La classe operaia sovietica – privata dei mezzi di produzione

LA CLASSE OPERAIA SOVIETICA – PRIVATA DEI MEZZI DI PRODUZIONE
DI VENIAMIN TOÇI e KIÇO KAPETANI[1]
La degenerazione del potere statale in Unione Sovietica, il cambiamento delle funzioni interne ed esterne della dittatura del proletariato, la liquidazione della proprietà socialista e la degenerazione dei rapporti socialisti di produzione, il cambiamento della composizione di classe della società sovietica e la creazione della nuova borghesia revisionista hanno estromesso la classe operaia sovietica dalla direzione del paese, trasformandola in una classe sfruttata.
Come conseguenza del grande tradimento della cricca revisionista kruscioviana, come conseguenza della negazione e dell’abbandono aperto di questa cricca della teoria e della pratica della rivoluzione e della costruzione socialista, l’Unione Sovietica è oggi stata trasformata in uno stato borghese di tipo speciale. È stata trasformata in una potenza imperialista che persegue una politica espansionista e che compete con altri paesi capitalisti per la divisione e il dominio del mondo per posizioni egemoniche. Questo processo controrivoluzionario, che si approfondisce continuamente, è iniziato con la degenerazione borghese della sovrastruttura socialista, del partito e della dittatura del proletariato, con la loro burocratizzazione e con quella dei quadri.
Distorcendo la teoria marxista-leninista della rivoluzione proletaria e della costruzione del socialismo, i revisionisti kruscioviani hanno creato grande confusione ideologica e hanno disarmato la classe operaia di fronte all’ideologia borghese e riformista. Hanno lastricato la via per la controrivoluzione ideologica che è servita da preludio alla controrivoluzione nella politica e nell’ordine socio-economico. Le bandiere di questa controrivoluzione sono divenute «la coesistenza pacifica», «la via pacifica della transizione al socialismo», «la transizione al socialismo sotto la direzione di un partito non-proletario», l’esportazione della rivoluzione e del socialismo attraverso «la competizione economica» con il capitalismo, «lo stato di tutto il popolo» kruscioviani, ecc.
La classe operaia e i popoli rivoluzionari del mondo sono testimoni di questo corso controrivoluzionario della direzione revisionista sovietica, sia nella sua politica interna che in quella estera. Una nuova espressione del tradimento revisionista, e una grave sfida a tutti i popoli del mondo, sono i nuovi accordi sovietico-statunitensi che sono stati conclusi recentemente tra le due superpotenze come risultato della visita di Breznev negli USA. Attraverso questi accordi le due parti puntano a stabilire in comune una dittatura controrivoluzionaria internazionale, prendendo il destino e il futuro dell’umanità nelle loro mani, giudicando congiuntamente e colpendo le sollevazioni per la liberazione nazionale e le lotte dei popoli, strangolando ovunque nel mondo il movimento operaio e rivoluzionario, usando per questo scopo il ramo d’ulivo così come la selvaggia violenza militare. Questi accordi mostrano ancora una volta che, malgrado le inevitabili contraddizioni tra di loro, gli imperialisti statunitensi e i socialimperialisti sovietici si sono ora allineati in un fronte comune contro i popoli, si supportano e si incitano l’un l’altro nelle loro mire predatorie e aggressive.
1.
Come risultato della degenerazione borghese, la classe operaia sovietica è stata privata della sua missione storica in quanto classe al potere, in quanto classe dirigente egemonica. È rimasta una mera forza produttiva in una situazione simile a quella della classe operaia nei paesi capitalisti. In realtà viene costantemente proletarizzata, in senso politico e ideologico, così come in senso economico e sociale.
