La Siria preda delle potenze imperialiste e dei loro servi reazionari

L’8 dicembre scorso, a seguito di una “travolgente avanzata” di forze “ribelli”, è caduto il regime degli Assad dopo più di 50 anni di dominio.
Non è occorso molto tempo per avere la conferma che l’intera operazione ha goduto dell’approvazione degli Stati Uniti e della NATO e che la “liberazione” della Siria è un “cambio di regime” sotto l’egida dell’Occidente imperialista.
Prima di passare all’analisi della situazione, è bene chiarire cosa era il regime diretto per ultimo da Bashar al-Assad, ora rifugiato a Mosca. Sebbene descritto da una certa vulgata come “socialista”,“anti-imperialista” e “baluardo del laicismo”, il regime neo-bahatista è stato una dittatura corrotta, arrogante, parassitaria e nepotista appartenente alla minoranza alawita.
Le carceri, le torture e gli attacchi della Repubblica Araba di Siria erano riservati non solo agli islamisti e ad alcune frange filo-imperialiste, ma anche ai progressisti, agli antimperialisti, ai comunisti coerenti. Il nazionalismo arabo da cui era animato, in realtà un odioso settarismo, ha spaccato il paese a seguito di decenni di discriminazione verso le minoranze nazionali.
I bombardamenti ai campi dell’OLP in occasione dell’intervento siriano in Libano nel 1976, per impedire la disfatta degli alleati maroniti e avere l’egemonia in quel paese, sono stati una delle pagine più vergognose della storia di questa brutale e corrotta dinastia.
Così come non è possibile dimenticare l’allineamento con gli USA e altre potenze occidentali nella guerra contro l’Iraq, le misure neoliberiste che hanno aumentato il divario sociale, etc.
Venuto meno il supporto popolare, specie dal 2011 in poi, caduta la protezione russa, indeboliti Hezbollah e l’Iran, questo regime odiato dalla maggior parte della popolazione siriana, che è stata anche sottoposta a odiose sanzioni, è crollato.
Il suo posto è stato preso dagli islamisti radicali di Hay’at Tahrir al-Sham e dell’Esercito Nazionale, sanguinari gruppi terroristici sostenuti dalla Turchia (paese NATO), dagli USA e dal sionismo (non dimentichiamo che in Siria vi sono anche occupazioni dirette turche e statunitensi del suo territorio).
L’attacco su larga scala di queste bande reazionarie è stato lanciato dal confine nord occidentale della Siria il 27 novembre 2024, lo stesso giorno in cui è stata firmata la cessazione della guerra tra Israele e la resistenza libanese. Le città sono state occupate una dopo l’altra senza una significativa resistenza, poiché l’esercito siriano ha continuato a ritirarsi ogni volta con il pretesto del “ridispiegamento” o della “preoccupazione di risparmiare sangue”, fino a quando non è praticamente svanito insieme ai servizi di sicurezza e alle altre istituzioni siriane che hanno “pacificamente consegnato” Damasco agli islamisti.
Con il nuovo regime islamista la Siria non solo manterrà tutte le contraddizioni e le storture del precedente regime borghese, ma si troverà anche sotto la pesante cappa dell’oscurantismo. Vi è peraltro lo spettro della continuazione delle ostilità e della divisione politica e religiosa in cantoni, del caos.
A farne le spese sono innanzitutto i popoli della Siria, tra cui i curdi che rischiano l’annichilimento da parte dei turchi e degli islamisti, profilandosi il disinteresse statunitense nei loro confronti.
Notevoli sono le ripercussioni negative sul popolo palestinese, poiché il nuovo regime non avversa Israele a differenza del precedente che in qualche modo poteva portare beneficio alla sua causa, assieme ad Hezbollah.
Quanto accaduto in Siria è strettamente legato con il genocidio in corso a Gaza e con quanto avvenuto in Libano. La caduta del regime siriano è stata richiesta e ottenuta dagli imperialisti, dai sionisti e dai reazionari arabi e turchi per tagliare ogni legame tra esso e la resistenza palestinese.
La distruzione e lo smantellamento della Siria sono un’estensione dell’aggressione contro Gaza e il Libano, con l’obiettivo di assicurare l’egemonia di Israele sulla regione e bloccare la strada a qualsiasi forma di sostegno alla resistenza.
Non a caso i nuovo padroni della Siria non fanno alcun riferimento nei loro discorsi alla questione palestinese o all’occupazione sionista del Golan siriano. Al contrario, non hanno mancato di esprimere i loro ringraziamenti al sionismo che li ha aiutati a prendere potere, hanno promesso di riconoscere Israele e di normalizzare le relazioni con essa.
