Putschismo e rivoluzione
Negli ultimi anni, nell’ambito della crisi del sistema neocoloniale in Africa, abbiamo assistito ad una ripresa di colpi di stato militari, che consentono all’ala militare della borghesia reazionaria di prendere il potere politico mettendolo al servizio degli interessi dei clan alleati delle potenze imperialiste.
Dal 2012 ci sono stati 14 colpi di stato nel continente africano, di cui 4 in Africa Occidentale.
Mali (2012, 2020 e 2021); Egitto (2013); Repubblica Centrafricana (2013); Burkina Faso (2015, gennaio 2022, settembre 2022); Ciad (2021); Guinea Bissau (2012); Sudan (2019, 2021); Zimbabwe (2017); Guinea Conakri (2021).
Questi colpi di stato militari hanno luogo nel contesto del collasso e della crisi multiforme del sistema neocoloniale in Africa. Allo stesso tempo, i golpisti, con l’aiuto di opportunisti e revisionisti, diffondono idee pseudo-rivoluzionarie e confusioniste per giustificare la loro presa del potere.
Pertanto è necessario confutare le concezioni revisioniste e confusioniste che pretendono di mostrare questi colpi di stato militare come “vittoria delle forze democratiche e rivoluzionarie”, “culmine delle loro lotte popolari”, ecc. Si tratta di una teorizzazione del golpismo, presentato come un mezzo per realizzare la rivoluzione e il socialismo scientifico.
In realtà questo fenomeno non è nuovo perché in alcuni paesi africani altri golpisti hanno cercato di tradurre in realtà queste marce teorie. È il caso di Didier Ratsiraka in Madagascar, Denis Sassou Nguesso in Congo-Brazzaville, Mathieu Kerekou in Benin, Mengisthu Halié Mariam in Etiopia, dove questi generali reazionari aiutati dai revisionisti hanno instaurato un capitalismo di stato fascista utilizzando un linguaggio pseudo-rivoluzionario.
Queste teorie e concezioni revisioniste sono in flagrante contraddizione con la dottrina scientifica del marxismo-leninismo e mirano a combattere quest’ultima, a disarmare ideologicamente la classe operaia e il popolo per difendere meglio il capitalismo e il neocolonialismo. È quindi dovere del nostro partito, il Partito Comunista Rivoluzionario Voltaico, confutarle per illuminare la classe operaia e il popolo sulla via da seguire per raggiungere la rivoluzione e il socialismo scientifico. Per questo, è importante esaminare l’esperienza dei colpi di stato militari in Africa e nell’Alto Volta, detto anche Burkina Faso, alla luce del marxismo-leninismo.
1) L’esperienza storica del colpi di stato militari in Africa e in Alto Volta (Burkina Faso)
Dopo l’indipendenza formale e durante gli anni ’60 e ’70 apparve un nuovo fenomeno nelle neocolonie africane: i colpi di stato militari. Essi hanno portato gli eserciti neocoloniali e le forze paramilitari in primo piano della scena politica africana, e hanno svolto un ruolo importante nel mantenimento e nel rafforzamento del sistema neocoloniale e nella repressione della classe operaia e popolo. Così, l’esercito (creato, formato e finanziato dai poteri imperialisti, soprattutto francesi), presentato come la “difesa del nazione e la sua sovranità”, esce dalle caserme per svolgere il suo ruolo di perno del sistema politico e strategico dell’imperialismo internazionale, soprattutto dell’imperialismo francese, nelle neocolonie africane, soprattutto nell’attuale periodo di crisi del sistema capitalista revisionista mondiale. Questa militarizzazione dei regimi politici in Africa conferma l’opinione di Lenin secondo cui: “L’armamento della borghesia contro il proletariato è uno dei fatti più essenziali della società capitalista moderna.” (Opere scelte, ed. Progress, Mosca, Vol. 1, p.762).
Ma quali sono le cause e gli obiettivi dei colpi di stato militari in Africa?
In generale, i colpi di stato militari sono di natura neocoloniale e cercano di rafforzare il capitalismo, nonostante le loro motivazioni e i loro obiettivi tattici differiscano da un caso all’altro. L’esperienza storica ci permette di classificare i colpi di stato militari in Africa come segue:
a) Quando l’imperialismo, in particolare quello francese, e le forze reazionarie reagiscono alla nascita e allo sviluppo dei movimenti popolari e rivoluzionari, organizzano colpi di stato militari per impedire che questi movimenti rovescino le potenze neocoloniali: in questo caso, il colpo di stato militare è uno strumento nelle mani degli imperialisti e dei loro alleati locali per bloccare il percorso del movimento democratico e rivoluzionario.
