Gli sviluppi della guerra in Ucraina e il movimento di lotta per la pace

A seguito dei minimi progressi dell’ampiamente propagandata controffensiva ucraina – in realtà un insuccesso dovuto a impreparazione, disorganizzazione, diserzioni di massa, mancanza di copertura aerea e limitazioni nell’artiglieria, deficienze tattiche, difficoltà logistiche, pesanti perdite di uomini e mezzi … – il blocco imperialista USA/Nato/Ue è costretto a ripensare la sua tattica politico-militare per portare avanti una guerra che ha istigato, finanziato e armato per anni allo scopo di mettere in ginocchio la Russia imperialista, principale alleata della superpotenza imperialista cinese che sfida l’egemonia nordamericana.
La lentissima e sanguinosa controffensiva di Kiev aveva l’obiettivo di raggiungere la città di Melitopol e il Mar d’Azov per spezzare la continuità tra la regione del Donbass occupata dai russi e la Crimea, tagliando il corridoio terrestre e strappando quanto più territorio alle truppe russe per continuare a ottenere l’appoggio militare e finanziario dell’occidente imperialista e avviare un negoziato da una posizione di maggiore forza con Mosca.
Tale obiettivo è in gran parte fallito: le truppe di Kiev in tre mesi hanno recuperato una minima porzione del territorio saldamente controllato e trincerato dalle forze russe, che sono avanzate in altre aree per distarre le forze ucraine. Questo mentre Putin regolava i conti con Prighozin, divenuto troppo potente e inaffidabile, e decretava la fine della relativa autonomia dei mercenari della Wagner.
Con il piovoso autunno che si avvicina, la situazione sul terreno di battaglia non cambierà nella sostanza.
Questa situazione ha determinato un cambio di narrativa in taluni media occidentali (non in quelli italiani asserviti a zio Sam e al governo della sua lacchè), che hanno progressivamente abbandonato il ritornello di “perseveranza e unità” spingendosi a prendere le distanze dai fallimenti ucraini e perfino a pubblicare critiche al corrotto regime di Zelensky. Vi è anche chi parla (come Kissinger) di rinunce del territorio da parte dell’Ucraina.
Segno che la tenuta politica e sociale delle conseguenze di una prolungata guerra di logoramento, anche se combattuta per interposto stato vassallo che non è in condizioni per vincerla, comincia a vacillare.
L’opinione pubblica, in particolare l’opinione della classe operaia, non è mai stata in maggioranza favorevole all’invio di armi e fondi, e ancora di meno sono i favorevoli a sostenere gli enormi costi della ricostruzione ucraina che vogliono dire meno salario, meno servizi, meno pensioni, peggioramento delle condizioni di vita.
Le contraddizioni fra briganti messi a dura prova, specie quelli europei, si acuiscono; la realpolitik di alcuni settori borghesi esce allo scoperto assieme alla recessione economica e ai contraccolpi delle sanzioni.
Mentre i governi continuano a incitare il popolo ucraino al sacrificio, in nome dei propri esclusivi interessi imperialisti, le voci favorevoli a un negoziato si moltiplicano. Ma questo non significa che la fine della guerra sia in vista, tutt’altro.
Nonostante le difficoltà sul campo, nonostante la guerra sia diventata un’arma a doppio taglio, le ragioni strategiche e politiche che l’hanno originata permangono.
La NATO continua ad ampliarsi ad est e a riarmarsi per assicurare il predominio mondiale USA (indebolendo rivali e alleati) e perciò deve fiaccare la Russia, che da parte sua non può perdere zone di influenza decisive per le sue ambizioni imperialiste e perciò deve continuare a fare ricorso alla guerra. Nessuna delle parti in lotta è in grado di raggiungere un consenso sulle dispute territoriali.
La situazione in tutta l’area rimane esplosiva, la tendenza è all’ampliamento e alla escalation del conflitto (che oggi viene combattuto anche in territorio russo) e non si può escludere l’apertura di un secondo fronte di guerra, caldeggiato da paesi come la Polonia, la Lituania, la Georgia.
La carneficina che va avanti da 18 mesi nel cuore dell’Europa è una conseguenza e una chiara indicazione del significativo inasprimento delle contraddizioni interimperialiste, che non si placheranno nel prossimo periodo ma diverranno più stridenti, anche se dovessero iniziare dei colloqui fra Russia e Ucraina.
Un aspetto di questa tendenza è il riarmo dei paesi imperialisti europei, fra cui l’Italia, la militarizzazione sociale (che avanza anche con i Figliuolo e i Vannacci), l’aumento continuo dei bilanci militari a scapito della spesa sociale, i sovrapprofitti dei monopoli bellici, la continua restrizione dei diritti democratici dei lavoratori, realizzati servendosi della guerra in corso.
Allo stesso tempo, nelle condizioni attuali l’importanza della lotta per la pace è aumentata, particolarmente in Europa.
Sappiamo che il movimento di lotta alla guerra è ancora debole e sottoposto a varie influenze borghesi, scosso da notevoli contraddizioni, confuso e disorientato.
Una delle ragioni della sua debolezza è lo scarso ruolo della classe operaia organizzata al suo interno, dovuto alla sfrenata propaganda della borghesia e all’influenza dei riformisti e dei revisionisti (i primi considerano solo la Russia come potenza aggressiva, i secondi solo gli USA e la NATO). Tuttavia, slogan come “fermare la guerra in Ucraina”, “no all’invio di armi”, “fuori l’Italia dalla NATO”, vanno acquistando consensi fra le ampie masse che comprendono che la guerra in corso è incompatibile con i loro interessi vitali.
La lotta per la pace non può mirare a una “pax americana”, oppure a una “pax russa” o “cinese” (l’imperialismo non potrà mai assicurare una pace giusta, ma solo una pace ingiusta, ingerenze politiche, diplomazia segreta, etc.), non può prendere di mira solo gli USA e gli alleati della NATO, oppure solo la Russia, ma deve prendere di mira tutti gli imperialisti e il sistema capitalista-imperialista nel suo complesso.
Chiaramente non possiamo accontentarci di affermare questo. Siamo chiamati come comunisti (m-l) ad assumere un ruolo più incisivo nel movimento di lotta per la pace e a fare la nostra parte affinché esso determini correttamente la sua direzione.
In questo senso il rilancio dell’azione unitaria contro il governo guerrafondaio e sciovinista di Meloni e tutti i fautori di guerra, contro le basi militari USA/NATO e il riarmo, contro l’invio di armi e fondi in Ucraina, per il ritiro delle truppe inviate all’estero, per l’uscita dalla NATO e da tutte le alleanze imperialiste – che vedrà il 20 ottobre lo sciopero dei sindacati conflittuali e il 21 ottobre una giornata di mobilitazione nazionale con manifestazioni davanti le basi di Ghedi, Coltano e altre basi della guerra e della morte – sarà una tappa importante di un processo di lotta, chiarificazione e unità antimperialista e internazionalista, volto allo sviluppo del movimento di lotta per la pace e la solidarietà fra i popoli, per una società diversa e migliore, quella socialista.
Da “Scintilla” n. 137 (settembre 2023)
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