La legge sulla “sicurezza” e la necessità dell’organizzazione di classe e rivoluzionaria

Lo scorso 18 settembre la Camera ha approvato e trasmesso al Senato il Ddl 1660 contenente “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, etc.”. Un iter estremamente rapido, dettato dal governo Meloni servo dei padroni.

L’ormai prossima approvazione della legge pone il movimento operaio e comunista in una situazione diversa dal passato.

Questa legge segna un salto di qualità nella repressione antiproletaria. Essa dimostra che il lungo periodo caratterizzato dallo sviluppo semi-pacifico della lotta di classe, dalla preminenza delle forme parlamentari di “opposizione” e dai rituali di rappresentazione del conflitto sociale, relativamente tollerati dalla borghesia, è alle nostre spalle.

La borghesia non considera più un “illecito amministrativo” le forme tradizionali di lotta proletaria come il picchetto e il blocco stradale; colpirà duramente l’occupazione di immobili sfitti, la protesta contro le grandi opere inutili e devastatrici dell’ambiente, l’opposizione alla violenza poliziesca, la resistenza anche passiva all’abuso e all’arbitrio.

Pensare che la legge in questione sia semplicemente una cosa abnorme e prima o poi essa sarà ritirata e ricomincerà il tran tran pseudo-democratico del periodo precedente sarebbe un errore madornale.

La crisi e la guerra imperialista cambiano in profondità e per un lungo periodo le condizioni in cui si svolge la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori.

La classe dominante per salvaguardare il suo potere e i suoi privilegi, per mantenere a tutti i costi la pace sociale, per controllare le retrovie dei fronti di guerra  è costretta a smantellare pezzo a pezzo lo”stato di diritto”. Getta a mare il garantismo e la Costituzione democratico-borghese scaturita dalla Resistenza (come fa da tempo riguardo l’articolo undici sul “ripudio della guerra”) per colpire severamente chi lotta per gli interessi e i diritti di classe, spesso anche solo per esigere che siano adempiute le promesse fatte dai governanti di destra. Allo stesso tempo protegge chi questa lotta reprime a sangue, macchiandosi di crimini infami.

La finalità del Ddl 1660 non è simbolica, psicologica o elettorale, è concreta e conforme all’attuale contesto storico. Questa legge non serve per fare qualche titolo di giornale. È una legge stabilita dal capitale, alla vigilia di una nuova  offensiva antioperaia, e prontamente recepita dal suo governo in carica.

Una legge a difesa dello Stato etico borghese tramite la minaccia di pene abnormi e la distruzione  dei “rei”, come lo era il codice fascista Rocco (ora persino peggiorato sotto taluni aspetti). Ha una precisa funzione di criminalizzazione e repressione della resistenza proletaria, della protesta sociale, del malcontento che si sviluppa in fabbrica e nei territori.

I gruppi dirigenti del capitalismo devono continuare a fare profitti mentre coltivano ambizioni imperialiste. Temono però gli sviluppi della crisi economica, la concorrenza internazionale, l’ampliarsi dei focolai di guerra, le incertezze e le difficoltà che scuotono dal profondo il sistema in questa fase. Di conseguenza devono prevenire lo sviluppo delle lotte che inceppano il meccanismo di accumulazione e l’ingovernabilità. Con questi presupposti la legge ultrareazionaria, dopo essere stata scritta con i piedi, è stata approvata di gran carriera.

La funzione repressiva di questa legge ha per presupposto l’introduzione di nuovi reati, pene pesanti per fatti legati alla lotta di classe e la realizzazione di uno stato poliziesco chiamato a intervenire per dare “sicurezza” nel disordine che la borghesia ha creato. Ciò include attività provocatorie ed eversive, che si svilupperanno anche grazie alle misure approvate.

Chi pensa che in questo modo il conflitto fra le classi si affievolirà sbaglia di grosso: continuerà a svilupparsi e si esacerberà, per precisa responsabilità della classe dominante e dei suoi governi.

Gli operai, in primo luogo quelli più avanzati, non si lasceranno spaventare dall’idea che la borghesia ha promesso loro di agire in modo terribile. Non attendono e non chiedono concessioni, elemosine, benevolenza “costituzionale” da qualche tribunale borghese. Sanno quello che li aspetta e continueranno a resistere, a scioperare a livello locale e generale, a lottare coraggiosamente contro la reazione e le sue basi economiche, a difendere le libertà conquistate a caro prezzo.