In effetti, il 3 gennaio 1966 nell’Alto Volta, il movimento popolare contro le tasse volute dal governo reazionario di Maurizio Yaméogo è stato il culmine di un processo di malcontento e indignazione delle masse lavoratrici contro la politica antisociale e antipopolare della Prima Repubblica. Il risultato fu una situazione rivoluzionaria che costrinse la borghesia voltaica e l’imperialismo francese, presi dalla paura e dal panico, a ricorrere a un colpo di stato militare, che portò in primo piano della scena politica il generale Sangoulé Lamizana, per porre fine ai disordini popolari e continuare nella difesa degli interessi delle classi borghesi reazionarie e dei loro alleati imperialisti.
Il 25 novembre 1980 il colpo di stato del comitato militare per la Ripresa e il Progresso Nazionale (CMRPN), che rovesciò il governo della Terza Repubblica perseguì l’obiettivo principale della liquidazione del movimento democratico rivoluzionario, in particolare del Partito Comunista Rivoluzionario Voltaico (PCRV), la cui crescente influenza e combattività cominciava a preoccupare seriamente le classi dominanti. Tutte le politiche antisociali e di tipo fascista del CMRPN danno prova di ciò: divieto del diritto di sciopero, perquisizioni e deportazioni arbitrarie, persecuzioni di tutti coloro sospettati di esserne membri del PCRV, ecc.
b) L’esperienza dei colpi di stato militari in Africa rivela che essi sono per le potenze imperialiste uno strumento di estensione della loro sfera di influenza e dominio nel quadro della loro rivalità per l’egemonia mondiale. Dopo la divisione del mondo tra le principali potenze imperialiste, la loro attuale lotta per ridividersi il mondo (data la legge dello sviluppo ineguale del capitalismo e il fatto che l’imperialismo tende inevitabilmente all’egemonia) porta al fatto che un imperialismo rivale si appoggi ad una frazione della borghesia locale (generalmente la frazione che non è al potere) per cercare di spodestare, con la forza, l’imperialismo fino a quel momento dominante. Questo in funzione dell’interesse strategico del paese o della zona in questione. Ad esempio, approfittando della situazione rivoluzionaria creatasi in Etiopia nel 1974, il socialimperialismo sovietico ha aiutato Menghistu Haile Mariam a prendere il potere attraverso un colpo di stato militare rovesciando l’imperialismo americano, che sosteneva il Negus Haile Selassie. Questo colpo di stato ha consentito al socialimperialismo di occupare l’Etiopia e di prendere piede nel Corno dell’Africa, accedendo così a importanti posizioni strategiche nella loro rivalità con l’imperialismo americano per l’egemonia mondiale.
Mentre la crisi del sistema imperialista mondiale si aggrava l’imperialismo francese, in declino, deve affrontare la rivalità di altre potenze imperialiste (Russia, Cina, Stati Uniti, Turchia, Brasile, India) nelle ex colonie africane finora considerate come la sua riserva privata. Esso è sempre più minacciato dall’imperialismo russo, che approfitta dei regimi derivanti da colpi di stato militari in Mali, Burkina Faso e Niger per impiantarsi.
Questa rivalità non fa che confermare il punto di vista di Lenin secondo cui “la militarizzazione invade oggi tutta la vita sociale. L’imperialismo è una lotta senza quartiere delle grandi potenze per dividere e ridividere il mondo: quindi deve inevitabilmente estendere la militarizzazione di tutti i paesi”. (Opere scelte, ibid., pag. 762).
c) Le potenze imperialiste e i loro alleati locali incoraggiano anche i colpi di Stato per rovesciare i poteri che ai loro occhi sembrano progressisti e che non lasciano loro la strada libera per proseguire la loro politica di sfruttamento, saccheggio e oppressione. Questo era il significato del colpo di stato del sergente Joseph Mobutu che rovesciò il governo di Patrice Lumumba nel Congo-Léopoldville. La stessa cosa successe con il colpo di stato che rovesciò Kwamé Nkrumah in Ghana nel 1966. Entrambi i colpi erano opera della CIA.
d) Infine, per eliminare le monarchie minacciate dal movimento popolare e incapaci di venirne a capo con le riforme necessarie, le potenze imperialiste favorirono colpi di stato militari finalizzati all’instaurazione di una repubblica democratica borghese nel mentre soffocavano il movimento rivoluzionario. Questo per il semplice motivo che, come sottolinea Lenin: “La repubblica democratica è la migliore forma politica possibile di capitalismo; il capitale, essendosene impossessato … stabilisce il suo potere in maniera così solida, così sicura, che non può essere scosso per nessun cambiamento di persone, istituzioni o partiti della repubblica democratico-borghese”. (Stato e Rivoluzione, ed. Progress, Mosca, pagg.17-18).