Innanzitutto, la classe operaia sovietica è stata privata dell’ideologia rivoluzionaria; è stata disarmata ideologicamente. Non assicura più la leadership ideologica alla vita sociale del paese. Per fini demagogici i revisionisti parlano di «sviluppo», «arricchimento» e «applicazione creativa» del marxismo-leninismo. Hanno fatto ciò al XXIV Congresso del loro partito revisionista e in manifestazioni successive della loro vita politica e sociale. I revisionisti sovietici hanno trasformato le basi ideologiche, politiche e organizzative del partito comunista nel loro opposto. Di conseguenza, la classe operaia non solo è rimasta senza la propria ideologia, ma anche senza la propria avanguardia politica – un vero partito comunista. Il partito revisionista è diventato un ricettacolo per i borghesi e gli elementi degenerati, per l’aristocrazia operaia, i burocrati e i tecnocrati. Al XXIV Congresso del loro partito i revisionisti moderni sovietici hanno annunciato che il 44,8% degli effettivi del partito sono colletti bianchi e solo il 40,1% sono operai, in un’epoca in cui gli operai costituiscono il 58% del numero totale del popolo lavoratore del paese. Tra i membri e i membri supplenti dei comitati di partito nei distretti e nelle città (quindi, si tratta delle organizzazioni di base), solo circa il 40% sono operai e contadini presi insieme. Questo significa che il 60% sono colletti bianchi. Questo dato mostra che il partito revisionista è di fatto un partito di colletti bianchi, un partito di intellettuali, un partito di burocrati e non un reale partito della classe operaia.
Tuttavia, i revisionisti kruscioviani stanno cercando di mantenere l’apparenza «operaia» del loro partito, mantenendo ancora un numero relativamente alto di operai e contadini nei loro ranghi, sebbene la legge nel partito sia fatta dall’élite borghese al potere. Dall’altra parte occorre ricordare che la percentuale di operai dev’essere vista con riserva, nel senso che alcuni di loro sono elementi aristocratizzati che non rappresentano né la classe operaia né i suoi reali interessi ideologici, politici, sociali ed economici.
Per amore della demagogia e dell’inganno, i revisionisti sovietici continuano a mantenere il nome di «partito comunista», ma nel bilancio finale non è il nome che definisce il carattere reale di un partito marxista-leninista. Questo è definito dai compiti e dagli obiettivi che il partito si pone, dall’ideologia per cui milita, dalla sua politica interna ed esterna, dalla sua composizione sociale e dalla posizione che occupa nella società e nell’intero sistema di gestione della vita socio-economica del paese.
L’esclusione della classe operaia dalla direzione della vita del paese è espressa su larga scala nella degenerazione del potere statale, nel cambiamento delle funzioni interne ed esterne della dittatura del proletariato e della sua composizione di classe. I revisionisti sovietici hanno proclamato fragorosamente la tesi del cosiddetto stato di tutto il popolo. In realtà, qui siamo di fronte ad un’utopia, nel quadro interno come in quello esterno dei rapporti delle forze sociali. Lo stato, come categoria storica, non può essere altro che una dittatura della classe al potere. Lo stato capitalista è una dittatura della grande borghesia monopolistica. Lo stato socialista è una dittatura del proletariato, una dittatura della classe operaia. Sulla base degli insegnamenti del marxismo-leninismo, questo stato si estinguerà senza che sia necessario trasformarlo in uno «stato di tutto il popolo». Si estinguerà quando le classi si estingueranno e quando il comunismo trionferà finalmente su scala mondiale.
Il potere statale in Unione Sovietica è di fatto nelle mani della borghesia revisionista, nelle mani dei burocrati e dei tecnocrati, nelle mani delle persone privilegiate, distaccate dalla classe operaia e dagli interessi del popolo lavoratore. Questa è stata la base per l’emersione della grande inflazione e del feticismo degli apparati, così come di qualsiasi cosa proveniente da questi. Lo stato sovietico è stato gradualmente de-proletarizzato dal punto di vista della sua composizione di classe e dal punto di vista delle funzioni interne ed esterne che ha assunto.
Anche fisicamente la classe operaia sovietica è stata privata del diritto di dirigere lo stato. Secondo informazioni ufficiali, nel Soviet Supremo dell’Unione Sovietica il peso specifico dei colletti bianchi e degli intellettuali è superiore di oltre l’8% rispetto a quello degli operai e dei contadini collettivi presi assieme (Vedi «SSSR i zarubezhnije strani posle pobedi velikoj socialisticeskoj revolucii», Statisticeskij sbornik, Moskva 1970).
