Rallenta l’economia, si intensificano i contrasti

Il continuo intensificarsi della contesa imperialista è un portato dell’ineguale e irregolare sviluppo fra il capitalismo monopolistico declinante delle vecchie potenze “occidentali” e del Giappone e quello ascendente che caratterizza nuove potenze: Cina soprattutto, ma anche potenze regionali come India, Brasile, Indonesia, Messico, Arabia Saudita e altri paesi.
Questi paesi in ascesa tentano di cambiare la situazione caratterizzata dall’egemonia della superpotenza USA e dai loro alleati, per ridistribuire i mercati di sbocco e di accesso, le rotte energetiche e commerciali, le “sfere di influenza”, a proprio favore.
Nelle condizioni di sviluppo economico caratterizzato dal predominio dei monopoli finanziari questa redistribuzione non può avvenire per via pacifica e concordata, come sostengono i fautori del “multipolarismo”.
Perciò abbiamo più volte affermato che il sistema capitalista-imperialista dell’economia mondiale contiene al suo interno gli elementi di una vasta crisi e di catastrofici conflitti militari.
La politica oggi attuata dalle potenze occidentali declinanti consistente in sanzioni, dazi, limitazione fino al divieto all’esportazione di merci ad altissima tecnologia (per gli USA un ritorno del protezionismo frutto dell’acuta concorrenza internazionale), l’adozione di alti tassi d’interesse per attrarre capitali nonchè per limitare l’inflazione, le strozzature dei rifornimenti e gli alti costi dell’energia e altre materie prime provocati dalla pandemia e dai conflitti armati in Ucraina e Medio Oriente hanno peggiorato un quadro economico e finanziario alle prese da anni con seri problemi, deteriorando ulteriormente le condizioni di vita e di lavoro di miliardi di sfruttati e oppressi.
Una già bassa crescita globale del 3,3% nel 2022 è passata ad un 2,9% nel 2023, con una previsione del 2,7% del 2024. Lo stesso per il commercio mondiale passato, negli stessi anni, dalla crescita del 5,4%, allo 0,6% (2023) con una previsione di “ripresa” – poco realistica – del 2,4%.
La dinamica dell’economia cinese (sempre meno “motore globale”) dal 3% del 2022 al 5,2% del 2023, con previsione del 4,7% per il 2024, e il sostanziale mantenimento della crescita indiana (che tuttavia ribassa di un punto, al 6%) sono controbilanciate da un sostanziale ristagno europeo, che perde ben 3,4 punti dal 2022, e le cui previsioni di crescita sono all’1%. Il Giappone naviga su livelli tra l’1 e il 2%.
Gli Usa nel 2023 hanno realizzato una crescita del 2,4% in risalita, ma con previsioni in discesa all’1,5%.
Nella loro relativa “tenuta” rispetto all’Europa giocano la disponibilità di materie prime ed energia, il permanere del “signoraggio” del dollaro che permette ampie manovre sul deficit, un apparato di monopoli ad alta tecnologia e ben capitalizzati che investono maggiormente e spendono di più in ricerca, la supremazia militare.
In Europa l’impatto dei conflitti in corso è maggiore.
Alla guerra in Ucraina si deve aggiungere la stretta navale in corso sul commercio attraverso il Mar Rosso.
La peggiore prestazione è della Germania che incontra difficoltà nella massima valorizzazione del capitale ed ha sofferto più di tutti l’interruzione del flusso del gas russo. Ora è in recessione, trascinando al ribasso altre economie tra cui quella italiana, fortemente dipendente dalla domanda di componentistica.
Nel nostro paese pesa il fardello del debito pubblico su cui la UE sta di nuovo imponendo politiche di contenimento e rientro.
Anche la produzione industriale è in netto calo (a gennaio 2024 -1,2% rispetto dicembre 2023).
È di pochi giorni fa l’ammissione del ministro Giorgetti che senza il soccorso dei fondi del PNRR di cui l’Italia ha beneficiato più di altri – e che, almeno in parte, dovranno essere rimborsati – l’economia sarebbe anch’essa in recessione.
In sintesi, se l’economia capitalista mondiale non ha avuto un buon anno nel 2022, nel 2023 è andata anche peggio e le previsioni non fanno che consolidare la tendenza.
Il mondo continua a sperimentare un processo accidentato nello sviluppo dell’industria, dell’agricoltura e del commercio, aggravato dalla crescente disputa imperialista.
Ciò a livello politico si traduce negli attacchi antioperai, nella reazione borghese, nella creazione di stati di polizia.
Persistendo questo quadro economico e politico le contraddizioni tra le potenze imperialiste e capitaliste sono destinate, anziché ad allentarsi, ad inasprirsi con la minaccia di una conflagrazione più ampia, di cui i lavoratori e i popoli pagheranno pesantemente le spese.
Ma al tempo stesso migliorano le condizioni per la propaganda e l’azione politica dei comunisti nella classe operaia e le masse lavoratrici che si oppongono e resistono alle criminali politiche borghesi, cercando un alternativa al sistema capitalista-imperialista che produce guerre, miseria, fame, pandemie, sconvolgimenti climatici e ambientali, migrazioni di massa.
In una parola, negazione del futuro per fasce sempre più ampie di popolazione.
Propaganda e azione che, per svilupparsi all’intero della lotta di classe che è in ascesa a livello internazionale, necessitano di organizzazione politica.
Ecco il compito fondamentale che si pone oggi di fronte ai comunisti e ai proletari più coscienti per stare da marxisti-leninisti all’interno delle lotte, riuscendo a collegare abilmente la necessità e la possibilità della rottura con il sistema vigente alle rivendicazioni immediate della classe.
Da Scintilla n. 144, aprile 2024
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