Sviluppi di guerra e lotta per la pace

L’offensiva russa in preparazione

La guerra in Ucraina sta entrando in una fase cruciale. Da settimane la Russia  destruttura le linee difensive e le infrastrutture elettriche ucraine in vista di un’offensiva su larga scala, che potrebbe essere scatenata con l’arrivo della bella stagione.

Questa offensiva potrebbe essere devastante per il regime di Kiev, che è in difficoltà dopo la caduta della fortezza di Avdiika e della città di Mirnoye nella regione di Zaporizhzhia, sottoposto alla pressione russa sull’intera linea del fronte, che si proietta fino a Kharkiv e Sumy.

Kiev ha un ombrello missilistico in seria sofferenza, patisce la mancanza di rifornimenti, ha poche scorte di armi e munizioni, linee fortificate inadeguate.

A ciò si deve aggiungere il basso morale delle truppe, che hanno sofferto forti perdite e vedono limitate rotazioni al fronte. Ciò ha causato proteste delle mogli e dei familiari che chiedono il dimezzamento della durata del servizio militare.

La mobilitazione per portare più truppe al fronte, fino all’obiettivo dei 500 mila soldati  abbassando l’età di reclutamento da 27 a 25 anni (i sequestri dei cittadini sono insufficienti), ha suscitato indignazione. Il relativo disegno di legge è impantanato da mesi nel parlamento ucraino, sui cui pesano come un macigno le decine di migliaia di morti, le centinaia di migliaia di invalidi, gli otto milioni di profughi.

Intanto l’imperialismo russo, con un potere politico ancora più concentrato nelle mani di Putin, aumenta le spese militari per oltre 128 miliardi di euro, pari al 7,1% del Pil, il 30% in più rispetto al 2023. Una spesa resa sostenibile dagli alti prezzi del gas e del petrolio, il cui export rappresenta per Mosca la maggiore fonte di finanziamento della guerrra.

La situazione si fa dunque critica per il pagliaccio di Kiev, che vede un netto calo di consenso interno e internazionale ed è politicamente sempre più isolato.

Gli aiuti USA non sono più sicuri (il Congresso li ha sospesi), diversi leader europei dimostrano minore entusiasmo nella volontà di supportare l’ex comico. L’epoca delle “pacche sulle spalle” è tramontata.

Non è però ancora finito il mantra della riconquista delle zone occupate dai russi, a cui non crede ormai più nessuno.

La verità è che al terzo anno di guerra l’Ucraina, in quanto vassallo del blocco occidentale, è profondamente logorata e il governo di Zelensky si trova sull’orlo del collasso.

Il possibile sfondamento del fronte da parte dei russi nella prossima estate segnerebbe un punto di svolta decisivo per le sorti della guerra e per il destino di questo paese che sarebbe costretto a una resa assai peggiore della “soluzione coreana”.

Conseguenze di una prevedibile sconfitta dell’Ucraina

La sconfitta, totale o parziale, dell’Ucraina sarebbe anzitutto la sconfitta dell’imperialismo USA. La capacità egemonica, di deterrenza, la legittimità e la credibilità dello stesso potere militare USA  ne uscirebbero profondamente scosse.

L’Ucraina sarebbe persa come zona di influenza nordamericana e si determinerebbe uno scenario strategico favorevole ai rivali dei briganti nordamericani, Cina e Russia in primis, che espanderebbero la loro influenza politica e le capacità militari.

In secondo luogo, si trasformerebbe in una sconfitta della NATO e dei suoi piani di espansione a est. Gli stessi rapporti fra “alleati” ne uscirebbero trasformati e il loro collante interno sarebbe stressato da potenti forze centrifughe, che possono prendere la forma di “accordi di sicurezza” bilaterali con la Russia e la Cina.

In terzo luogo, rappresenterebbe una pesante sconfitta per l’UE, che ha partecipato alla guerra con (finora) 13 pacchetti di sanzioni contro la Russia e un incremento senza precedenti della produzione bellica che aumenterà ancora nei prossimi anni (“come i vaccini”, ha dichiarato Von der Leyen con un cinismo inaudito).

