Strage di Bologna: la politica reazionaria e imperialista di ieri e di oggi

Corrispondenza da Bologna
Ieri 2 agosto, alla manifestazione di commemorazione svolta a Bologna per il 44° anniversario della strage, Paolo Bolognesi, il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime, ha affermato che “le radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”.
La premier Meloni, recitando come al solito la parte della vittimuccia, ha vergognosamente attaccato i parenti delle uniche vittime reali, quelle della strage.
Con ciò ha dimostrato una volta di più che la politica e gli obiettivi del governo di estrema destra che presiede è la realizzazione di un regime autoritario che si ispira alla politica antioperaia, antipopolare, antidemocratica e guerrafondaia del fascismo.
Dal punto di vista giudiziario, la strage di Bologna del 2 agosto 1980, culmine della strategia del terrore nel nostro paese, con 85 morti e oltre 200 feriti, ha i suoi responsabili.
Le sentenze hanno accertato che a preparare, organizzare e finanziare la strage, una vera e propria operazione di guerra “non ortodossa”, fu la loggia massonica P2 di Licio Gelli con l’appoggio di alti ufficiali dei servizi e dirigenti di altri settori “deviati” degli apparati statali, che coprirono e depistarono.
Gli esecutori sono stati un gruppo di criminali neofascisti, tra cui Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, entrambi liberi pur essendo colpevoli di 96 omicidi.
Basta osservare il connubio P2-servizi-fascisti per comprendere quale apparato ha agito nella strage di Bologna.
Il “venerabile maestro” Licio Gelli era il capo di una sorta di “governo parallelo” che agiva sotto l’ombrello dell’imperialismo statunitense, la cui funzione era quella di condizionare e riorganizzare in senso reazionario i processi politici italiani attraverso la penetrazione, in posti di responsabilità, all’interno dei partiti borghesi, della magistratura, dell’esercito, dell’economia, dei media.
Il progetto piduista chiamato “Piano di rinascita democratica” è alla base di tutti i progetti di riscrittura reazionaria della Costituzione democratico-borghese del 1948, compresi quelli portati avanti dal governo Meloni, come il premierato e la separazione delle carriere dei magistrati.
Nel nostro paese gli alti ufficiali dei servizi sono stati nominati con il beneplacito delle strutture atlantiche e gestiti in funzione del mantenimento di equilibri e obiettivi funzionali agli USA, della provocazione, della disinformazione e dell’inquinamento delle indagini per non far emergere la verità.
Quanto ai fascisti non si tratta di semplici “manovali del terrore” e tanto meno di un gruppo di “giovani ingenui”, mossi da una idealità completamente sbagliata.
Niente di tutto ciò. Negli omicidi commessi, nelle bombe fatte esplodere, negli attentati realizzati, così come nella strage del 2 agosto 1980, hanno agito fascisti inseriti e protetti dagli apparati dello Stato, ex iscritti al MSI e membri di altre organizzazioni neofasciste che sono stati killer al soldo della P2 filoatlantica, agenti sotto copertura per compiere attentati, tentativi di golpe, stragi.
La figura di Paolo Bellini, l’ultimo fascista individuato come esecutore della strage di Bologna, è emblematica in tal senso: figlio di un ufficiale fascista della Folgore, ex iscritto al MSI, militare nelle forze corazzate e paracadutista, confluito poi in Avanguardia Nazionale, reo dell’assassinio del compagno Alceste Campanile, dedito alle rapine, latitante nel regime militare brasiliano e poi in stretto rapporto con la mafia a cui avrebbe dato consigli sugli attentati da compiere. Il figlio di Bellini ha rivelato che il padre, amico di Cossiga (all’epoca della strage presidente del Consiglio), faceva parte della Gladio, la Stay Behind italiana sotto controllo CIA.
Ciò ci consente di trarre alcune conclusioni sulla matrice della carneficina.
Nella strage di Bologna si sono attivati come mandanti, preparatori, esecutori e depistatori dei criminali appartenenti a un network della strategia della tensione e del terrore (creato in Italia durante il secondo conflitto mondiale), composto da piduisti, apparati dei servizi e delle forze armate, fascisti, politicanti borghesi e alti burocrati reazionari, alte gerarchie ecclesiastiche, massoni, mafiosi e membri di altre organizzazioni criminali.
