito e non fosse attento e umano nei riguardi degli arrestati, perché capiva perfettamente che per vincere in quella guerra occorreva dimostrarsi immensamente superiori ai nemici di classe, sotto ogni aspetto, compreso quello morale.
Aspetto caratteristico del metodo di Dzeržinskij fu il rapporto con gli operai, i lavoratori, che coinvolgeva sistematicamente nelle sue iniziative:dovevano non solo comprendere il perché di certe decisioni, ma diventare essi stessi i protagonisti attivi.
Con la stessa completa dedizione e con la saldezza nei principi, Dzeržinskij si mise al servizio dei compiti del “tempo di pace” per risollevare la Russia sovietica dalle rovine, dalla carestia, dalla fame.
Eletto alle più alte cariche del governo e del partito, assunse importanti compiti e incarichi politici: dalla difficile organizzazione dei trasporti ferroviari, essenziale per l’approvvigionamento dell’immenso paese, all’assistenza e recupero fisico e morale dei bambini e degli adolescenti rimasti senza famiglia e senza casa, dagli affari interni alle vie di comunicazioni. Aiutò la Comune di lavoro di Anton S. Makarenko, il grande pedagogo sovietico, a produrre fotocamere (denominate FED, acronimo del suo nome) e fu responsabile della produzione di calcolatrici meccaniche (le “Iron Feliks”).
Come presidente del Consiglio per l’economia popolare dell’URSS, Dzeržinskij condusse la lotta per la ricostruzione e lo sviluppo dell’industria metallurgica e dell’industria pesante, affinché la Russia si trasformasse in un grande paese socialista.
Dzeržinskij fu sempre nel fronte più difficile della lotta di classe, in prima fila nella battaglia,
dando l’esempio, con una forza d’animo, una capacità di individuare i nemici di classe, una cura nei minimi particolari e una fiducia nella vittoria finale che sorprendevano chiunque l’avvicinasse.
Sempre dalla parte del bolscevismo e di Lenin, dopo la sua morte Dzeržinskij si schierò dalla parte di Stalin. Nel suo ultimo discorso al Plenum unificato del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo del PCR(b), svolto nel luglio 1926, smascherò l’attività ostile del blocco trozkista-zinovievista.
La morte prematura lo colse nel fuoco di quest’ultima battaglia in difesa dell’unità del partito e della linea leninista, nel compimento di quello che egli considerava un dovere profondamente sentito come “una necessità organica”.
Dzeržinskij combattè fino all’ultimo per la causa del proletariato.
Una causa a cui aveva deciso, fin dalla prima giovinezza, di dedicare la sua intelligenza, la sua volontà, le sue energie, sempre anteponendo l’interesse della classe operaia a qualsiasi sentimento ed esigenza personale.
Consigliamo ai compagni e alle compagne la lettura del libro “Dzeržinskij, il “giacobino proletario” di Lenin, di A.V. Tiskov, ed. Zambon (con prefazione di Adriana Chiaia).
Un libro che, di fronte alla infamante opera di criminalizzazione di Dzeržinskij, orchestrata per decenni dai media borghesi, rende piena giustizia ad un grande rivoluzionario comunista.
Da Scintilla n. 148, ottobre 2024
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