“Nuova Egemonia”, vecchie idiozie

“Nuova Egemonia” è un ristretto gruppo maoista (di tendenza gonzalista) che per farsi largo e avviare processi di convergenza nella sua area politica da alcuni anni sparacchia a destra e a manca malloppi di critica in cui emergono le gravi deviazioni ideo-politiche che lo distinguono.
Recentemente è arrivato a occuparsi anche di noi, rispolverando documenti che abbiamo elaborato più di dieci anni fa.
In quanto comunisti, detestiamo la “tattica del silenzio” tipica dei revisionisti. Nella complessa lotta per ridare alla classe il suo partito siamo pronti ad accordare spazio all’approfondimento dei problemi teorici, storici, politici, anche attraverso una polemica aperta che metta in luce la portata e le conseguenze delle divergenze esistenti.
Ciò a condizione che la discussione sia seria, basata sulla conoscenza approfondita dei punti di vista, sulla ricerca rigorosa condotta con onestà intellettuale, combattendo quel “culto dei dissidi” in cui cadono inevitabilmente gli esponenti delle varie “confessioni”.
Proprio questo manca ai neoegemonisti, che hanno fornito l’ennesima prova di mistificare l’analisi storica imperniandola sulla “lotta fra le due linee” che sta nel loro cervello, sui sofismi, sulle “verosimiglianze” e i paradossi, invece che sui presupposti reali, le condizioni della vita materiale e le leggi di sviluppo economico della società, i conflitti sociali e le battaglie di classe che contribuiscono a plasmare il tortuoso corso della storia, approcciando con il metodo dialettico marxista anche i testi in cui si riflettono questi processi.
Un conto è infatti analizzare la documentazione storica alla luce del materialismo storico; un altro è negare l’obiettività della ricerca storica e persino l’esistenza di fonti di prima mano.
Molto ci sarebbe da dire riguardo la critica al nostro sguardo storico sulla “svolta di Salerno”, che occupa più della metà delle 86 pagine che ci hanno dedicato. Ci limitiamo ad osservare che i gonzalisti, incapaci di formulare una coerente ricostruzione di quell’avvenimento, citano una presunta affermazione di Dimitrov contraria alla partecipazione dei comunisti al governo Badoglio, risalente al gennaio del 1944. Dimenticano però di dire che Dimitrov fu favorevole alla coalizione con i nazionalisti antitedeschi dello Zveno, che dal 1944 al ’46 presiedettero il governo a cui prese parte il Partito Operaio Bulgaro. Ebbene, Stalin non si espresse mai contro la linea seguita da Dimitrov e Togliatti in quel periodo!
Ma esistono le condizioni per un dibattito su questi importanti avvenimenti, basato sulla critica storica e scientifica? Purtroppo le conclusioni dei loro ampollosi, confusionari e abborracciati pamphlet sono le loro stesse premesse, la condizione il condizionato, il determinante il determinato: puro apriorismo condito da teorizzazioni e “prove” senza fondamento.
Non seguiremo perciò le loro farneticazioni e falsificazioni della storia, i complottismi documentali (tranne quando i testi avvalorano in qualche modo il maoismo), le filippiche strampalate, ma andremo dritti al cuore del problema.
Il motivo di fondo delle infami accuse che ci vengono rivolte sta nel fatto che secondo “Nuova Egemonia” la strategia della rivoluzione nel nostro paese è la “rivoluzione di nuova democrazia”, e non la rivoluzione socialista che giudicano impossibile e negano alla stregua di tutti i revisionisti e i riformisti.
Di conseguenza, nella loro visione opportunistica, per fare la rivoluzione è necessaria l’alleanza per un lungo periodo con certi settori della borghesia, come fece il PCC di Mao con la borghesia nazionale, integrandola nel blocco al potere, coesistendo con essa e proteggendola, negando il ruolo della classe operaia nella rivoluzione e impedendo in tal modo il passaggio senza interruzione dalla tappa democratica borghese alla tappa socialista della rivoluzione.