In quarto luogo, si tradurrebbe in una sonora sconfitta degli Stati dei governi che si sono posti a fianco di Zelensky, inviando fondi, armi, truppe, etc., come l’Italia imperialista governata da Meloni. I rappresentanti politici del grande capitale sarebbero chiamati a rendere conto delle inutili sofferenze imposte alla classe operaia e ai popoli per sostenere la guerra imperialista.

Per ultimo, ma non certo per la portata delle conseguenze, si tradurrebbe per l’Ucraina in un drammatico evento che comporrebbe non solo la sua demilitarizzazione, ma porrebbe a rischio anche la sua esistenza statuale.

Come reagisce il blocco USA/NATO di fronte a queste prospettive?

La parola d’ordine dei settori più imperialisti, reazionari e guerrafondai dell’occidente imperialista, che trovano nel Pentagono il loro battistrada, è: “l’avanzata militare della Russia in Ucraina deve essere fermata con ogni mezzo, senza tener conto delle conseguenze”.

Ciò si traduce in una forte spinta ad aumentare gli aiuti militari occidentali, soprattutto europei, all’Ucraina per cercare di fermare o ritardare il più possibile l’offensiva russa. L’invio di truppe sul terreno rientra in questa logica.

Nel recente  incontro fra Macron, Tusk e Scholz si sono raggiunti accordi per la fornitura di mezzi di attacco a Kiev capaci di colpire in profondità il territorio russo (compresi i missili Taurus che hanno gettata di oltre 500 km), così come per incrementare la produzione di armi e le forniture militari all’Ucraina. Ciò inevitabilmente porterà a una estensione della guerra in durata e in profondità.

Allo stesso tempo, l’imperialismo USA e la NATO puntano ad allargare il fronte di guerra a Nord e a Sud Est.

A Nord, la “Risposta Nordica”, componente della più grande esercitazione NATO (Steadfast Defender) dai tempi della Guerra Fredda, viene definita “esercitazione di difesa”, ma è a tutti gli effetti una “esercitazione di guerra”, come chiaramente indicato nella descrizione dell’esercitazione e nei piani da realizzare.

Per la prima volta, la NATO è concorde sul fatto che la Russia è “il nemico”. L’esercitazione riguarda infatti il modo in cui la NATO “risponderà a un attacco russo”.

La “Risposta nordica” fa parte del consolidamento della NATO nella regione e va vista nel contesto di una massiccia militarizzazione. Più armi, più fondi, più basi americane nei paesi nordici (12 nella sola Norvegia), più attività militari ed esercitazioni NATO.

Con la Finlandia e la Svezia “dentro l’ovile”, la NATO si sta rafforzando nella regione, costruendo una prima linea militare artica come aspetto dell’accerchiamento strategico della Russia.

Questo accade mentre la Russia sta coordinando nella stessa area le proprie capacità belliche con sottomarini, navi di superficie e aerei, e mentre Cina, Russia e Iran hanno avviato esercitazioni navali nel Golfo di Oman.

A Sud Est, osserviamo il rafforzamento del dispositivo NATO in Romania, dove è in in costruzione, nei pressi di Costanza, vicino al Mar Nero, la più grande base NATO in Europa (3 mila ettari, 20% più grande della base aerea di Ramstein in Germania).

Una base destinata a ospitare 10 mila soldati con le loro famiglie, piste aeree e a diventare un centro di comando e controllo  per le forze alleate nell’Europa sudorientale. Si tratta di un hub chiave per le operazioni della NATO in una regione che ha visto negli ultimi due anni il potenziamento della presenza militare italiana.

La base di Costanza è un gigantesco avamposto militare USA/NATO a ridosso delle prime linee russe, una vera e propria testa di ponte nella regione di guerra del Mar Nero. Serve per prepararsi allo scontro con la Russia, che da parte sua sta incrementando l’attività militare nella vicina Transnistria.

Altro aspetto, da non sottovalutare, è l’utilizzo della guerra non ortodossa, come il massacro del Crocus di Mosca, preannunciato dalle ambasciate USA e GB, con i terroristi arruolati dall’Isis catturati mentre erano in fuga verso l’Ucraina.

Un’operazione destabilizzatrice, parte integrante della strategia di escalation le cui le vittime sono i popoli, che procede lungo un arco di fuoco che dall’Ucraina va al Medio Oriente, passando per il Caucaso e l’area del Caspio.