Fu in quel contesto che Nasser e gli “ufficiali liberi” poterono rovesciare re Farouk in Egitto il 25 luglio 1952. Allo stesso modo Gheddafi rovesciò re Idriss nel 1970 in Libia; Menghistu Haile Mariam e soci sono riusciti a raggiungere il potere in Etiopia senza incorrere inizialmente nelle ire delle potenze imperialiste.
Alla luce di questa esperienza storica, quali lezioni si possono trarre dai colpi di stato militari?
Quale dovrebbe essere l’atteggiamento di principio del partito del proletariato, dei veri rivoluzionari e patrioti, di fronte a questi colpi di stato? Qual è la differenza tra un colpo di stato militare e una rivoluzione sociale?
2) I colpi di stato militari non possono risolvere i problemi fondamentali della classe operaia e del popolo.
Gli insegnamenti che si possono trarre dai colpi di stato militari in Africa, in particolare in Alto Volta (Burkina Faso), sono molti e di grande importanza per la mobilitazione, l’organizzazione e la direzione delle masse popolari da parte del partito del proletariato in cammino verso la rivoluzione e il socialismo. Ai fini di questo articolo, ci concentreremo sulle lezioni seguenti principali:
e) I colpi di stato militari e il rafforzamento del ruolo dell’esercito neocoloniale nella vita politica dell’Africa riflettono anche la debolezza economica e politica delle borghesie locali e dei loro partiti politici reazionari. In effetti, tutti i paesi africani sono società neocoloniali che seguono il percorso di sviluppo capitalista. Al potere si trovano delle borghesie antinazionali alleate alle potenze imperialiste. Queste borghesie gestiscono un apparato statale neocoloniale che permette loro di applicare una politica antipopolare in difesa dei loro interessi reazionari di classe e quelli dei loro padroni imperialisti, una politica di sfruttamento e oppressione della classe operaia e del popolo. Il fulcro di questo apparato statale è l’esercito neocoloniale, il cui obiettivo principale è schiacciare la resistenza della classe operaia e del popolo, reprimere e soffocare nel sangue ogni movimento popolare e rivoluzionario che sfida l’attuale sistema sociale capitalista.
Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato che le borghesie al potere sono spesso state travolte dallo sviluppo delle lotte sociali, data la loro debolezza che continua a preoccupare le potenze imperialiste per tre ragioni essenziali:
- il risveglio della coscienza politica delle masse popolari e la nascita delle organizzazioni di lotta rivoluzionaria, in particolare dei partiti marxisti-leninisti;
- l’inasprimento delle contraddizioni interimperialiste che si riflettono nelle borghesie locali e che sono un fattore di instabilità politica;
- il contesto di crisi del sistema capitalistico imperialista e revisionista mondiale, che ha forti ripercussioni sulle neocolonie, accentuando il malcontento delle masse popolari, ha creato basi oggettive per lo sviluppo delle loro lotte e per le esplosioni sociali. Di fatto, la borghesia locale e i suoi alleati imperialisti lavorano in mille modi per incolpare della crisi la classe operaia e il popolo.
Ciò crea condizioni favorevoli per il rafforzamento il ruolo dell’ala militare della borghesia politico-burocratica (BPB), perché di fronte all’incapacità della borghesia politica di contenere la crisi ed evitare esplosioni sociali, lo strato superiore dell’esercito (ala militare della BPB) si presenta come la fazione capace di instaurare un “potere forte” e andare verso la fascistizzazione, seguendo l’esempio delle giunte militari in Sudamerica.
In definitiva, i colpi di stato militari e la loro frequenza nelle nuove colonie africane testimoniano la fragilità del loro potere.
Soprattutto, riflettono il fatto che nell’attuale situazione di crisi economica, politica, ideologica, sociale e militare del capitalismo e del revisionismo, la borghesia, in quanto classe decadente, ha scelto di marciare verso la fascistizzazione delle potenze neocoloniali.
Pur favorendo l’avvento del regimi militari, le potenze imperialiste hanno fatto ricorso all’intervento militare in proprio e all’installazione di basi e truppe per difendere i propri interessi geo-strategici ed economici, in particolare il saccheggio di immense risorse minerarie che abbondano nei paesi africani.
Ciò è importante perché l’esercito neocoloniale, che gioca un ruolo gestionale delle potenze neocoloniali, si vede minato nell’esercizio del potere politico da grandi contraddizioni che sono fonte di instabilità politica cronica al momento di esercitare il potere politico. È il caso del Burkina Faso, dove l’esercito neocoloniale corrotto è composto da più clan golpisti che si alternano per rovesciarsi a vicenda per la conquista del potere. Da qui i colpi di stato militari di gennaio e settembre 2022 del Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione (MPSR), fomentati dai clan golpisti dell’esercito.
Tutte queste esperienze rivelano la natura profonda dei colpi di stato militari e dei loro obiettivi.
