Morale borghese e morale comunista

La pubblicazione dell’articolo “Morale comunista e lotta per il Partito” (vedi Scintilla n. 135, giugno 2023) ha suscitato dibattiti nei quali si sono evidenziate carenze di comprensione e di formazione da parte di taluni compagni lettori e simpatizzanti, specialmente su questioni inerenti le forme della coscienza sociale (ideologia politica, coscienza giuridica, morale, arte, filosofia, estetica, religione, etc.).
Su richiesta di questi stessi compagni presentiamo in questo articolo elementi basilari relativi al fenomeno “morale” dal punto di vista del marxismo-leninismo.
La morale consiste nelle norme e nelle regole di condotta e convivenza degli esseri umani nella loro relazione con la società in una data tappa del suo sviluppo.
I giudizi della società (o di una data classe sociale) sul comportamento e gli atti dei suoi membri, valutati dal punto di vista del bene e del male, della giustizia e dell’ingiustizia, dell’onestà e della disonestà, si chiamano giudizi morali e trovano la loro incarnazione in determinati principi, norme e regole di condotta cui si conformano gli individui nelle loro relazioni reciproche.
La morale è una delle forme della coscienza sociale che sono riflesso dell’essere sociale e che a sua volta hanno influsso sull’essere sociale.
I principi e le norme morali, a differenza delle norme e delle leggi giuridiche, non hanno forza coercitiva sugli individui (vi sono eccezioni, come ad es. la “polizia morale” nei paesi teocratici).
Dietro di esse c’è la forza dell’opinione pubblica di una data società, le sue concezioni e la sua prassi nei rapporti fra individui.
Gli idealisti ritengono che la morale è completamente indipendente dalle condizioni materiali di esistenza dell’umanità, dunque eterna, al di sopra della storia e delle classi.
Essi derivano la morale da questo o quel principio spirituale, da un “al di là” esterno alla società, facendone una “verità eterna”. La morale religiosa è un esempio di questa concezione della morale, che dalla terra sale al cielo e prescrive il castigo divino per chi non la osserva.
Vi sono anche concezioni che fanno derivare la morale dagli impulsi istintivi dell’essere umano (es. aggressività, riproduzione, etc.), oppure da cosiddette “proprietà eterne”, immutabili della natura umana (es. la predisposizione al bene).
Il marxismo-leninismo nella sua interpretazione della morale e delle sue esigenze invece non parte da definizioni generali, astratte, ma dalle concrete condizioni storiche.
La coscienza morale è un fenomeno prettamente sociale.
Essa sorge solo nella società, sulla base della produzione sociale, nel corso della quale si rende necessario regolare i rapporti fra i singoli individui e la collettività, definire obblighi e sanzioni per il mancato adempimento di essi.
Di conseguenza, la morale non può essere eterna, immutabile, astratta, extrastorica, ma essendo una categoria storica concreta essa muta non appena cambiano le condizioni materiali di esistenza degli esseri umani e i relativi rapporti sociali, la loro situazione economica.
Con il cambiamento delle forme di regime economico e sociale cambiano anche le concezioni e le norme morali, che hanno carattere storicamente mutevole.
Con l’apparizione delle classi sociali, ogni classe elabora le proprie norme morali, che sono diametralmente opposte per la classi antagonistiche, le quali hanno concezioni del tutto diverse del male e del bene, del giusto e dell’ingiusto e si fanno guidare da principio morali antitetici.
Le classi della società moderna, scrive Engels nell’Anti-Duhring, “hanno ciascuna la propria morale particolare…gli uomini, consapevolmente o inconsapevolmente, in ultima analisi traggono le loro concezioni morali dai rapporti pratici sui quali è fondata la loro condizione di classe, dai rapporti economici in cui producono e scambiano”.
In una data società le concezioni morali dominanti sono sempre quelle della classe dominante. Esse esprimono gli interessi di questa classe, che mira a imporre a tutta la società le proprie norme e regole di condotta, cambiando le loro forme se necessario, ponendosi persino fuori dalle vecchie tradizioni, ma senza mettere mai in discussione i rapporti sociali vigenti.