Tra gli stati coinvolti dalla caduta di Bashar al-Assad, spicca la teocrazia iraniana che vede acuire le sue contraddizioni interne e perde importanti alleati dopo la decimazione di Hamas e la decapitazione di Hezbollah. La fazione filo-occidentale della borghesia iraniana, i c.d. riformisti, si rafforza.
Dal canto suo l’imperialismo russo, che egemonizza il paese dai tempi dell’Urss revisionista, rischia di restare privo delle basi militari che affacciano sul Mediterraneo e della sua presenza diretta in Medio Oriente.
Diciamo “rischia”, perché l’abbandono di Bashar al-Assad era legato ad accordi approvati nell’incontro di Doha che ha riunito Russia, Iran e Turchia. Il via libera ai nuovi invasori è stato dato in cambio di speciali garanzie turche alla Russia, affinchè alcuni dei suoi interessi vitali non sarebbero stati danneggiati.
Infine la Cina, che con Assad si era assicurata accordi per la ricostruzione del paese e l’adesione alla “Belt and Road Initiative”, vede ridurre la sua influenza nella regione.
Gli sviluppi in Siria fanno parte del progetto di ridefinizione del Medio Oriente diretto dall’imperialismo USA, in cui partecipano potenze regionali, volto a stabilire nuove sfere di influenza, perpetuare il controllo delle risorse energetiche e indebolire la resistenza antimperialista dei popoli, in primis quello palestinese. Uno dei maggiori obiettivi dei paesi imperialisti che fanno capo alla NATO è quello di espellere Russia e Cina dalla regione.
A guadagnare dalla nuova situazione è soprattutto lo stato sionista che perde un avversario a nord, rafforza la sua posizione nell’area e può annettersi nuovi territori.
La Turchia di Erdogan avanza col suo progetto neo-ottomano e potrà approfondire la lotta contro il popolo curdo.
Il vantaggio degli USA e della petromonarchia qatariota, che hanno ampiamente beneficiato dell’indebolimento della Russia impegnata nella guerra in Ucraina e della messa in scacco della teocrazia iraniana, potrà ancora aumentare e ciò dipenderà dagli sviluppi del conflitto.
La sospensione dei procedimenti che riguardano le richieste di asilo dalla Siria è stata la prima reazione del governo italiano al “cambio di potere” nel paese. Il presidio delle frontiere italiane dal pericolo del “collasso migratorio” in cui cadrebbe la Siria, è il ritornello della reazione borghese per diffondere sentimenti di sospetto e d’incomprensione tra i popoli.
Allo stesso tempo, la riapertura dell’ambasciata italiana a Damasco vorrebbe essere una dimostrazione della capacità dell’imperialismo italiano di farsi valere nella “nuova” Siria, in accordo e rivalità con altre potenze imperialiste.
In quanto comunisti, siamo a fianco dei popoli e delle forze democratiche e rivoluzionarie di Siria, sosteniamo il diritto all’autodeterminazione dei popoli e delle nazioni oppresse contro ogni ingerenza imperialista e oppressione nazionale, e ci auguriamo che riusciranno a scacciare gli oscurantisti che hanno preso il potere e i loro padroni imperialisti e sionisti.
Ormai disillusi e resi esperti dalla loro pluridecennale lotta contro gli Assad, aumenteranno la propria vigilanza e sapranno lottare per rivendicazioni di classe e rivoluzionarie, mentre l’imperialismo guerrafondaio e i suoi servi reazionari si smaschereranno sempre più davanti agli occhi delle masse.
Ribadiamo il nostro appoggio alla causa e alla resistenza del popolo palestinese e di quello libanese. Va compreso che i complotti, i rovesciamenti di regime e gli attacchi che si stanno verificando sono incentrati sulla questione palestinese che gli imperialisti e i sionisti vogliono seppellire, giungendo alla normalizzazione con il sionismo israeliano nel quadro dell'”Accordo del secolo” e degli “Accordi di Abramo” di Trump.
Compito dei rivoluzionari proletari è quello di respingere tutti i tentativi fatti per instillare l’idea che la liberazione, l’indipendenza, la democrazia, il progresso e la giustizia sociale possano essere portati a compimento anziché da ciascun popolo, dalle potenze straniere e dai loro lacchè locali.
Da Scintilla n.150, gennaio 2025
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