Ottobre 1917: la guerra e la rivoluzione proletaria
Il 7 novembre di 107 anni fa la Rivoluzione Socialista d’Ottobre trionfò in Russia, aprendo una nuova era del genere umano, l’era delle rivoluzioni proletarie.
La Rivoluzione d’Ottobre cominciò mentre infuriava la prima guerra imperialistica mondiale, mentre i principali Stati borghesi, scissi in due campi e impegnati a farsi la guerra e a indebolirsi reciprocamente, non erano in condizione di agire attivamente contro il processo rivoluzionario che si stava sviluppando.
Il fatto che guerra e rivoluzione siano avvenute negli stessi anni è un punto di partenza per la comprensione di come questi due fenomeni, espressione della crisi generale del capitalismo, interagiscono, in modo non meccanico, e di come la circostanze belliche agevolano la vittoria della rivoluzione. La guerra nel regime capitalista-imperialista è un fenomeno regolare e inevitabile come lo sfruttamento della classe operaia, causato da tutte le contraddizioni del sistema.
Le guerre imperialiste scoppiano per effetto dello sviluppo ineguale dei paesi capitalistici, che comporta la modifica dei rapporti di forza economici e bellici, la rottura degli equilibri precedenti. Di qui la necessità per i briganti imperialisti di procedere per mezzo della guerra ad una nuova spartizione del mondo.
Ma le guerre, se da un lato servono per accaparrarsi materie prime, mercati e zone di influenza, dall’altro indeboliscono le forze dell’imperialismo, accrescono le contraddizioni fra le classi sociali, debilitano la borghesia e rendono possibile la rottura del fronte dell’imperialismo in uno o più punti deboli.
Il partito bolscevico, al contrario di tutti i partiti piccolo borghesi, degli opportunisti di tutte le risme che fin dall’inizio della guerra avevano aiutato la borghesia votando per i crediti di guerra, ingannato e tradito le masse, nascondendo loro il carattere imperialistico e brigantesco della guerra, restò sempre fedele alla causa del socialismo e dell’internazionalismo proletario e chiamò alla lotta a fondo contro la guerra imperialistica.
I bolscevichi non erano semplici pacifisti, nel senso comune del termine. Erano per una lotta rivoluzionaria in favore della pace che giungesse fino all’abbattimento del potere della borghesia guerrafondaia. Collegavano dunque la causa della pace a quella della vittoria della rivoluzione proletaria, il mezzo più sicuro per ottenere una pace giusta, senza annessioni.
Perciò seguirono una politica diretta a ottenere la disfatta del proprio governo nella guerra imperialistica, che avrebbe agevolato la vittoria del popolo contro lo zarismo e la lotta vittoriosa della classe operaia per liberarsi dalla schiavitù capitalistica e dalle guerre imperialistiche.
In otto mesi, dal febbraio all’ottobre 1917, con la sua intensa attività politica, il partito bolscevico conquistò la classe operaia e i soviet, fece passare dalla parte della rivoluzione milioni di contadini, smascherò la politica dei partiti piccolo borghesi e strappò le masse all’influenza di questi partiti.
Le sorti del governo provvisorio di Kerensky furono intimamente connesse alla sua volontà di proseguire la guerra imperialista, essendo questo nient’altro che un comitato di amministrazione degli affari della borghesia, che dunque non poteva non adempiere agli interessi fondamentali di quest’ultima classe sociale.
Lo sviluppo pacifico della rivoluzione non era più possibile, non restava che prendere il potere con la forza, rovesciando il governo.
Nella riunione del Comitato Centrale del partito bolscevico che diede inizio all’insurrezione armata, svolta il 23 ottobre 1917, Lenin spiegò che la situazione era matura, che bisognava prendere l’iniziativa e passare ad azioni decise per prendere il potere.
La risoluzione proposta da Lenin fu approvata con 10 voti a favore e due contrari (Kamenev e Zinoviev). Fu accettata la proposta di Dzerzinsky di creare un Ufficio politico formato da alcuni membri del CC per dirigere l’insurrezione.
Il partito bolscevico, raggruppando attorno al proletariato le masse contadine e lavoratrici, riuscì con la sua direzione rivoluzionaria a sopprimere il dominio della minoranza sfruttatrice e a trasferire il potere politico ai Soviet, che approvarono immediatamente gli storici decreti sulla pace e sulla terra.