Burocrati, colletti bianchi e intellettuali costituiscono la maggioranza assoluta negli organi dello stato revisionista, eletti o nominati. Sono precisamente questi uomini con potere illimitato che impongono la loro volontà sugli organi legislativi, che dettano e stabiliscono le leggi e i regolamenti. Essi calpestano i diritti democratici e le libertà delle masse lavoratrici, nonostante propagandino fragorosamente la loro cosiddetta democrazia socialista. È noto che non solo le ampie masse lavoratrici, ma anche i cosiddetti organi eletti non prendano parte nella formulazione della politica e delle posizioni, su questioni interne o esterne, nella formulazione delle principali leggi e decisioni, nel loro esame ed applicazione. Queste sono di competenza esclusiva del circolo ristretto della cricca al potere, mentre alla classe operaia e al resto del popolo lavoratore sono presentate con un fatto compiuto.
Inoltre, gli organi legislativi sono sotto il controllo effettivo degli organi esecutivi, degli apparati burocratizzati e imborghesiti. Esistono pochi paesi nel mondo dove la burocrazia ha concentrato poteri così grandi e incontrollati nelle sue mani come in Unione Sovietica. La burocrazia in quel paese mantiene nelle sue mani non solo il monopolio ideologico ma anche il potere politico ed economico. La burocrazia e il burocratismo sono stati elevati a sistema, si sono trasformati in metodi e stili di giudizio, di azione e di vita. La macchina burocratica sfrutta a tutti i livelli la classe operaia e le altre masse lavoratrici, esercita violenza politica ed economica contro di essi ed è divenuta un ostacolo all’uso razionale delle risorse naturali e umane.
2.
La degenerazione borghese del partito e dello stato sovietico ha portato inevitabilmente alla degenerazione della proprietà dei mezzi di produzione, che è l’elemento basilare dei rapporti di produzione. Parlando di questa questione al VI Congresso del PLA, il compagno Enver Hoxha ha detto: « Il mutamento del carattere del partito e dello Stato, la trasformazione controrivoluzionaria nel campo della sovrastruttura politica e ideologica non potevano non portare anche al mutamento della base economica del socialismo. Le riforme economiche intraprese dai kruscioviani, in conformità con le loro concezioni ideologiche antimarxiste, hanno portato a un radicale mutamento dei rapporti di produzione». (Enver Hoxha, Rapporto al VI Congresso del PLA, pagina 236).
L’espressione più concentrata della separazione della classe operaia dalla direzione effettiva dello stato e dell’economia è senza dubbio la sua privazione dei principali mezzi di produzione, la liquidazione della proprietà socialista e la degenerazione dei rapporti socialisti di produzione. Era chiaro che dopo la degenerazione della sovrastruttura sarebbe seguita immancabilmente la degenerazione della base economica stessa. La sovrastruttura degenerata deve immancabilmente avere una corrispondente struttura degenerata. Su questa questione i revisionisti moderni hanno agito e continuano ad agire demagogicamente perché non era e non è facile per essi dichiararsi apertamente contro la proprietà socialista.
La riforma economica svolta dai revisionisti sovietici ha cambiato nell’essenza l’intero sistema di possesso e di amministrazione della precedente proprietà socialista; ha cambiato la proprietà dallo stato socialista come rappresentante diretto della classe operaia e delle altre masse lavoratrici, trasferendola gradualmente nelle mani della nuova borghesia revisionista.
Per via di molti fattori politici, economici, storici e psicologici, la proprietà non poteva essere fatta degenerare attraverso la spartizione capitalista della proprietà nella forma classica di passaggio al possesso capitalista individuale. Questo passaggio è stato compiuto preservando le apparenze della proprietà statale e conferendole il carattere di proprietà monopolistica statale. Nel bilancio finale, non è di alcuna importanza per la classe operaia se la proprietà è nelle mani dei capitalisti individuali o nelle mani del capitale comune nella forma dei monopoli statali. In entrambi i casi è presente sfruttamento, sia sfruttamento capitalista individuale o capitalista collettivo.
Il carattere della proprietà e dei rapporti di produzione, definiscono anche il vero carattere dello stato. Ma anche quest’ultimo esprime e definisce il carattere della proprietà e dei rapporti di produzione. Coloro che hanno la macchina statale nelle loro mani possiedono anche i principali mezzi di produzione e usano la macchina statale come una potente arma per incrementare la loro ricchezza e il profitto capitalista. I classici del marxismo-leninismo hanno sottolineato che il carattere della proprietà dipende dalla natura dell’ordine economico-sociale e dello stato.
