Sul debito bicentenario di Haiti, la Francia colonialista prende ancora tempo

Corrispondenza
Giovedì 17 aprile doveva essere la giornata in cui il presidente francese, Emmanuel Macron, avrebbe dovuto riconoscere la “forza ingiusta della storia che ha colpito Haiti sin dalla sua nascita come Stato“, come aveva dichiarato il giorno prima. Molti s’aspettavano, ingenuamente, che il Governo francese avrebbe finalmente assunto la responsabilità morale e finanziaria della spoliazione e dell’impoverimento d’un intero popolo, sottomesso per lungo tempo alla colonizzazione prima e ad un debito imposto con la forza.
Macron, invece, ha dichiarato il 17 aprile, giorno del bicentenario dell’indipendenza di Haiti dall’occupante francese, in gran pompa all’Eliseo:
“In questo giorno simbolico, intendo istituire una commissione mista franco-haitiana per esaminare il nostro passato comune e per far luce su tutte le sue dimensioni. Una volta compiuto questo lavoro necessario ed essenziale, questa commissione proporrà raccomandazioni ai due governi al fine di trarne insegnamenti e costruire un futuro più pacifico”. La montagna ha partorito il topolino, insomma.
Come se ci fosse ancora qualcosa da chiarire, lo Stato francese prende tempo e rinvia ai tempi lunghi di una commissione d’inchiesta (formata da personalità dei due Paesi) ogni decisione in merito alla ruberia secolare a cui il popolo haitiano è stato sottoposto e che, a giudizio degli abitanti dell’isola caraibica e perfino dell’ONU, ha compromesso ogni sviluppo economico e sociale per gli ex colonizzati.
Per circa due secoli – tra il 1600 e tutto il 1700 – in cui Haiti fu colonizzata dall’Impero francese, lo sfruttamento delle risorse del territorio, i massacri degli autoctoni, l’arrivo di schiavi provenienti dall’Africa (soprattutto da Dahomey, Guinea, Nigeria e Congo), la trasformazione della parte francese dell’isola in una immensa piantagione per la produzione di zucchero e cacao, hanno costituito la base storica su cui si sono inserite le rivolte dei mulatti e poi degli stessi schiavi contro gli occupanti, i trafficanti ed i negrieri.
All’inizio dell’800 la rivolta armata ha costretto la potenza coloniale ad una vera e propria guerra.
Nel 1804 è stata dichiarata l’indipendenza dalla Francia e, dopo una sanguinosa resistenza contro le truppe e le navi francesi, nel 1825, la colonizzazione è ufficialmente terminata. Ma il reazionario re Carlo X, accordando l’indipendenza, la sottomise ad una ricattatoria imposizione d’un debito di 150 milioni di franchi d’oro (valutabili in oltre 20 miliardi di dollari di oggi) come indennità per i vecchi proprietari terrieri e schiavisti francesi, sotto la minaccia delle cannoniere reali schierate davanti alle coste haitiane.
Non avendo altra scelta, la popolazione locale accettò il debito che venne pagato grazie al prestito acceso con una banca privata francese! In tal modo e fino al 1952 (anno di estinzione del colossale ed ingiusto debito), ogni sviluppo, ogni occasione di migliorare il livello sociale ed economico del popolo haitiano venne bloccato sul nascere.
Il peso del “doppio debito” verso la Francia e la banca andava ad ingrassare ancora una volta l’ex colonizzatore e ad impoverire la popolazione, arrivata in tempi recenti ad avere 12 milioni di abitanti, di cui una gran parte è sotto la soglia di povertà.
Il caso di Haiti rappresenta un’eccezionalità nel panorama internazionale e nella storia della decolonizzazione. Quel che ha fatto la Francia all’atto della “concessione” dell’indipendenza a Portau-Prince e sotto la minaccia del bombardamento dal mare sulla città haitiana, rivela un comportamento particolarmente discriminatorio ed unico nel rapporto tra la potenza coloniale ed i territori colonizzati. “Lo scandaloso risarcimento dei coloni nel 1848“, secondo una ricostruzione di France Info, ha introdotto il principio del risarcimento per i proprietari di schiavi, modellato su quello del risarcimento richiesto alla Repubblica di Haiti nel 1825.