La strage è stata effettuata da una struttura illegale la cui direzione e controllo erano nelle mani dell’imperialismo USA attraverso le sue articolazioni (la c.d. “piramide superiore”, mai individuata nei processi).
Tutte le stragi fasciste, di Stato e atlantiche avvenute nel nostro paese rispondevano a una precisa strategia: destabilizzare per stabilizzare il quadro politico in modo favorevole agli interessi statunitensi e a quelli dei settori più reazionari della borghesia italiana, diffondere paura e fra la popolazione per bloccare sviluppi a favore della classe operaia e delle masse popolari, spostare a destra l’asse politico e applicare misure di carattere autoritario e securitario.
La strage di Bologna è stato il crimine più efferato commesso da quest’apparato di terrore e di guerra, il “doppio livello” che all’interno della sua strategia perseguiva obiettivi specifici, legati al contesto dell’epoca.
Senza dubbio con la strage di Bologna si volevano creare creavano condizioni favorevoli alla trasformazione reazionaria dello Stato borghese, in linea con il piano della P2. Uno Stato autoritario e poliziesco, per spianare la strada ai padroni (pochi mesi dopo la strage ci fu la sconfitta operaia alla Fiat), limitare libertà democratico-borghesi, mantenere e rafforzare al potere i gruppi oligarchici che erano i beneficiari del piano eversivo della P2, che ancora oggi ispira i politicanti borghesi.
Ma una lettura limitata alla politica interna non è sufficiente per capire come dietro la strage vi fosse una convergenza di interessi e obiettivi più complessa e vasta.
Lo afferma in qualche modo la stessa sentenza emessa sulla strage di Bologna quando afferma che le cause vanno comprese “allargando il campo di osservazione”, guardando “la situazione politico-internazionale del paese” e le relazioni fra il terrorismo fascista “ e le centrali operative della strategia della tensione”.
Quale era nel 1980 la situazione politico-internazionale? La superpotenza nordamericana era impegnata in un’offensiva strategica per vincere la guerra fredda e imporre la sua incontrastata egemonia mondiale. Si diffondeva nel mondo il neoliberismo, veniva eletto il papa anticomunista Wojtyla per disgregare il blocco dell’est.
L’instabilità internazionale e l’escalation militare vedevano un ulteriore aggravamento con lo schieramento – anche in Italia, paese cruciale nella guerra fredda – degli euromissili americani puntati contro l’Unione Sovietica che, avviata da tempo sulla strada del revisionismo, si impantanava nella guerra afgana e andava verso la disgregazione.
L’impegno italiano sugli euromissili era incerto e il consenso politico fragile, nonostante la disponibilità espressa dal governo Cossiga nel Consiglio atlantico del dicembre 1979. Washington temeva che di rinvio in rinvio gli euromissili sarebbero divenuti merce di scambio nei negoziati interni al circo politico italiano per la formazione di un nuovo governo, a cui avrebbe potuto partecipare in qualche forma il PCI revisionista.
Si era inoltre in un momento in cui la diplomazia italiana ed europea, per perseguire i propri interessi durante la seconda crisi petrolifera, invitava al dialogo euro-arabo e si mostrava ipocritamente favorevole alla causa palestinese.
Nella dichiarazione di Venezia del Consiglio europeo del 13 giugno 1980, nella quale si cercavano di tenere insieme differenti e concorrenti interessi di diverse frazioni della borghesia imperialista, per la prima volta si riconobbe il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi.
Tali scelte politiche non erano tollerate né dagli USA, che attaccarono apertamente la dichiarazione, né da Israele, che reagì proclamando Gerusalemme capitale “eterna e indivisibile” dello Stato sionista.
