La lotta per la pace, arma efficace contro l’imperialismo
Nella sezione “Internazionale” (vedi) abbiamo pubblichiamo una risoluzione scaturita dalla recente riunione dei Partiti e delle Organizzazioni CIPOML d’Europa, sul processo di riarmo che sta accelerando nella UE.
Nel dibattito abbiamo esposto alcuni punti di vista che riportiamo di seguito, con aggiornamenti riguardo i recenti sviluppi.
L’UE è di fatto intrappolata in tre guerre: la guerra in Ucraina, la guerra in Medio Oriente (che non si conclude con il piano di Trump) e la guerra commerciale a colpi di dazi i cui effetti saranno più visibili nei prossimi mesi.
Le tre guerre stanno aggravando i problemi economici e politici, mentre il consenso interno dell’UE sulle politiche di austerità e di guerra, sul genocidio in Palestina, va scemando notevolmente.
La situazione diventa sempre più complicata e instabile, caratterizzata da un periodo di bassa crescita nell’eurozona (meno dell’1%) con crescenti difficoltà nell’industria, tensioni politiche sia nei rapporti tra i paesi imperialisti, sia al loro interno.
In questa situazione emergono due elementi in politica estera: l’aumento dello sciovinismo e la preparazione di un conflitto diretto con la Russia.
Le principali potenze imperialiste europee rafforzano le proprie capacità militari e si stanno muovendo verso un intervento diretto nella crisi ucraina, per indebolire l’imperialismo russo, cercando di spingere l’imperialismo USA in questa direzione.
Sappiamo che l’obiettivo strategico di Trump è quello di indebolire e dividere il campo imperialista rivale, allontanare la Russia dalla Cina, ridurre i suoi legami con Pechino per avvicinarla agli Stati Uniti attraverso accordi commerciali, etc., concentrandosi al contempo sui gravi problemi interni.
Un tentativo difficile, senza grandi risultati finora, con accordi fragili.
La Cina non potrà essere contenuta e la Russia difficilmente potrà essere separata dalla Cina.
Sulla guerra in Ucraina ci sono negoziati complessi tra Stati Uniti e Russia, con molte dichiarazioni da entrambe le parti e azioni che spesso sono tattiche negoziali.
La Russia ha conquistato con la guerra il 20% dell’Ucraina e da una posizione di vantaggio detta i termini di un accordo di pace imperialista.
Gli Stati Uniti per raggiungere un accordo devono negoziare e premere su Kiev per fare concessioni su diverse questioni.
Le reazioni dei leader degli Stati membri europei della NATO a questa situazione consistono in: continuare e rafforzare il sostegno militare e finanziario al regime di Zelensky; aumentare sempre più i bilanci bellici degli Stati; impegnare l’UE in una politica di militarizzazione in un clima di isteria anti-russa.
Dopo il vertice in Alaska, i “sette nani” dell’UE, preoccupati per il cambiamento di posizione di Trump su un accordo globale, si sono precipitati a Washington per chiedere garanzie di “sicurezza” e sostenere il fantoccio Zelensky, che è in difficoltà con la crescita delle proteste nelle principali città, il raddoppio dei disertori e l’assenza di ricambi al fronte. La caduta del bastione di Pokrovsk può significare la pedita della regione del Donetsk.
Merz, Macron, Sikorski e soci, hanno cercato di bloccare i negoziati, mentre continuano a fornire armi e droni a Kiev, lanciano ulteriori pacchetti di sanzioni, riarmano (soprattutto la Germania), vogliono inviare truppe in Ucraina, aumentano l’aggressività sul fianco orientale.
I paesi dell’UE fanno pressione su Trump affinché difenda l’Europa. Sollevano la questione delle violazioni dello spazio aereo, lanciano grida isteriche sull’”Europa è in guerra” per preparare l’opinione pubblica a un intervento diretto contro la Russia.
Ovviamente, dietro a tutto questo ci sono gli interessi del complesso militar-industriale.
L’UE sta cercando una via d’uscita dalla recessione rivitalizzando i monopoli con i fondi per il riarmo e la guerra.
In questo scenario, gli accordi di Anchorage si vanno arenando, nonostante le “produttive” telefonate fra i due boss.
Le sanzioni sul petrolio russo sono una forma di pressione su Putin. Ma la fornitura dei Tomahawk all’Ucraina, rappresenterebbe una seria escalation militare.
Cosa ci attende? Non possiamo aspettarci nulla di buono da un eventuale nuovo incontro fra due briganti del calibro di Trump e Putin. Stiamo entrando in un periodo di conflitti più aspri tra imperialisti e di attacchi aperti alla classe operaia e ai popoli.
La tendenza alla guerra esterna si accompagna al consolidamento delle retrovie tramite il varo di leggi securitarie, l’aumento della repressione della classe operaia, la fascistizzazione dello stato e la persuasione della popolazione, in particolare della gioventù, sulla necessità della guerra.
Di fronte alla politica e alle provocazioni belliciste, dobbiamo rilanciare la parola d’ordine della “lotta per la pace” come potente arma contro l’imperialismo, lavorando per creare un vasto movimento di massa capace di scongiurare una guerra di grandi dimensioni e costringere alle dimissioni i governi guerrafondai.
La situazione apre la possibilità in diversi paesi di creare un fronte popolare (o una coalizione) di carattere antimperialista e antifascista, in cui il proletariato eserciti l’egemonia, raccogliendo attorno a sé le necessarie alleanze di classe.
Un ampio fronte per la pace e contro gli istigatori di guerra, contro il militarismo e il riarmo, contro la militarizzazione dei giovani e lo stato di emergenza, capace di mobilitarsi per il lavoro e il pane, per le libertà democratiche della classe operaia, di sostenere la lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese e di altri popoli oppressi.
Naturalmente un fronte che per sua natura e per i suoi obiettivi deve essere internazionale e lottare con la prospettiva di trasformarsi in un movimento che miri al rovesciamento del barbaro sistema capitalista-imperialista che genera inevitabilmente le guerre.
Da Scintilla n. 155, ottobre 2025
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