La “compensazione” delle perdite dei piantatori cacciati dal Paese che non cessavano mai di piangere il loro splendore perduto, infatti, ha dato luogo alla legge approvata il 30 aprile 1849 dall’Assemblea nazionale, che, sulla stessa base di calcolo, ha fissato l’indennizzo dei coloni.
Avendo costoro perduto quasi 250.000 operai, ricevettero 123.784.426 franchi. Questo è l’equivalente di quasi 5 miliardi di euro di oggi.
È in Guadalupa che c’è il maggior numero di schiavi liberati, 87.087. Seguono la Martinica (74.447), la Réunion (60.651), la Guyana francese (12.525), Saint-Louis du Sénégal (9.800) e il Madagascar (3.300). I dibattiti hanno anche permesso di stabilire una vera e propria tariffa per gli ex schiavi da devolvere agli ex padroni. Sono quelli di Réunion che valgono di più: 711 franchi.
Seguono quelli della Guyana (624 franchi), della Guadalupa (469 franchi), della Martinica (425 franchi), del Senegal (225 franchi) e del Madagascar (69 franchi).
Nel caso di Haiti, saranno invece gli ex schiavi, con tutta la popolazione haitiana, a dover pagare il proprio affrancamento, fino al 1952. La cosa più incredibile è che, allorquando Martinica, Guadalupa o Réunion sono divenute dipartimenti francesi, Parigi ha subito indennizzato i coloni, gli ex proprietari di schiavi ed i loro aventi diritto, piuttosto che le vittime della schiavitù e dei loro discendenti.
I numeri sono impressionanti, non solo quelli storici ma anche quelli attuali. Secondo la stessa ONU, le “gang” controllano l’85% della capitale Port-au-Prince, la massa di abitanti che cerca riparo altrove sfuggendo alle razzie ed alla morte è altissima, la miseria è dilagante. Chi cerca riparo nell’attigua Repubblica Dominicana (con cui è condivisa l’isola caraibica di Hispaniola) trova respingimenti e muri invalicabili.
L’instabilità politica, la corruzione, il traffico di droga, condizionano qualsiasi sviluppo delle masse lavoratrici. Su questa situazione, il neocolonialista Macron, vero portaborse delle multinazionali e delle finanziarie d’Oltralpe, si permette di dichiarare che il debito accumulato nei secoli e pagato profumatamente dal popolo haitiano è sì pesante, ma ne attribuisce la responsabilità alla “forza ingiusta della storia“. E’ infatti la “storia” che decide se si è sfruttati o sfruttatori!
Tre sindaci (di Bordeaux, La Rochelle e Nantes, tre porti atlantici che hanno visto traffici coloniali e schiavistici per alcuni secoli) hanno indirizzato a Macron una richiesta di riconoscimento del debito, non solo morale, nei confronti degli haitiani. Nessuna risposta dall’Eliseo.
Ma ancora Macron, nella dichiarazione del 17 aprile: “Perché, al di là del passato, è il futuro che ci unisce. La Francia è al fianco di Haiti di fronte alle numerose sfide del tempo presente. Continuerà ad esserlo, sostenendo iniziative a favore della sicurezza – priorità assoluta in questo momento – del ripristino della giustizia e della democrazia, dell’istruzione e della salute, ma anche del patrimonio e della cultura“.
Col che si dimostra, ancora una volta, che l’attitudine coloniale, paternalistica, “protettiva”, della Francia nei confronti dei suoi ex possedimenti è il vero freno ad un possibile sviluppo economico e politico di Haiti favorevole alla sua popolazione, alle sue masse lavoratrici.
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