Parlando delle nazionalizzazioni, Karl Marx disse: «… finché le classi ricche rimangono al potere, ogni nazionalizzazione rappresenta non la liquidazione dello sfruttamento, ma solo il cambiamento della sua forma…» (K. Marx, F. Engels, Opere, vol. 28, ediz. russa, pagine 301-302).
Procedendo da queste tesi di Marx, possiamo definire anche il carattere della proprietà statale in Unione Sovietica. La nuova borghesia sovietica ha preso il potere statale non come un fine in sé, ma come un potente mezzo per arricchirsi e per trarre profitti materiali. Attraverso lo stato ha preso anche la proprietà statale e l’ha trasformata in una proprietà capitalista di tipo speciale.
Formalmente e nell’apparenza esterna la proprietà statale in Unione Sovietica è chiamata proprietà socialista, ma in realtà ha perso il suo carattere un tempo socialista. Con la separazione della classe operaia dalla direzione della vita del paese, la proprietà statale è stata usata dalla nuova borghesia sovietica come un mezzo d’arricchimento e profitto, appropriandosi del plusvalore creato dalla classe operaia.
Con il cambiamento del carattere della proprietà, sono cambiati anche lo scopo della produzione e la destinazione dei risultati del lavoro. Anche il sistema di gestione e di pianificazione è fondamentalmente cambiato. Privare la classe operaia dei mezzi di produzione ha comportato, come conseguenza, la sua separazione dalla direzione effettiva dell’economia e della produzione. Con la riforma economica, i revisionisti kruscioviani hanno rimpiazzato il sistema di pianificazione socialista dell’economia con un sistema «flessibile» di pianificazione, dando completa autogestione alle imprese per agire in modo sfrenato nei campi della produzione, della distribuzione, dell’accumulazione, degli investimenti di capitale, ecc. Il diritto che è stato dato ai direttori delle imprese per l’uso, l’amministrazione, la vendita dei beni prodotti, ecc., i loro diritti nel campo dei rapporti di scambio e distribuzione dei prodotti, mostrano chiaramente l’uso capitalistico personale della proprietà e dei risultati del lavoro nelle imprese economiche dell’Unione Sovietica. Qui sta la fonte della concorrenza per il maggior profitto possibile, che ha stravolto tutte le imprese economiche del paese. Deriva da ciò la mancanza di alcune merci in un’area o distretto del paese e il loro surplus in altre aree e distretti, o anche il fenomeno che la stessa merce della stessa qualità sia venduta a prezzi differenti in uno stesso mercato.
Nel processo della degenerazione della proprietà, i revisionisti sovietici hanno realizzato cambiamenti importanti nel criterio della costruzione delle imprese economiche, nelle loro caratteristiche economiche e giuridiche, nei loro legami col meccanismo della riproduzione del prodotto sociale, così come nella loro distribuzione geografica. Hanno creato unioni di monopoli di tipo capitalistico nell’industria, nell’agricoltura, nei trasporti e in altre branche economiche, unioni che fagocitano continuamente le imprese piccole e medie e che comportano un grande spostamento di riserve e di fornitura di lavoro. Un fattore motivante di questo processo spontaneo è l’assicurazione dei profitti capitalistici. Il fatto che la classe operaia sia privata della proprietà dei mezzi di produzione è visto chiaramente anche nel modo in cui sono usati i fondi creati nelle imprese. È calcolato che l’80-85% dei fondi di incentivo materiale vadano nelle tasche dei direttori. Secondo statistiche ufficiali, negli ultimi 4-5 anni al personale tecnico-ingegneristico sono stati dati 12 volte più bonus mensili rispetto agli operai e ai colletti bianchi 6-7 volte di più (Vedi: Seria Ekonomicheskaja, Nr. 2, anno 1972, pagina 47).
3.