Va inoltre ricordato che il 27 giugno 1980 avvenne la strage di Ustica. Un DC9 dell’Itavia in volo da Bologna a Palermo fu abbattuto lungo un’aerovia dove vi era un intenso traffico militare: navi e caccia della NATO e di altri paesi alleati (Francia) impegnati in un’operazione militare contro un “paese ostile”: la Libia di Gheddafi. Ben 81 i morti, “danno collaterale” di un’azione di guerra non dichiarata nel Mediterraneo, regione dove si scaricavano le tensioni internazionali. Una strage nascosta dallo Stato per decenni dietro un cinico muro di gomma.
E’ in questo scenario internazionale che si colloca la strage di Bologna, che va letta come un terribile monito e un feroce condizionamento volti a stroncare qualsiasi politica contrastante con gli interessi atlantici e ribadire il principale “vincolo esterno” e la “sovranità limitata” del nostro paese.
La piena e completa verità e giustizia su Bologna, come su Ustica e le altre stragi, non potranno arrivare dalla magistratura o da altre istituzioni borghesi. Ciò metterebbe in discussione gli assetti di potere vigenti e la collocazione internazionale dell’Italia, potenza imperialista “sorvegliata speciale” dagli USA e integrata in posizione subalterna nella NATO.
Mentre si deve continuare a lottare per denunciare e smascherare le trame reazionarie e stragiste, squarciare il muro di protezioni, reticenze e omertà politiche che hanno coperto mandanti ed esecutori delle stragi che hanno insanguinato il nostro paese, oggi è della massima importanza sviluppare la mobilitazione di massa contro il processo di fascistizzazione che investe tutti gli apparati dello stato borghese e la politica di guerra imperialista, prosecuzioni del vecchio piano piduista.
Questo processo si caratterizza nel tentativo di costruzione di un regime autoritario, antioperaio e bellicista, che avanza con leggi e disegni di legge, misure e prassi politiche che spaziano dal premierato autocratico alla autonomia regionale differenziata, dal DDL 1660 alle forniture di armi al regime ucraino, dall’attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori alla politica xenofoba e razzista contro gli immigrati.
Ciò corrisponde agli interessi del grande capitale che pone alla sua dipendenza tutte le istituzioni della borghesia, in primo luogo i governi, per imporre una politica a suo esclusivo servizio tanto all’interno quanto all’estero.
Fondamentale, per sbarrare la strada alla reazione e alla fascistizzazione, è l’unità di azione della classe operaia nella difesa intransigente di propri interessi economici e politici, delle libertà conquistate con il sangue dai Partigiani e con lotte durissime nei decenni successivi alla liberazione dal nazifascismo, così come nella difesa della pace contro le minacce di guerra imperialista che incombono, per l’uscita dalla NATO e la cacciata delle basi USA.
Su questa base vanno stabilite convergenze dirette principalmente contro la borghesia imperialista, contro i monopoli, senza mai sospendere la lotta alla burocrazia sindacale collaborazionista, ai riformisti e agli opportunisti che dividono immobilizzano e lotte proletarie, nascondendo il carattere di classe della fascistizzazione e del fascismo.
Spetta ai comunisti organizzati – sempre più e sempre meglio! – porsi alla testa di questa battaglia spiegando cosa bisogna fare per difendersi dallo sfruttamento e dalla reazione, per opporsi alle guerre scatenate dalla borghesia, legando queste lotte alla lotta generale per l’abolizione del sistema capitalista-imperialista!
Lettera firmata
Categorie
- AMBIENTE (29)
- ANTIFASCISMO (36)
- ATTUALITA' (313)
- CIPOML (99)
- DONNE IN LOTTA (31)
- ECONOMIA (39)
- ELEZIONI (9)
- FONDAZIONE PCdI (17)
- GIOVENTU’ M-L (28)
- INTERNAZIONALE (227)
- LOTTA ALLA GUERRA (98)
- LOTTA PER IL PARTITO (50)
- MEMORIA STORICA (102)
- MOVIMENTO OPERAIO (157)
- PANDEMIA (10)
- POLITICA (146)
- PRIMO MAGGIO (7)
- QUESTIONI TEORICHE (56)
- RIVOLUZIONE D'OTTOBRE (23)
- SALUTE E SICUREZZA (38)
- SCIENZA E FILOSOFIA (5)
- SCINTILLA (31)
- SOCIETA' (38)
- TESTI M-L DIGITALIZZATI (18)