L’elezione di Trump: Aumento della reazione interna e internazionale

Il progetto Maga (Make America Great Again: Rendiamo l’America di nuovo grande) funge da programma, slogan e stile di governo fatto di oltraggi, provocazioni, menzogne e minacce contro tutti coloro che si oppongono. È anche l’affermazione di una politica ultranazionalista aggressiva in tutti gli ambiti, a partire da quello dell’economia (con l’aumento dei dazi sulle importazioni dall’Europa e dalla Cina) e delle relazioni internazionali, dove esistono solo concorrenti e rapporti di forza. Per quanto riguarda la politica interna, è la caccia all’immigrazione clandestina, con l’annuncio dell’espulsione di 11 milioni di persone (!), la promozione del razzismo e del suprematismo bianco, il persistere degli attacchi ai diritti delle donne e la messa in discussione delle politiche a favore delle “minoranze”. È la promozione di idee fasciste.

Sul fronte economico, è la riduzione delle tasse dei ricchi (che hanno sostenuto finanziariamente la sua campagna elettorale) e delle grandi imprese, e l’abolizione di tutte le regolamentazioni in materia ambientale per rafforzare la supremazia delle compagnie petrolifere e del gas. Il multimiliardario Musk, che ha messo a disposizione di Trump il suo denaro e la potenza della sua rete mediatica, è designato a guidare la politica di “riduzione dei costi”, che comporterà soprattutto forti tagli ai bilanci sociali federali. Trump ha ottenuto il 51% dei voti, contro il 47,5% di K. Harris. Ha ottenuto 4 milioni di voti in più rispetto a K. Harris. La sua vittoria elettorale e quella del suo partito MEGA, che ha fagocitato il partito repubblicano in dieci anni, ed è in campagna permanente per la rielezione, è un dato di fatto. Ma non è un maremoto, come sembra dalle mappe che mostrano il numero di elettori.

Sebbene l’affluenza alle urne non abbia superato quella del 2020, Trump ha galvanizzato la sua base elettorale, che ha votato in massa. Ha polarizzato i dibattiti giocando sulle paure, le divisioni, il che gli ha permesso di farsi strada tra tutte le categorie di elettori. Per questo motivo non smette di rivendicare la vittoria del “voto popolare”, affermando che è un “voto di adesione”, che ha dietro di sé gli ambienti popolari, compresi gli immigrati cittadini statunitensi. La sua vittoria è anche dovuta alla bocciatura della candidata del Partito Democratico, K. Harris. Ella ha fatto propria tutta la politica di Biden, in particolare la sua politica internazionale; il suo costante sostegno alla guerra di genocidio condotta da Israele contro il popolo palestinese e all’Ucraina di Zelensky, che hanno portato ampi strati della popolazione ad astenersi o a votare per candidati “piccoli” che hanno fatto una campagna contro questa politica. Sul piano interno, ha ripreso il discorso della “buona salute dell’economia statunitense”, per merito della politica di Biden, ignorando il brutale e cronico impoverimento della classe operaia, di tutti ceti popolari, per effetto in particolare di un’inflazione del 20% sui prezzi dei generi alimentari e del raddoppio del tasso di povertà tra il 2021 e il 2022.

Gran parte del “voto popolare” per Trump esprime la collera e il senso di abbandono di queste categorie. K. Harris è stata vista come la rappresentante dell’élite “colta”, che trae vantaggio dalla “buona salute dell’economia”. L’elezione di Trump provoca molteplici reazioni nel mondo, in particolare da parte dei governi “alleati” dell’imperialismo statunitense, membri della UE e della NATO. Essi parlano di rafforzare l’unità tra gli stati membri della UE, per contrastare la politica economica aggressiva dell’imperialismo statunitense e per prepararsi ad affrontare militarmente la Russia, militarizzando ulteriormente le economie e rafforzando il sostegno all’Ucraina. Non è più il 2% del PIL che intendono destinare ai bilanci di guerra, ma il 3%! Tutto ciò noi non lo vogliamo! Il nostro campo è quello della classe operaia e dei popoli.

Siamo al fianco dei lavoratori che, negli Stati Uniti, lottano contro i monopoli per ottenere aumenti salariali, che siano Boeing, Amazon, i porti… Siamo al fianco dei progressisti, dei rivoluzionari, dei comunisti del Partito Americano del Lavoro che dichiara: “Chiunque sia il vincitore, noi continuiamo a lottare. Queste parole sono più vere che mai. Per questo dobbiamo organizzarci e rafforzare la nostra solidarietà con i lavoratori, le persone LGBTQIA+, gli immigrati, le persone di colore, le persone con disabilità e tutti gli altri gruppi emarginati che lottano per i loro diritti e la loro sopravvivenza”.[1]

Da “La Forge” n. 666, novembre 2024 – Organo centrale del Partito Comunista degli Operai di Francia (PCOF)

 

[1] Dichiarazione del 9 novembre 2024 della segreteria del Partito Americano del Lavoro, membro della CIPOML.

 

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