Sfortunatamente ai maoisti sfugge un “dettaglio”: l’Italia non è un paese semi-feudale, coloniale o semi-coloniale, e nemmeno un paese capitalistico arretrato o a medio sviluppo capitalistico; è invece un paese imperialista con un regime democratico-borghese formato da molto tempo.
Per cui la fondamentale rivendicazione del programma rivoluzionario nel campo politico è il passaggio diretto alla dittatura del proletariato, non la dittatura congiunta con settori della piccola borghesia e della borghesia che non ha alcun carattere rivoluzionario e alcuna funzione antimperialista (per inciso, la borghesia nazionale è assente nei paesi imperialisti per cui la strategia maoista della “nuova democrazia” cade per assenza dei suoi stessi presupposti).
Sarà la rivoluzione socialista ad incaricarsi, fra le altre cose, di assolvere compiti di carattere democratico che la borghesia non ha potuto o voluto risolvere in quanto classe che ha esaurito qualsiasi ruolo progressivo.
Ma per i neoegemonisti ciò è incomprensibile, poiché non pongono la contraddizione fra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive a fondamento della rivoluzione sociale del proletariato, bensì quella fra imperialismo e popoli oppressi.
Non ci dilunghiamo qui sulla balorda teoria della universalità della guerra popolare rivoluzionaria, che abbiamo demolito in diversi articoli apparsi su Teoria e Prassi (la documentazione è a disposizione dei compagni interessati).
Nemmeno vale la pena di rispondere alla risibile critica secondo cui non consideriamo lo sviluppo del marxismo. Si tratta di un’antifona che serve solo a giustificare la “terza superiore tappa” zeppa di concezioni antimarxiste e antileniniste.
Dal punto di vista ideologico il fondamento delle loro accuse è tanto scontato quanto grottesco: poiché critichiamo apertamente il maotsetung-pensiero e il gonzalismo saremmo dei “revisionisti e trotzkisti” come Enver Hoxha. Chiunque potrà capire la gravità della patologia ideologica che offusca la mente dei nostri denigratori.
Il gruppo di “Nuova Egemonia” è una delle molteplici espressioni dell’influenza della piccola borghesia pseudo-rivoluzionaria sul proletariato, che si manifesta con frasi scarlatte per seguire una politica di destra, opportunista e revisionista. Nonostante questo gruppo si sforzi di parlare di proletariato, l’egemonia che nega in teoria come in pratica è proprio quella del proletariato, degenerando nel più volgare riformismo.
La sua attività si esaurisce nell’aumentare il livello di confusione esistente e nel perpetuare la frammentazione organizzativa, mantenendo nel “congelatore” alcune forze che potrebbero offrire un contributo alla lotta per il Partito, purchè si liberino dalle scorie revisioniste, dai luoghi comuni e dalle infatuazioni ideologiche che sconfinano nel fanatismo di tipo religioso.
I marxisti-leninisti hanno fatto i conti con il maoismo, una forma di revisionismo moderno, nella seconda metà degli anni ’70 dello scorso secolo. Oggi la lotta contro questa deviazione prosegue, specialmente in Asia, dove si ripresenta sotto la forma di un revival multipolarista della teoria controrivoluzionaria dei “tre mondi” finalizzata a falsificare la natura dell’imperialismo (in primo luogo quello cinese e quello russo) e a glorificare come antimperialisti alcuni paesi indipendentemente dalle classi che sono al potere.
Sapremo come proseguire la battaglia ideologica, applicando il marxismo-leninismo e guardando agli eventi e agli sviluppi dalla prospettiva di classe del proletariato. Continueremo a illustrare le ragioni per cui reputiamo il maoismo in contrasto con la teoria e la tattica del movimento di emancipazione del proletariato, senza concessioni alle fesserie.
Perciò facciamo nostro un motto che anche Marx adoperò: “Segui il tuo corso, e lascia dir le genti”.
Da Scintilla n. 125, gennaio 2025
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