Per farlo non dispongono che di un’arma: l’organizzazione!

Il periodo che si è aperto, di cui il Ddl 1660 è una significativa espressione, è un periodo d’inasprimento delle principali contraddizioni mondiali, quindi dei conflitti di classe, di disgregazione della società capitalistica e di nuove rivoluzioni, le cui condizioni sono in sviluppo.

Un periodo  che pone di fronte al movimento operaio e comunista compiti nuovi, fra cui quello della riorganizzazione di tutto il lavoro di massa su una nuova base, l’educazione dei proletari nello spirito della lotta rivoluzionaria. Un compito mille volte più complesso di una tranquilla traversata verso il “sol dell’avvenir” o dell’attesa messianica dell’”ora X”.

Ogni azione di lotta decisa che si svolgerà nel nostro paese, anche per modeste rivendicazioni, sarà una battaglia che urterà inevitabilmente non solo contro i padroni, ma anche contro il loro Stato. Lotta economica e lotta politica rivoluzionaria (comprendente in essa la lotta alla guerra imperialista) si legheranno sempre più. Questo significa che il problema che abbiamo di fronte non si risolve con la chiamata all’“insubordinazione sociale e politica” o con la radicalizzazione sindacale. Sarebbe l’ennesima manifestazione di sterile economicismo.

Quello che emerge con più forza dall’approvazione di una legge infame è la necessità del Partito comunista: un partito politico proletario indipendente e rivoluzionario, combattivo, capace di infondere la coscienza di classe e dirigere il proletariato e le masse popolari nella lotta per il potere.

Oggi non solo l’operaio avanzato, ma anche quello medio, capiscono perfettamente che nessuna utilità può venire dai partiti parlamentari riformisti, populisti, borghesi e piccolo borghesi. Essi sono inservibili per la difesa e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e sono solo un intralcio, un impedimento allo sviluppo della lotta contro il capitale e i suoi governi. Sono corrotti apparati elettorali da cui la classe operaia non trae alcun beneficio e che portano a sconfitte su sconfitte, alla passività e alla rinuncia della lotta per una nuova società.

Nell’attuale scenario di guerra e repressione, in cui matura la preparazione di grandi battaglie rivoluzionarie, la questione del Partito comunista, della direzione strategica e tattica della lotta di classe, assume perciò un’importanza di gran lunga superiore rispetto al passato.

Il partito non è l’unica organizzazione della classe operaia. Ci sono i sindacati, i comitati, le associazioni di vario tipo, che servono la classe dei proletari e vanno spinti all’azione energica per lottare contro la fascistizzazione.

Ma senza partito non è possibile avere la linea di lotta, l’unità di direzione comune, elaborare la strategia e la tattica della rivoluzione proletaria, applicare la linea di lotta sostituendo i vecchi metodi di lotta con nuovi metodi, le forme nuove alle vecchie forme di lotta e di organizzazione, coordinando queste forme, ecc.

Senza questo lavoro preparatorio il proletariato rischia di trovarsi, di fronte alle nuove battaglie, del tutto disarmato.

Senza tale partito di avanguardia della classe operaia, guidato dal marxismo-leninismo, non è possibile legare la lotta per il socialismo alle lotte quotidiane; figuriamoci se sarà possibile gettare le basi della lotta rivoluzionaria per sconfiggere la reazione borghese, rompere con il sistema capitalista-imperialista e conquistare una superiore organizzazione della società.

Il Partito deve essere oggi più che mai la questione da cui dipende la soluzione di ogni problema che la borghesia ci pone, di ogni azione pratica. Sono le contraddizioni del capitalismo morente a rendere sempre più impellente la soluzione di tale questione.

Tutti gli sforzi dei genuini comunisti devono tendere a questo scopo, da perseguire con maggiore ampiezza e decisione con il contributo decisivo degli operai avanzati, battendo l’instabilità, le oscillazioni, l’indecisione, il tradimento dei revisionisti e degli opportunisti.

Da Scintilla n. 148, ottobre 2024

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