La politica di Trump inasprisce tutte le contraddizioni del sistema imperialista

Il demagogico discorso che Donald Trump ha pronunciato durante la sua seconda investitura e le misure che ha immediatamente attuato dimostrano l’avvio di una politica ultrareazionaria  che esprime gli interessi e i privilegi di una minoranza di un pugno di miliardari e monopolisti presenti all’atto: proprietari dei monopoli tecnologici, magnati del petrolio, proprietari delle compagnie di comunicazione transnazionali, istituti finanziari, mercanti di cannoni.

È l’élite della borghesia imperialista statunitense che sostiene le politiche di Trump volte a mettere lo Stato a loro esclusivo servizio, peggiorando drammaticamente la vita di centinaia di milioni di lavoratori e interi popoli, senza tenere in nessun conto il cambiamento climatico.

Fin dal primo giorno Trump ha messo in atto provocatoriamente misure protezionistiche, imponendo tariffe e dazi a numerosi paesi con cui ha rapporti commerciali; ha condonato 1500 fascisti che presero d’assalto il Campidoglio; eliminato le tutele del lavoro, come quelle contro la discriminazione o il diritto di sindacalizzazione per i dipendenti federali; deregolamentato le trivellazioni petrolifere; cancellato lo “ius soli” costituzionale; dichiarato un’emergenza nazionale al confine meridionale, che significa chiusura delle frontiere e  deportazione dei migranti; attaccato brutalmente le minoranze nazionali e sociali, le donne.

Queste misure sono state adottate per sostenere gli USA come superpotenza egemone e per dimostrare che sono in grado di sostenere uno scontro a più livelli con altri paesi imperialisti e capitalisti, in primo luogo con la Cina.

Trump ha già iniziato questa guerra soprattutto sul piano commerciale. I dazi vedono già misure di ritorsione da parte di alcuni paesi (Cina, Canada, Messico).

Anche la UE si prepara a reagire ai dazi stabiliti da Trump su acciaio e alluminio; lo farà per proteggere i propri monopoli, non certo i lavoratori.

Il protezionismo commerciale avrà gravi conseguenze per l’economia mondiale, come una diminuzione del commercio e della produzione, alta inflazione, riduzione degli investimenti, interruzioni nelle catene di approvvigionamento e altri problemi che derivano da uno scontro di questa portata.

Ma a medio termine saranno proprio gli USA e i paesi più legati a Washington, Italia compresa, ad essere colpiti da questa politica. Autorevoli centri di analisi prevedono per gli USA un calo del 27% dell’export  e del 20% dell’import.  Aumenteranno i costi di produzione, con conseguente declino del PIL. La maggioranza dei lavoratori statunitensi non diverrà più ricca, ma più povera. Il conflitto sociale divamperà anche negli States. Altro che “Make America Great Again”!

Trump ha anche chiarito che intende attuare una politica guerrafondaia e colonialista, portando gli artigli dell’imperialismo USA in paesi come Messico, Panama, Groenlandia, progettando assieme al sionismo la pulizia etnica di Gaza e della Cisgiordania.

Per l’Ucraina prepara una pax imperialista, preludio di nuove guerre ingiuste, mentre vuole rapinare le sue terre rare.

Allo stesso tempo ha evidenziato la sua concezione autoritaria del potere, minacciando di inviare truppe e portare l’inferno in quei luoghi in cui gli ordini della superpotenza a stelle strisce non vengono eseguiti.

Il nuovo orientamento politico degli Stati Uniti si traduce in una completa rimodulazione dello Stato al fine di eliminare tutte le concessioni alla sfera pubblica, orientata ai servizi per le masse lavoratrici, rafforzando al contempo i meccanismi di sostegno al capitale e alle politiche di guerra da parte dell’apparato statale borghese.

Nei primi giorni dell’amministrazione Trump si sono già visti elementi che rendono evidente il suo carattere proto-fascista. Trump ha avviato una serie di deportazioni di massa, etichettando gli immigrati privi di documenti come “stranieri criminali” e trattandoli come obiettivi militari.

Sta anche istituendo una politica di “supremazia bianca”, in cui i monopoli possono sfruttare e perseguitare gli americani non bianchi (latinos, neri e altre etnie), che saranno sottoposti a ulteriori discriminazioni e violenze in tutti gli ambiti della vita economica, politica e sociale.

Da non sottovalutare la narrazione trumpista di una presunta cospirazione internazionale per umiliare gli Stati Uniti, che ricorda il discorso nazista tedesco degli anni ’30, accompagnata dalla necessità di ricostruire un’identità statunitense basata sulla supremazia economica e militare, che gli Stati Uniti avrebbero perso negli anni ’30. Il saluto fascista di Musk è l’icona di tale programma.

La seconda amministrazione Trump promette di essere un’amministrazione sfruttatrice e rapinatrice, sciovinista e guerrafondaia, reazionaria e fascista, senza alcun rispetto per i diritti umani e la natura.

In quanto rappresentante dell’imperialismo più aggressivo e militarista, Trump approfondirà le azioni per avvantaggiare i magnati delle industrie che lo sostengono.

Le politiche del suo governo porteranno a un aumento della violenza sia all’interno degli USA, sia a livello internazionale, minando gli organismi e le istituzioni che la borghesia si è data per mantenere il suo ordine liberale.

Il secondo mandato di Trump è una risposta disperata all’inarrestabile declino statunitense, alla perdita di potere e influenza globali che ha le sue cause all’interno e non all’esterno dell’imperialismo yankee.

Allo stesso tempo rappresenta la conferma di una particolarità dell’imperialismo: quella di essere reazione politica su tutta la linea; come pure esprime l’acuirsi dei contrasti fondamentali in ogni campo.

La classe operaia e gli strati popolari si trovano di fronte a nuove condizioni, che costringono ad abbandonare ogni illusione di sviluppo pacifico.

Tutte le contraddizioni dell’imperialismo si acutizzeranno e si ripercuoteranno sulla classe operaia e sui popoli oppressi.

Ci aspettano anni di offensiva imperialista e di conflitti aperti e intensi, per affrontarli non bastano solo il disgusto e il disprezzo verso Trump, Musk e soci.

Di fronte a questo scenario, non dobbiamo lasciarci ingannare o impressionare dalla demagogia, dall’irrazionalismo e dalla potenza mediatica dei gangster USA.

Tanto meno possiamo appoggiarci sui rivali imperialisti di Trump che agiscono per i loro esclusivi interessi (la Cina punta apertamene a una “nuova fase di relazioni bilaterali mature e stabili” per spartirsi il mondo con gli USA).

I nemici dei nostri nemici non sono nostri amici!

I piani imperialisti aggressivi ci impongono di unire e mobilitare rapidamente le forze in difesa degli interessi e dei diritti economici, sociali e politici del proletariato, per resistere contro i fautori di austerità, autoritarismo, guerra e fascismo.

Nel nostro paese occorre sviluppare le politiche di fronte unico e di fronte popolare, intensificare la lotta contro il governo diretto da una premier trumpista, dare vita a un’azione politica rivoluzionaria di massa per battere l’offensiva borghese, alzando le bandiere del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario.

Il problema della crisi economica e della crescente miseria, delle minacce di guerra, della violenza e del razzismo borghese, della fascistizzazione richiedono una soluzione radicale: la rivoluzione proletaria diretta dal Partito leninista!

Da “Scintilla” n. 151, febbraio 2025

 

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