Con il trionfo del regime borghese, la morale cristiano-feudale, basata sullo sfruttamento dei servi della gleba, lasciò il posto alla morale borghese moderna, basata sullo sfruttamento del proletariato.
Nella società capitalistica domina il principio dell’economia mercantile, tutto assume la forma di merce, anche gli esseri umani sono merce (forza-lavoro). Il metro principale dei rapporti sociali diventa il denaro, equivalente generale del valore delle merci. L’aspirazione a fare soldi ad ogni costo, l’idolatria del denaro, sono prodotti tipici di questa società. Chi detiene molto denaro appare automaticamente come una persona per bene, degna di rispetto, da celebrare in vita e beatificare dopo morto, indipendentemente dal modo in cui ha acquisito la ricchezza.
Nella morale borghese pur di arricchirsi, di fare profitti, tutto è lecito, anche i peggiori crimini contro l’essere umano e la natura.
La morale borghese è contraddistinta dall’individualismo, dal disprezzo del collettivismo, della concorrenza spietata, dall’egoismo dell’”ognun per sé e dio per tutti”, pienamente autorizzato dalle norme di “correttezza“ e di “onestà” vigenti nella società capitalistica.
Ma nella società capitalistica oltre alla morale borghese si afferma la morale proletaria, man mano che i lavoratori sfruttati si associano e lottano per la propria emancipazione.
Gli operai non ritengono giuste le norme morali dei capitalisti, le criticano, non le osservano, non tengono contro delle opinioni degli sfruttatori.
La morale del proletariato si forma nella lotta per abolire i rapporti sociali capitalistici e si basa su principi completamente diversi da quelli della borghesia: la solidarietà di classe, il reciproco aiuto, il collettivismo, la fratellanza umana. Essa rappresenta nella società attuale il suo rovesciamento e il futuro stesso della società.
Con la vittoria della rivoluzione proletaria, l’abbattimento degli sfruttatori e l’edificazione del socialismo si afferma una nuova morale, la morale della società comunista.
La morale comunista è subordinata agli interessi dell’azione di lotta del proletariato che si batte non solo per la propria definitiva liberazione, ma anche per quella di tutti i lavoratori dallo sfruttamento.
Perciò man mano che si sviluppa il socialismo in marcia verso il comunismo, la morale della classe operaia acquista sempre più le caratteristiche dell’etica comunista, che esprime gli interessi di tutti i lavoratori e si fonda sulla lotta per conquistare la società senza classi.
Dal punto di vista della morale comunista è morale solo quello che favorisce l’abbattimento della vecchia società, dello sfruttamento, dell’oppressione e della miseria, quello che favorisce e consolida la nuova società socialista.
“La lotta per il consolidamento e la vittoria del comunismo è il fondamento della morale comunista” (Lenin).
La morale comunista, oltre i principi della solidarietà, del collettivismo, etc., comprende anche altri principi: la fedeltà alla causa del comunismo, la partecipazione cosciente alla vita produttiva e sociale, l’amore per la patria socialista, per il lavoro al servizio della società, la sollecitudine per difendere e incrementare la proprietà sociale, la profonda comprensione dei doveri sociali, la semplicità e la modestia nella vita sociale, la cura per l’educazione dei giovani membri della società, il rispetto e la cura degli anziani, lo sviluppo multilaterale della personalità umana in tutti i campi, la tutela della natura, l’inimicizia assoluta verso il fascismo, il razzismo e i nemici del socialismo-comunismo, la solidarietà fraterna con i popoli, etc.
La morale proletaria, comunista, contribuisce potentemente allo sviluppo progressivo della società, difende e afferma il futuro dell’essere umano, rispecchia i compiti dello sviluppo sociale e la lotta per la creazione dell’uomo nuovo, l’essere umano del comunismo.
Da “Scintilla” n. 137 (settembre 2023)
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