Infine, va evidenziato il crescente riarmo e rafforzamento degli eserciti delle potenze imperialiste e capitaliste europee. Alti esponenti dell’UE, come Borrell e Michel, e capi militari dicono apertamente che l’UE deve prepararsi alla guerra contro la Russia entro i prossimi 4-5 anni. Non sono solo parole, già si preparano piani di emergenza in caso di guerra su vasta scala in Europa, mentre gli USA concentrano le forze aeronavali nell’Indo Pacifico per “contenere” militarmente la Cina.

Il processo bellicista non si limita al potenziamento delle armi convenzionali e all’introduzione della riserva militare e della coscrizione obbligatoria in diversi paesi. Per reclutare carne da cannone avanzano progetti di militarizzazione degli studenti e dei lavoratori immigrati.

La tendenza della borghesia dei paesi imperialisti è quella di possedere proprie armi nucleari, come vuole fare la Germania.

Dato il vasto dispiegamento di queste armi, il loro utilizzo sarebbe solo questione di tempo, con conseguenze difficilmente immaginabili.

A ciò si accompagna l’implementazione di politiche securitarie per tenere sotto controllo le retrovie dei paesi europei. Queste politiche determinano la limitazione dei diritti e delle libertà della classe operaia, e comportano che le critiche alla politica estera e alle avventure militari dei governi potranno essere etichettate come un’espressione dell’influenza delle campagne di intelligence e di disinformazione straniere.

Dare impulso al movimento di lotta per la pace, su giuste posizioni

Siamo di fronte a uno scenario estremamente pericoloso che prelude all’estensione e all’inasprimento della guerra in Ucraina e allo scatenamento di nuove guerre imperialiste.

La tensione tra le grandi potenze imperialista è in aumento. Lo slogan senza fondamento secondo cui la Russia perderà la guerra in Ucraina, sta portando l’Europa sull’orlo di una guerra su vasta scala.

L’ulteriore invio di armi e truppe da parte dei governi occidentali non fa che prolungare l’agonia e le distruzioni causate della guerra imperialista, con enormi costi che ricadono sulle spalle della classe operaie e dei popoli, in primo luogo dell’Ucraina e della Russia. E porterebbe a un passo dal possibile scontro diretto con la Russia, all’interno del quale le borghesie rivali non escludono l’utilizzo di armi nucleari.

La classe operaia ed i lavoratori sfruttati stanno pagando a cari prezzo la politica di guerra, con taglio dei salari, dei servizi e delle prestazioni sociali, con ondate di licenziamenti, aumento della precarietà e della povertà.

Con lo sviluppo del corso guerrafondaio e i rischi concreti di essere trascinati in un conflitto armato su larga scala il costo economico, politico, sociale e umano diverrà drammatico.

Ma non è ancora troppo tardi per impedire agli imperialisti di scatenare una nuova guerra mondiale, così come è possibile impedire alla borghesia italiana di trascinarci fino in fondo nella guerra in corso.

Nella situazione attuale è assolutamente necessario dare impulso alla mobilitazione contro la guerra, a partire dai luoghi di lavoro e dai territori, su basi di classe e antimperialiste.

La lotta per la pace va necessariamente e sistematicamente legata alle lotte quotidiane ed essere inserita nel quadro della più generale battaglia contro il sistema che inevitabilmente genera la guerra per una nuova spartizione del mondo, quello capitalista-imperialista.

Le richieste ampiamente sentite del “cessate il fuoco” e dell’avvio di negoziati di pace (finora sabotati dagli Usa, e che nelle condizioni attuali non potranno che tradursi in accordi temporanei, antidemocratici e ingiusti, ma preferibili per la classe operaia al massacro attuale e al pericolo di escalation) devono essere riproposte con maggiore forza e accompagnate da precise parole d’ordine: “Stop immediato di invio di fondi, armi e munizioni al regime di Kiev”, “NO all’aumento delle spese militari e per l’aumento di quelle sociali”, “Fuori l’Italia dalla NATO e dalla UE, via le basi USA!”.

Al centro di questa attività deve collocarsi la denuncia e la lotta al nostro nemico numero uno, l’imperialismo italiano e il suo governo guerrafondaio e reazionario che va spazzato  via il prima possibile con la mobilitazione di massa operaia e popolare.

Da Scintilla n. 144, aprile 2024

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