La degenerazione capitalista della proprietà non poteva non condurre anche ad una degenerazione capitalistica del principio di remunerazione. Infatti, i revisionisti sovietici hanno rimpiazzato la remunerazione secondo il lavoro svolto con un intero sistema di divisione dei redditi, che permette alla nuova borghesia ogni possibilità di appropriazione del lavoro e del sudore della classe operaia e delle altre masse lavoratrici, garantendosi redditi molte volte maggiori di quelli degli operai e dei contadini. Come risultato, è stata creata una differenziazione marcata nei redditi, che favorisce in primo luogo i direttori dell’apparato burocratico del partito, dello stato e dell’economia. Ciò ha inevitabilmente comportato la crescita della polarizzazione capitalistica dell’attuale società sovietica e su questa base l’aggravamento dell’antagonismo sociale. Evidenziando il bisogno e l’importanza della riduzione delle differenze dei salari nel socialismo, V. I. Lenin ha sottolineato tra le altre cose: «Sotto il regime socialista i funzionari cessano di essere «burocrati», o «colletti bianchi» nella misura in cui il pagamento sia ridotto al salario medio del popolo lavoratore» (V. I. Lenin, Opere Scelte, vol. II pagina 235). Attualmente, tuttavia, nell’Unione Sovietica c’è una grande discrepanza nei redditi di differenti gruppi e sezioni della popolazione. È sufficiente menzionare che i direttori delle imprese economiche, quando sono adempiuti gli indici dei piani, possono ricevere un bonus supplementare annuale fino a 7 salari mensili, senza includere altri tipi di incentivi materiali.
Attraverso bonus cospicui per il personale dirigente del partito e degli apparati dello stato e dell’economia, è stata creata in Unione Sovietica la casta dei nuovi boss che si sta ingrassando dallo sfruttamento del lavoro operaio. I salari e i bonus che questi boss ricevono non sono affatto in diretta proporzione al loro lavoro e non rappresentano affatto la remunerazione secondo il lavoro. Molte imprese sovietiche hanno implementato e stanno espandendo un sistema di bonus per mezzo del quale il 50% dei fondi acquisiti dalla riduzione del numero degli operai come risultato dell’incremento dell’intensità di lavoro sono inseriti nel fondo dell’incentivo materiale supplementare, da cui traggono profitto principalmente i direttori burocratici e tecnocratici che dirigono questa «operazione razionalizzatrice».
In Unione Sovietica, con l’implementazione della riforma economica, c’è stato un grande incremento dell’intensità di lavoro e della fluttuazione della forza lavoro che spesso assume la forma di un «mercato nascosto» della disoccupazione. Questi due fenomeni si sviluppano parallelamente col processo reale di decentralizzazione dell’economia e in generale con il processo di degenerazione dei rapporti di distribuzione, scambio e consumo del prodotto sociale. Usando la tesi dell’aumento della produttività del lavoro e dell’efficienza della produzione come una maschera, una serie di metodi «scientifici» sono stati applicati per incrementare la scala d’intensità del lavoro degli operai, con l’obiettivo di incrementare i profitti e il fondo dell’incentivo materiale supplementare.
Non è un caso che nell’economia sovietica, proprio come nelle economie dei paesi capitalisti, esista il fenomeno della disoccupazione, operante in condizioni specifiche e principalmente nella forma di disoccupazione nascosta. Secondo le ammissioni dei circoli revisionisti stessi, in Unione Sovietica, ogni anno, solo una media di 3 milioni di popolazione urbana (non includendo la popolazione rurale) si muove per il paese in cerca di lavoro. Se prendiamo in considerazione che l’80% di questa migrazione interna è costituita di persone in età lavorativa, e senza calcolare qui i movimenti nella campagna e dalla campagna alla città, risulta che il 10% dei lavoratori non prende praticamente parte alla produzione (Vedi: Ekonomika i Organizacija Promishlenovo Proisvodstva Nr. 3, 1972, pagina 29-30).
Assieme alla privazione dei mezzi di produzione, la classe operaia è stata separata da tutte le funzioni di direzione e amministrazione. Queste funzioni sono state concentrate nelle mani dei quadri burocratizzati che dirigono la produzione nei loro interessi, incrementando lo sfruttamento del popolo lavoratore con qualunque metodo.