Non sono orchestrati per determinare un cambiamento fondamentale a favore delle masse; mai hanno messo in discussione l’ordine sociale capitalista neocoloniale, ma intendono, al contrario, rafforzarlo, mentre lottano per la liquidazione del movimento rivoluzionario. Ciò era vero anche quando, in un primo momento, i golpisti usano spesso il linguaggio demagogico per ingannare la classe operaia e il popolo. Ad esempio, i regimi militari al potere nei paesi del Sahel dell’Africa occidentale (Mali, Burkina Faso, Niger) hanno esagerato la retorica su “sovranità nazionale”, “panafricanismo” e “indipendenza”, mentre mantengono i loro vincoli di vassallaggio con il FMI e la Banca Mondiale, e aumentano la loro generosità verso l’imperialismo russo.
Tutti questi colpi di stato non scalfiscono le basi del dominio della classe borghese dominante. Non provocano cambiamenti qualitativi del regime economico e sociale (capitalista neocoloniale). Rovesciano solo il potere di determinati individui sostituendoli con altri, che rappresentano la stessa classe dirigente, ma che esprimono con più forza interessi particolari della stessa classe. Ecco perché i colpi di stato sono fondamentalmente diversi dalla rivoluzione e non possono porre fine allo sfruttamento dell’essere umano da parte dell’essere umano, contrariamente a quanto affermano gli opportunisti, i revisionisti e i confusionisti di tutte le parti.
La rivoluzione è opera delle masse sotto la direzione del proletariato guidato dal suo partito (il partito comunista) che, attraverso la violenza rivoluzionaria, distrugge il sistema capitalista e demolisce l’apparato statale borghese neocoloniale per sostituirli con un sistema di dittatura del proletariato. Senza la distruzione del capitalismo non si può raggiungere il socialismo scientifico, non può sostituire la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato. Ecco perché Lenin, il nostro grande maestro, ci insegna che “La necessità di instillare sistematicamente nelle masse questa idea (e precisamente questa) della rivoluzione violenta è alla base dell’intera dottrina di Marx e Engels… Senza rivoluzione violenta è impossibile sostituire lo Stato borghese con lo Stato proletario.” (Stato e Rivoluzione, ibid, p.28).
L’autentico partito del proletariato deve, quindi, tenere una ferma posizione di principio di fronte ai colpi di stato militari che sono reazionari nella loro essenza e non mettono discussione il sistema sociale capitalista: per questo è essenziale dotarsi di una strategia rivoluzionaria per la presa del potere e l’istituzione di dittatura del proletariato. Ma il partito del proletariato deve anche saper adottare una tattica aperta contro i diversi colpi di Stato, questo è fondamentale per smascherare i golpisti, per fare capire alla classe operaia e al popolo il carattere di classe borghese del nuovo potere e la necessità di distruggerlo attraverso la lotta rivoluzionaria sotto la direzione egemonica del partito del proletariato e attraverso adeguate forme di lotta e organizzazione.
Ciò significa che il partito rivoluzionario del proletariato non deve mai nutrire illusioni né al suo interno, né all’interno della classe operaia e del popolo, altrimenti abbandonerà le sue posizioni marxiste-leniniste e sprofonderà nel revisionismo e nel collaborazionismo di classe. In ogni circostanza deve elevare in alto la propria bandiera, attenersi alla sua strategia e tattica rivoluzionaria per la presa del potere e realizzare il suo programma rivoluzionario. Deve collegare il lavoro rivoluzionario all’interno dell’esercito borghese per la sua disintegrazione, come indica Lenin, alla preparazione dell’insurrezione popolare armata volta a distruggere il capitalismo e spezzare l’apparato statale borghese per instaurare la dittatura del proletariato.
La frequenza dei colpi di stato militari riflette in una certa misura il divario tra le condizioni soggettive e oggettive della rivoluzione in Africa e in Burkina Faso in particolare. La debolezza momentanea dei partiti marxisti-leninisti, laddove esistono, e la loro inesistenza nella maggior parte dei casi, non consentono al proletariato e al popolo di svolgere vittoriosamente le loro lotte quando si verificano situazioni rivoluzionarie.
Così, la rivolta popolare del 30 e 31 ottobre 2014 in Burkina Faso ha mostrato limiti e insufficienze, in particolare la mancanza della direzione del partito ML. Il nostro partito (il PCRV) ha tratto preziosi insegnamenti per il suo rafforzamento interno a tutti i livelli e nella lotta per costruire l’unità popolare per un cambiamento rivoluzionario attraverso l’insurrezione generale armata. L’unica modo per la classe operaia e il popolo di raggiungere la propria salvezza è organizzare e realizzare la rivoluzione sotto la guida del PCRV, il partito dell’azione rivoluzionaria.
Comitato Centrale del Partito Comunista Rivoluzionario Voltaico
Aprile 2024
Articolo pubblicato su “Unità e Lotta” n. 48, organo della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML)
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