In pochi mesi il potere sovietico si estese al paese intero, distruggendo il vecchio apparato statale borghese e organizzando un’economia nuova, nazionalizzando tutti rami della grande industria, le banche, la ferrovie, la flotta, il commercio estero, annullando i debiti contratti per continuare la guerra di rapina. Iniziò l’edificazione socialista.
Anche gli eventi successivi alla sconfitta del nazifascismo, che videro l’estensione del campo socialista, antimperialista e democratico, dimostrano che il sistema capitalista-imperialista può uscire profondamente scosso e con una seria perdita di posizioni da una guerra di grandi dimensioni.
Oggi la guerra torna a divampare in diverse regioni del mondo, fra cui l’Europa. Quella che si combatte in Ucraina e in Russia è scaturita da specifiche condizioni storiche ed economiche. Il suo carattere rimane imperialista e ciò dà la sua impronta a tutti gli eventi che si succedono quotidianamente.
All’origine della guerra vi sono le contraddizioni interimperialiste fra gli Stati Uniti e la Russia, con la Cina alle sue spalle.
Nessuna delle due parti sta combattendo una guerra giusta. Da ambo le parti sono i gruppi imperialisti a condurre la guerra per i loro interessi, gettandone il peso sulle spalle della classe operaia e dei popoli.
Il conflitto attuale non è sorto improvvisamente. È stato preparato da decenni di politica di guerra, di espansione a est della NATO e della UE, da sanzioni e provocazioni, cambi di regime e conflitti locali in Ucraina, corsa alle armi e dispiegamento di missili, nazionalismo aggressivo e addestramento di milizie fasciste, etc.
Il sedicente paese “sulla difensiva” è in realtà un avamposto della NATO, dominato da una cricca golpista al servizio di essa e dei suoi piani imperialistici, criminali ed espansionistici verso oriente.
Con l’invio a Kiev di armi sempre più letali e con il coinvolgimento nel conflitto del suolo russo, la guerra sta subendo un’escalation che rende lo scontro armato diretto tra NATO/USA/UE e Russia ben più che un’ipotesi, ovvero una tremenda minaccia che pesa sulla testa dei popoli.
La guerra in corso, soprattutto se i due gruppi di imperialisti dovessero affrontarsi direttamente, non potrebbe che portare alla rovina economica di molti paesi, all’indebolimento delle forze dell’imperialismo e alla radicalizzazione della classe operaia e delle altre masse lavoratrici, le quali non avranno altra alternativa se non lottare contro le basi stesse del capitalismo responsabile di tutto ciò.
La guerra rappresenta una svolta profonda nella vita dei popoli, nella vita della classe operaia internazionale; pone in gioco la sorte degli Stati, ma anche il destino del movimento operaio e comunista.
Ancora una volta l’atteggiamento di fronte alla guerra è la pietra di paragone per tutti i partiti e le correnti che si richiamano al comunismo.
Da un lato della barricata c’è chi è rimasto fedele alla causa della rivoluzione e del socialismo, dell’internazionalismo proletario; dall’altro lato, i traditori della classe operaia e dei popoli, i servi di questo o quell’imperialismo, della borghesia.
Dalla lezione della Rivoluzione Socialista d’Ottobre traiamo che la vittoria spettò al partito dei bolscevichi perché erano l’unica forza che si opponeva frontalmente alla guerra, all’opportunismo e allo sciovinismo, rimanendo saldamente sul terreno del socialismo e dell’internazionalismo proletario. Sono le condizioni soggettive, in primis l’esistenza del partito rivoluzionario del proletariato, ad essere decisive per la vittoria della rivoluzione.
Senza questo fattore non è possibile sfruttare la maturazione delle condizioni oggettive della rivoluzione.
I bolscevichi, con il partito di tipo leninista, hanno insegnato al proletariato di tutti i paesi come approfittare di una situazione di indebolimento e crisi della classe dominante, dirigendo la classe operaia, alleata con i contadini poveri, all’assalto decisivo.
La via d’uscita dalla guerra imperialista è il rovesciamento del dominio capitalista e l’instaurazione della dittatura del proletariato. Dobbiamo preparare questa soluzione di portata storica, le cui condizioni oggettive stanno diventando più favorevoli, facilitarla, avvicinarla, lavorando instancabilmente per ricostituire il partito della rivoluzione proletaria.
Da Scintilla n. 148, ottobre 2024
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