I burocrati e tecnocrati sovietici, trasformati in una classe in sé, stanno aumentando continuamente. Ciò è mostrato dai dati riguardanti la struttura di classe dell’attuale società sovietica. Così, mentre nel 1939 i colletti bianchi e le loro famiglie erano il 17,7% della popolazione dell’Unione Sovietica, nel 1970 rappresentavano il 25% di questa stessa popolazione (Vedi: «Ekonomicheskaja Gazeta» Nr. 4, 1972, pagina 3). Cambiamenti simili sono avvenuti anche nella struttura del popolo lavoratore sovietico. Mentre nel 1960 i colletti bianchi rappresentavano il 21% del numero totale del popolo lavoratore sovietico, nel 1970 il loro peso specifico ha raggiunto il 26,4% (Vedi: «Ekonomicheskaja Gazeta» Nr. 5, 1972, pagina 1).
Per realizzare i loro obiettivi il più «tranquillamente» possibile, i revisionisti moderni hanno sommerso la classe operaia nella palude dell’indifferentismo e dell’apoliticismo. Numerosi fatti testimoniano questa indifferenza e la separazione della classe operaia sovietica dalla direzione della produzione. In un sondaggio pubblico organizzato in un’assemblea di un impianto metallurgico in Siberia, in cui 1000 operai erano intervistati, più del 70% di essi ha risposto che non conosce, e non erano interessati a conoscere, come era stato realizzato il programma di produzione, che non hanno mai parlato agli incontri e che era inutile parlare quando la loro opinione non era presa in considerazione. Questo è sintomo di indifferenza e di apatia degli operai sovietici sui problemi dell’organizzazione e della conduzione della produzione, che di certo è un risultato del loro esser stati privati della guida della vita del paese e del diritto di proprietà dei mezzi di produzione.
Parallela con la burocratizzazione dell’apparato revisionista, si osserva nell’attuale società sovietica la tendenza al parassitismo borghese, un crescente numero di persone che vivono dello sfruttamento del lavoro della classe operaia e dei contadini lavoratori. Questo fenomeno influenza negativamente la struttura sociale del paese, la distorce e ne causa la degenerazione, oltre ad aumentare il parassitismo sociale. Una delle manifestazioni di questo parassitismo è la crescita della sfera non produttiva a un tasso ingiustificato. Secondo statistiche ufficiali, mentre nel 1950 il 13,8% del numero totale dei lavoratori (escludendo gli scolari e i militari) erano assunti nella sfera non produttive dell’economia sovietica e, nel 1960, il 17% del popolo lavoratore era assunto in questa sfera, all’inizio degli anni ‘70 la sfera non produttiva ha assorbito circa il 22% delle persone abili.
Nell’economia sovietica il numero del popolo lavoratore nella sfera non produttiva si sta incrementando a un tasso molto più elevato del numero nella sfera produttiva. Questa tendenza continua ad approfondirsi. Siamo qui di fronte ad un’espressione del parassitismo economico e sociale.
Di certo, con l’aumento della produzione sociale deve aumentare anche l’attività delle branche non produttive che servono la produzione e la popolazione. Ma l’aumento della sfera non produttiva non dovrebbe essere in diretta proporzione alla sfera produttiva, altrimenti i tassi della riproduzione socialista allargata rallenterebbero. La teoria marxista-leninista della riproduzione allargata socialista insegna questo e ciò è stato dimostrato ogni giorno dalla pratica della costruzione socialista.
La vita ha dimostrato e sta fornendo quotidianamente ulteriore prova dell’allontanamento dei revisionisti sovietici dai principi del marxismo-leninismo sul partito e lo stato proletario, sul ruolo della classe operaia nella rivoluzione e la costruzione del socialismo. «La marcia indietro dell’Unione Sovietica e di alcuni altri paesi, – come ha detto il compagno Enver Hoxha, – è connessa precisamente con il fatto che là gli insegnamenti del marxismo-leninismo sono stati abbandonati e hanno rinunciato ai principi fondamentali della costruzione socialista, hanno distrutto le vittorie della rivoluzione e hanno spianato la strada alla restaurazione del capitalismo».
[1] Veniamin Toçi e Kiço Kapetani, economisti.
Da “Albania Today”, Nr. 4, (11) 1973 – luglio-agosto, ed. inglese, traduzione a cura di Piattaforma Comunista.
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