La lotta contro la violenza sulle donne, parte integrante della lotta contro il capitalismo e per il socialismo

Le ipocrite campagne mediatiche contro la violenza sulle donne a cui abbiamo assistito anche lo scorso 25 novembre e le misure adottate dai partiti della borghesia, come ad esempio il decreto Roccella, sono solo pannicelli caldi e demagogia sociale. Esse non servono a risolvere il problema, ma a scaricare sulle responsabilità individuali gli effetti di un fenomeno che non è culturale, come afferma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma legato indissolubilmente al sistema capitalistico, in quanto forma di controllo e di oppressione sulle donne, tipica espressione dell’esercizio del potere in questa società.

Anche il femminismo borghese e piccolo borghese ha utilizzato tale scadenza per spostare l’attenzione sulla “divisione di genere” a discapito della lotta di classe. Ma la massima parte dei problemi che subiscono le donne proletarie non si riscontrano tra le donne della classe borghese.

È all’interno di questa comprensione del problema che le comuniste e i comunisti, le operaie e gli operai avanzati, devono agire per smascherare la natura di classe della radice della violenza sulle donne e dare la risposta alla condizione di violenza e oppressione che vivono le donne del proletariato e degli strati popolari.

La violenza sulle donne ha profonde radici storiche e sociale, risale al momento in cui è apparsa la “proprietà privata” e si è affermato il predominio maschile sul sesso femminile. Una condizione che si è perpetuata e sviluppata con l’oppressione e lo sfruttamento che soffrono duramente le lavoratrici nella società capitalista.

La donna proletaria all’interno di questo sistema svolge una “doppia giornata” lavorativa ed è oggetto di una duplice oppressione: una legata al lavoro, allo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano, e una legata al lavoro di riproduzione, educazione e cura, cioè tutte quelle pratiche di lavoro domestico che spetterebbe alla società svolgere (le borghesi per sopperire a questo utilizzano colf, badanti, ecc.).

Per questo motivo le donne proletarie e degli strati popolari non possono fare proprie le rivendicazioni femministe borghesi e piccolo borghesi, pur sostenendo alcuni obiettivi primari come la difesa del diritto all’aborto.

Il femminicidio e la violenza sessuale sono due manifestazioni della violenza sulle donne, ma non le uniche. Una violenza di cui non si parla quasi mai è la violenza economica, che si sostanzia nell’esclusione dal mondo del lavoro, nella marginalizzazione in alcuni settori caratterizzati da bassi salari e minori tutele, nelle disuguaglianze salariali, nelle discriminazioni e i ricatti che privano le donne della propria indipendenza, le relegano tra le mura domestiche o in ciò che il mercato del lavoro capitalistico ritiene “naturale” per le donne, le priva della possibilità di decidere della propria vita.

Le leggi borghesi hanno dimostrato la loro inefficacia nel contrastare la violenza sulle donne. Sono leggi che puniscono un reato già avvenuto e poco o niente fanno per la prevenzione. Anche il governo reazionario Meloni,  nonostante i bonus e proclami della difesa e tutela delle donne in realtà non fa niente per arginare il problema, anzi ha tagliato in maniera radicale i fondi per la prevenzione della violenza contro le donne che sono passati da 17 milioni a soli 5 milioni nel 2023. L’estrema destra usa questa problematica solo per portare avanti con slogan demagogici la propria politica fascista e razzista.

Un perfetto esempio di strumentalizzazione, che serve solo a nascondere le responsabilità politiche del governo italiano, sono le parole del ministro Valditara che incolpa i migranti dimenticando che secondo i dati forniti dallo stesso Viminale le donne italiane subiscono violenza soprattutto dai maschi italiani e che ciò avviene quasi sempre dentro le mura di casa.

Anche una misura come il “Reddito di libertà” non solo è svilente per chi vuole scappare da una situazione di violenza, ma è uno dei tentativi della borghesia per attenuare il malcontento delle masse femminili, controllare e dirigere il movimento delle donne diffondendo illusioni sul miglioramento delle loro condizioni di vita nella società capitalista-imperialista.

Le donne esigono un’occupazione che non sia precaria, part-time, a “nero” e flessibile (che serve solo a ridurre il monte salari e ad aggravare lo sfruttamento dei proletari nel loro insieme), un lavoro stabile e sicuro, a tempo pieno e indeterminato, con effettiva parità retributiva.

La lotta di classe è l’unica strada da percorrere per poter liberare le donne da ogni forma di violenza. La partecipazione delle donne operaie e lavoratrici in questa lotta è in crescita e ciò amplia le basi dell’unità, del reciproco rafforzamento tra la lotta che conducono le donne contro la diseguaglianza, per i propri diritti e rivendicazioni, e la lotta di tutti gli operai e i lavoratori sfruttati.

Le donne del proletariato e delle masse popolari non possono condurre allo stesso modo e con gli stessi obiettivi delle donne borghesi la lotta per la propria emancipazione economica e sociale. Debbono condurla necessariamente insieme agli uomini della loro stessa classe contro la classe dei capitalisti, sostenendo la realizzazione di determinate rivendicazioni economiche, politiche, sociali, culturali, etc., come strumenti per entrare nella lotta e portare avanti la battaglia in prima persona e ad armi pari, senza restare indietro. Allo stesso modo, i proletari uomini hanno un profondo interesse a sostenere le lotte delle donne della loro stessa classe e lottare assieme ad esse per formare un fronte unico di lotta contro la classe dei capitalisti e i loro governi.

La lotta per l’abolizione della violenza e dell’oppressione sulle donne, per la piena uguaglianza dei diritti dei due sessi in tutti i settori della vita sociale e privata, è parte integrante della lotta per l’abolizione di ogni forma di sfruttamento, per un’alternativa reale ai rapporti sociali dominanti, per il socialismo che solo può garantire la reale uguaglianza tra uomini e donne.

Dicembre 2024

Militanza Comunista Toscana

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

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